26 luglio 2017

OMBRE E LUCI AL GIAMBELLINO

Il diritto a una casa dignitosa e sicura che tempi ha?


33 gradi di una delle serate più calde di luglio, sciopero dei mezzi pubblici, sala parrocchiale caldissima, ma erano 111 – contati con precisione – gli abitanti del quartiere venuti per avere quelle risposte, per avere date certe per le cesate trasparenti e i lampioni tanto attesi sui lunghi, bui e pericolosi corridoi diventati passaggio obbligato per il Giambellino a causa della cantierizzazione M4.

05ponzini28FBE hanno ascoltato dagli assessori quelle risposte perché in via Segneri il quotidiano cambia per un po’ di sicurezza in più, ma aspettano ancora risposte ben più importanti che né in quella serata né con gli interventi programmati di riqualificazione arriveranno a breve. Ben più importanti perché parlano di diritto alla casa, a una casa dignitosa e sicura, che gli abitanti delle case Aler del Lorenteggio ancora non hanno.

Perché l’assessore ai trasporti Granelli e il presidente di M4 Terragni nel corso dell’incontro hanno promesso l’illuminazione e le cesate trasparenti, ma le signore anziane di via Segneri, arrivate fin lì quella sera, raccontano di una vita da recluse, da recluse nei propri pochi metri quadri di casa popolare, che se lasciati per fare un salto al mercato rischiano d’essere occupati o svaligiati. Raccontano di un furto avvenuto pochi giorni prima nell’appartamento di una donna disabile, di cortili fatiscenti in cui eternit, rifiuti di ogni tipo, cantine allagate, fanno parte del loro quotidiano.

Poi è il turno di un gruppo di donne, mamme che denunciano che i propri figli, ragazzini, vedono lo spaccio in quei cortili ogni giorno, lo vedono, temono che lo imparino, loro non possono certo essere presenti, lavorano tutto il giorno. Dicono che la situazione negli ultimi anni è precipitata, perché la totale mancanza di manutenzione degli stabili da parte di Aler, l’abbandono in cui lascia più di 800 appartamenti sfitti, seppur riscaldati, hanno portato abusivismo nelle occupazioni, racket e violenza per il possesso di quelle case, i cui piani bassi sono ormai tutti bloccati da porte di ferro per evitare incursioni illegali notturne.

E le occupazioni abusive hanno reso quei cortili un luogo di passaggio, uno spazio transitorio, nel quale questo tipo di abitanti non investono, non si identificano, del quale non hanno cura, perché sanno che vi staranno per poco, fino a quando troveranno un lavoro e un alloggio più dignitoso. Di conseguenza anche le scuole della zona si trovano in ogni momento dell’anno a dover inserire bambini nuovi nelle classi, bambini che presto però ripartiranno, senza alcuna possibilità di investimento educativo o arricchimento reciproco tra scuola e famiglie. E infatti i racconti dei genitori di una scuola del quartiere parlano di una preside impegnata di continuo a ricomporre le classi e che si batte ogni giorno contro l’abbandono scolastico di questi bimbi di passaggio.

E proprio l’istituzione scolastica, che potrebbe essere stimolo per coesione e relazioni sociali tra famiglie, si è trovata a non riuscire a gestire le difficoltà di integrazione tra etnie e culture differenti, tanto che una fusione temporanea, dovuta a lavori di ristrutturazione, tra l’istituto scolastico più ricco e della zona piccolo borghese del quartiere con quello più “povero e straniero”, ha portato a raggruppare i bambini in un unico edificio ma con aule e didattica separate, con porte di entrata e uscita differenti, con alunni divisi per etnia e condizione sociale.

La storia migliore del quartiere è stata scritta da partiti, associazioni, cooperative, parrocchie che ancora oggi si impegnano a migliorarne le condizioni, ma l’eccezionalità della situazione richiede impegni certi e progetti innovativi anche da parte della totalità delle istituzioni. Il quartiere Lorenteggio al Giambellino sarà l’esame più impegnativo nell’attuazione del Piano per le Periferie, vi si dovrà sperimentare una strategia che dia un senso unitario a tutti gli interventi di trasformazione.

È lì che si capirà se potranno funzionare le ipotesi innovative che vogliono intrecciare gli investimenti di riqualificazione edile e urbana con le azioni di sostegno sociale e di vera formazione per il reinserimento nel mondo del lavoro, un equilibrio tra la ricerca della qualità dello spazio pubblico, privato e la redistribuzione delle opportunità.

Ormai è tardi, dopo un dibattito anche acceso, non privo di accuse e recriminazioni, la sala parrocchiale deve chiudere, nella stanza a lato dorme don Tommaso, ma la serata è stata quasi commuovente. La scelta di Leperiferiealcentro, che ha organizzato l’incontro, di dare spazio al dibattito, alla voce dei cittadini, di cercare quasi volutamente la protesta, il conflitto, non lascia un senso di impotenza e rassegnazione, lo si coglie dai capannelli di vicini di casa che si formano sul marciapiede.

E fa tenerezza vedere, ormai quasi all’una di notte, l’assessore alla casa Rabaiotti che, lungo lungo, chinato su una signora pugliese che tanto aveva protestato, cerca di chiederle di avere ancora un po’ di pazienza, che tanti interventi si faranno ma che quelle case sono di Aler, che il Comune può fare fino a un certo punto, e che comunque i tempi di intervento non saranno brevi. La signora annuisce, lo vede sincero, è che dice di avere 79 anni e che le piacerebbe tanto riuscire a vedere un po’ di quelle promesse realizzarsi.

Finisce così una serata non preconfezionata, in cui gli assessori non avevano una parte da recitare, non c’è stato alcun timore nell’ascoltare gli interventi della gente, nessuna remora nel rispondere ai cittadini, che vogliono spazi per capire a chi dar credito, vogliono le istituzioni nelle loro strade, a toccar con mano le difficoltà dei loro cortili.

Chiara Ponzini



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