24 aprile 2012

MILANO ETNICA


L’immigrazione è il cambiamento storico della città. Se a Milano ci sono un milione e trecentomila abitanti, gli stranieri sono circa duecentocinquantamila: poco meno di un quinto degli abitanti di Milano è straniera. Le fasce d’età prevalente sono tra i trenta e i cinquanta anni. È interessante notare come non ci sia ancora in città un fenomeno di “seconde generazioni” rilevante: il grosso dei giovani cittadini stranieri è ancora immigrato, cioè non nato in Italia. Dalle statistiche del comune si rileva un calo di cifre tra i dieci e i venti anni, i bambini stranieri sono in costante aumento. Nei prossimi dieci anni la questione delle seconde generazioni, centrale in Europa oggi, sarà centrale anche da noi. O meglio, lo è già ma non ancora in modo allarmante come in futuro. Le grandi comunità sono grossomodo sette: filippina, egiziana, cinese, peruviana, equadorena, cingalese e romena. Tutte sopra le 10.000 unità, tutte ben caratterizzate. Ci sono zone caratteristiche: Maciachini per i nord africani, Paolo Sarpi per i Cinesi e porta Venezia per la comunità eritrea ed etiope. Ma in generale manca una visione d’insieme e un piano di gestione del problema.

Già perché al di là delle retoriche l’immigrazione è un problema. Avere 250.000 individui che vivono in mezzo a un altro milione che si comporta in modo più o meno omogeneo e differente dal loro è un problema. Avere 100.000 islamici che malgrado il loro sacrosanto diritto di culto non hanno ancora ottenuto un luogo per praticarlo è un problema. Parliamo di una comunità per altro di cui una parte integralista che mal tollera i diritti civili e la libertà religiosa dell’occidente, altro problema. Avere qualche migliaio di cinesi irregolari, che non parlano italiano e che vivono in scantinati a cucire borsellini è un problema. La mafia cinese che li organizza e gestisce è anch’essa un problema. Lo scontro di bande avvenuto nell’area Isola prima della speculazione urbanistica sul bosco verticale tra senegalesi ed egiziani per il controllo dello spaccio è un altro problema. La questione del Triboniano e della popolazione nomade che si aggira per una città, perciò stanziale per definizione, è un ulteriore problema..

Manca una visione d’insieme che permetta di risolvere l’impasse. Il problema è nazionale certo. Europeo anzi. I due modelli storicamente sono il francese, eguaglianza uniformatrice nella cittadinanza e nella repubblica, e quello inglese, libertà totale di differenziarsi in base ai propri costumi e di regolarsi tramite le tradizioni della propria comunità.

Il primo ministro Cameron ha dichiarato poco dopo la sua elezione il fallimento del multiculturalismo inglese. L’avanzata della signora Le Pen e dei frontisti, l’incendiarsi a giorni alterni delle periferie di mezza Francia, ha dichiarato nei fatti il fallimento dell’ipocrisia egualitaria francese. La domanda allora è: è possibile una via Italiana all’integrazione? Credo di sì. Non sarà allora Milano a doversene fare carico? Non è forse possibile una via all’integrazione in arancio? La parola al sindaco, a Boeri e all’assessore Majorino. Battete un colpo!

 

Roberto Guidoni

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