5 novembre 2014

la posta dei lettori_05.11.2014


Scrive Walter Monici a proposito di piazza S. Ambrogio – Perfetto articolo di Renzo Riboldazzi sullo snaturamento di piazza S. Ambrogio. Ancora una volta si evidenzia come la carenza culturale dei progettisti italiani stia depauperando il paese delle sue bellezze. Di chi la colpa? Delle amministrazioni che si affidano ai propri uffici tecnici dove operano mestieranti inamovibili, delle leggi che comprendono la progettazione nell’appalto come fosse un calcolo strutturale, delle commissioni giudicanti dei concorsi che non giudicano o seguono interessi di partito o di cordata, infine degli italiani che di tutte queste cose non si interessano.

Scrive Luca Benassei a proposito di piazza S. Ambrogio – Il professore Riboldazzi fa un’attenta e accurata analisi architettonica e urbanistica di questa nuova piazza, dimenticandosi però di una cosa: di sera è illuminata a giorno!! Non ne vedo assolutamente l’utilità.

Scrive Giovanna Majno a proposito di piazza S. Ambrogio – Di piazza Sant’Ambrogio io ricordo soprattutto le tre file di auto posteggiate e gli autobus avanti e indietro. Le auto e gli autobus non ci sono più e nell’articolo non lo si dice, forse è troppo ovvio per dirlo. Certo, si poteva fare meglio, come sempre. Ma mi trovo più a mio agio ora, rispetto all’immenso e caotico parcheggio in superficie. Le auto le preferisco sotto. Vedo molti studenti o altre persone che si siedono sulle panchine, chiacchierando. Certo il lunghissimo periodo del cantiere è stato terribile.

Scrive Felice C. Besostri a proposito di Città Metropolitana – Vano auspicio. Per risparmiare hanno abolito i difensori civici, per lasciare le mani libere agli amministratori hanno abolito i comitati regionali di controllo invece di riformarli. Sempre per negare diritti costituzionali il contributo unificato minimo è di circa 700 euro e fra un po’ per le opere pubbliche strategiche, cioè per la cementificazione del territorio, non ci sarà più la sospensiva dei provvedimenti illegittimi. Per Senato, Città Metropolitane e Province non ci sarà più nemmeno la possibilità di punire con il voto chi ha fatto male, perché ci saranno elezioni di secondo grado, così si saprà chi vince la sera prima delle elezioni. Dove si voterà una minoranza assoluta travestita da maggioranza relativa potrà far tutto quel che vuole compreso cambiare la Costituzione. In questo contesto i 9 milioni sottratti alla Giunta sono un dettaglio trascurabile per chi è servito da una stampa al suo servizio. Quali giornali milanesi hanno dato una notizia che la Città Metropolitana è stata eletta con una legge di sospetta costituzionalità e che la ex Provincia lascerà un buco di bilancio che la paralizzerà per anni. Di cosa si discute invece, come servire un cibo (statuto) precotto al Consiglio metropolitano espropriando metà dei 24 consiglieri dell’unica competenza che hanno: discutere il testo dello Statuto della Città Metropolitana. Però come dicono gli inglesi ” Il diavolo si annida nei dettagli”. Si può sperare in Pisapia ma soltanto se vuole essere il futuro sindaco metropolitano eletto direttamente dai cittadini

Scrive Vito Antonio Ayroldi commentando l’articolo di Stefano Rolando – Si deve ancora finire di mettere una “pezza” (leggasi soldi pubblici) agli “inguacchi” di Expo che già il professor Rolando si esercita con inesausta “fantasia” degna di miglior causa alla: “regia di scrittura di obiettivi vocazionali e uso delle risorse secondo un approccio di compatibilità auto-generante“. Ai più semplici apparirà un mistero escatologico cosa ciò possa significare in lingua italiana mentre i più smagati ne scorgeranno i “promettenti” presagi. Eh già, perché le uniche vocazioni che la città Stato di Milano ha dimostrato di saper generare grazie a Expo confliggono con ciò che la Magistratura considera molto più prosaicamente come interesse pubblico. Nonostante l’azione di contrasto tuttavia, il fervore pare non scemare.Ora, anziché una riflessione seria su come questa città stia mutando realmente, di quali siano le leve di produzione di valore aggiunto residue di una città desertificata industrialmente perché fagocitata da un settore terziario dalla mission non di rado piuttosto opaca, ci si proietta allegramente, come se nulla fosse in un nuovo “lavoro di scrittura”. Come se ciò che Expo ha mostrato sino a oggi non meritasse una lunga e igienicamente necessaria pausa di riflessione. Continuiamo così che andiamo bene.

 Replica Stefano Rolando – Quando si usa il fioretto per deridere i linguaggi, si finisce a subirne i danni. Il lettore Vito Antonio Ayroldi – che comunque va ringraziato per la partecipazione – scrive che bisogna rintracciare “le leve di produzione di valore aggiunto residue di una città desertificata industrialmente perché fagocitata da un settore terziario dalla mission non di rado piuttosto opaca“… Vede che a ritagliare frasi decontestualizzate è sempre un po’ mistificatorio? A buoni conti è come se rimproverasse quello che chiama il “nostro fervore” riguardante l’ avviamento della città metropolitana perché non siamo capaci di far una pausa di riflessione sulla brutta cronaca che accompagna il cantiere di Expo. Come dire che se chiediamo una riforma della scuola dignitosa non dobbiamo farlo perché non facciamo abbastanza i conti con i costi della politica o con l’insufficienza della lotta alla mafia o con gli irrisolti dello stragismo in Italia. Una cosa è la vicenda Expo in cui chi ha cuore le sorti della città nutre al tempo stesso apprensione e speranza, vigilanza critica e se è possibile (cosa non scontata) la praticabilità di qualche contributo; un’altra cosa è che si avvia – per ineluttabile determinazione normativa – una complessa e difficile costituzione di realtà metropolitana. Il nesso è che il cambiamento della narrativa della città investe e riguarda entrambi i fatti. E per chi ha la segmentale ma non minuscola responsabilità di contribuire metodologicamente a questa “narrativa” la preoccupazione connessa alla lotta contro il tempo non pare affatto compatibile con quella “lunga e igienica” pausa di riflessione che il lettore propone. Serve piuttosto una robusta e civica “riflessione” messa in pratica. A questo spirito era ispirata la mia nota, che poneva – per la prima volta credo – qualche questione di metodo attorno alla scrittura del piano strategico per la città metropolitana che ha tempi obbligati fissati dalla legge Delrio.



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