15 novembre 2017

I RICORSI CONTRO L’ACCORDO DI PROGRAMMA

Troppi assenti al tavolo delle decisioni


È una chiara evidenza la relazione tra i 133 comuni della Città Metropolitana di Milano e la città capoluogo. Sono circa 800.000 i veicoli che entrano ogni giorno in città e altrettanti i pendolari che usano il trasporto pubblico. La rilevazione georeferenziata della loro provenienza definisce il perimetro dell’area metropolitana milanese che dovrebbe avere una amministrazione corrispondente. Al momento così non è, e il fatto che il sindaco metropolitano sia di default quello eletto dai cittadini milanesi e che il Consiglio Metropolitano non sia eletto direttamente formalizza la Città Metropolitana come periferia di Milano.

08cortiana38FBUna periferia che si vorrebbe dormitorio a buon mercato, pattumiera della città o sedime per vasche di laminazione per le esondazioni del Seveso che allagano Niguarda. Ciò in aperta contraddizione con la natura della competizione tra i nodi del mercato globale che avviene tra sistemi territoriali qualitativi: qualità dei servizi, delle infrastrutture digitali e non, ambientale, culturale, formativa, del lavoro e dei diritti. Una rete di municipi capace di esercitare una politica pubblica coerente.

Eppure questa rete contribuisce, con il capoluogo, alla produzione di oltre il 13% del PIL italiano.  Bene, la Città Metropolitana e i suoi 133 comuni, più il capoluogo, sono stati coinvolti dalla amministrazione di Milano come rete sistemica territoriale, oltre alla prescrizione della legge Delrio con l’approvazione del Piano Strategico, per altro commissionato esternamente?

La domanda è retorica chiaramente, ma provate a combinarla con gli interventi più importanti che interesseranno Milano, oltre alla auspicata ospitalità della Agenzia Europea del Farmaco, e capirete che non si tratta solo di autoreferenzialità Milanocentrica, bensì di una questione costitutiva della democrazia nella quale viviamo.

Anche non considerando la tipologia di funzioni che interesseranno l’area del dopo Expo e quella di Città Studi, è sufficiente prendere in considerazione i 1.250.000 metri quadrati degli ex scali FS, la loro collocazione e il loro collegamento radiali, la connessione con tutti i vettori del trasporto pubblico, per capire che ciò cui saranno destinate e le funzioni che ospiteranno interessano immediatamente i 133 municipi metropolitani e ben oltre.

Perché non sono stati coinvolti in alcun modo? Che relazione ha il Piano Strategico da essi ratificato con la dimensione della pianificazione territoriale che si paventa? È una magra consolazione per loro constatare di essere in buona compagnia dato che il Consiglio Comunale di Milano ha ratificato, in proposito, un Accordo di Programma sugli ex scali FS che esautora ogni assemblea elettiva dal proprio compito e dalle proprie prerogative di pianificazione: un accordo firmato dal Sindaco Sala e dal Presidente della Regione Lombardia Maroni con due soggetti privati come la Spa FS e il Fondo Olimpia, per altro senza alcuna Evidenza Pubblica.

È dunque una pianificazione urbana non dettata dagli interessi generali di queste e delle future generazioni, perciò capace di riservare alla città e alla rete metropolitana possibili sviluppi e adattamenti, bensì legata alle logiche dei mercati finanziari dei fondi di investimento internazionali. Quindi non solo una distorsione finanziaria della economia ma anche la costituzione di uno scenario territoriale apertamente in relazione con valori nominali assolutamente virtuali e per questo disposto alle bolle speculative piuttosto che alla produzione di valore imprenditoriale, cognitivo, sociale e abitativo.

A mio giudizio, quindi, non si tratta solo di miopia autoreferenziale verso il contado quanto di un esautoramento degli istituti di rappresentanza e di prossimità della politica pubblica ad opera delle società partecipate e del loro management: funzione complice di una finanza internazionale che ci riduce al franchising e al ruolo di sub appaltatori, sia immobiliari che di rappresentanza elettiva.

I ricorsi presentati contro L’accordo di Programma sono dunque anche l’espressione della volontà di ripristinare la supremazia degli interessi generali e offrire agli altri 133 comuni della Città Metropolitana un ruolo da protagonisti o comunque da comprimari. É in gioco il loro sviluppo non solo quello di Milano.

Fiorello Cortiana



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