10 maggio 2017

CITTÀ STUDI: MA IL CRONISTA È SCESO IN CAMPO?

Le strategie siano in mano alla volontà della cittadinanza


Caro Direttore, da vari mesi leggo su un quotidiano nazionale, con frequenza crescente, articoli a piena pagina che riportano le magnifiche sorti e progressive del trapianto delle facoltà scientifiche e dei due istituti di ricerca Tumori e Neurologico, verso i lidi meravigliosi di ex Expo.

05galante17FBTutte le occasioni sono buone per riferire interviste e opinioni espresse dagli amministratori cittadini, da rettori, e da altri personaggi che hanno voce in capitolo (e responsabilità gestionale) in questa materia. In linea generale loro si esprimono come se questa “strana” operazione sia, non solo già decisa, ma in via di attuazione. Si legge che i primi ricercatori entreranno nella nuova “città della scienza” già alla fine del 2017.

Curiosamente il quotidiano che si distingue particolarmente in questa specifica attività di informazione, se non mi è scappata la lettura (nel qual caso mi scuso con i cronisti interessati), è stato molto parco di notizie sui problemi gestionali e finanziari, la conclusione delle pendenze amministrative della società liquidatrice di Expo e di quella proprietaria dei terreni. In pratica il cronista svolge una funziona di “facilitatore”.

La propaganda, come si sa, e la metodologia che usa l’insistenza ed il martellamento del cittadino per convincerlo della bontà di una certa notizia. Mentre meditavo su questo modo di dare l’informazione alla cittadinanza milanese e nazionale, ho letto su La Repubblica di domenica 30 aprile una pagina illuminante Expo senza fine.

Apprendo così che la famosa “piastra”, cioè una colata di cemento di un chilometro (“nutrire il pianeta” dice la Carta di Milano e uno si chiede, cementificando 100 ettari di “madre terra” per ospitare sei mesi di esposizione?), è costata ben 53 milioni di euro,rispetto ai 27 preventivati; otto padiglioni sono ancora da smontare; “115 milioni da versare ai creditori” sono ancora in sospeso; la società Arexpo, proprietaria dei terreni, “che deve ancora versare 47 milioni”.

Allora si conferma il dubbio già dichiarato da movimenti di cittadini, studenti, sindacati dei lavoratori di UniMi, singoli esperti: il punto di partenza dello strano trasloco da Città Studi a ex Expo è Expo; il trasferimento è il trucco per vendere i terreni delle Facoltà scientifiche della Statale e di altre fondazioni, sul mercato dell’edilizia residenziale e commerciale. Poi si aggiunge che le aste bandite da Arexpo per vendere i terreni (acquistati a prezzi troppo elevati) sono andate deserte.

Allora si inventa la nuova Città della Scienza con Human Tech & Co. (ma Città degli Studi era/è la città dell’ignoranza?). In conclusione, per opporsi al trasferimento ci sono tanti validi motivi, non ce ne sono a favore, tranne gli esercizi immobiliaristici, di cui sopra. Il punto fondamentale è: chi dovrebbe decidere una modifica urbanistica duratura e coinvolgente un intero quartiere della città?

Le scelte strategiche sull’assetto urbanistico non possono che essere demandate alla volontà prospettica della Cittadinanza (come fu fatto, ad esempio, per la pedonalizzazione del centro cittadino o per bloccare alcuni parcheggi sotterranei, ecc). Il principio deve valere anche quando si tratta di enti pubblici quali le università.

La Cittadinanza è definibile come una funzione complessa che rappresenta i molteplici soggetti che risiedono e operano con le loro attività e interazioni sociali, culturali, economiche. Questa funzione complessa si è sviluppata in Città degli Studi durante 90 anni, è giusto stravolgerla ora per far quadrare i conti di una operazione transeunte e sbagliata, cioè Expo?

Ennio Galante

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