26 ottobre 2016

TUTTI ALLA CASERMA MONTELLO IL 1 NOVEMBRE

Storia di Milano accogliente e dei suoi comitati


Milano è una delle poche città che si sta impegnando seriamente per dare accoglienza ai profughi e richiedenti asilo che si stanno indirizzando verso l’Europa. Ma gli arrivi non si fermano, le strutture cittadine sono al collasso e Regione Lombardia ha impedito di fare la cosa più logica: destinare ai profughi l’ormai inutilizzato campo base di Expo. Servono nuove strutture per evitare di dover allestire tendopoli in città. È così che ad agosto, a seguito di un accordo con il Ministero della Difesa, il Comune ha annunciato la possibilità di utilizzare la Caserma Montello, una grossa struttura militare ormai quasi totalmente inutilizzata nella zona di piazza Firenze, per farne un centro di accoglienza temporaneo per i rifugiati.

04morandi35fbLa Caserma Montello era stata inserita tra gli “Ambiti di trasformazione urbana” del Piano di Governo del Territorio della Giunta Moratti: ex aree industriali, scali ferroviari, caserme su cui l’amministrazione comunale voleva essenzialmente cementificare. Il progetto di abbattere la caserma per costruire nuovi edifici a uso residenziale – in un quartiere dove si è già edificato tantissimo negli ultimi anni – è però stato bloccato: le caserme milanesi in dismissione sono state oggetto di una valutazione specifica per delinearne possibili nuove destinazioni d’uso e, attraverso un accordo tra il Ministero della Difesa, quello dell’Interno e l’Università Cattolica, la Caserma Montello è stata destinata a diventare, nel giro di un paio d’anni, la nuova sede milanese della Polizia di Stato.

Nel frattempo il trasferimento dei militari era iniziato, ma alcuni vivevano ancora nella caserma. E la presenza dei militari è stato proprio uno dei temi usati strumentalmente da coloro che volevano contrastare la destinazione temporanea della caserma per l’accoglienza dei profughi. Sì, perché attorno alla nuova destinazione d’uso degli spazi della Caserma Montello si sono mobilitati diversi comitati dai nomi fortemente evocativi: “Giù le mani dalla Montello”, “Caserma Montello ai Milanesi”, “Tutti uniti per la Montello”. Comitati che, facendo leva sulle paure della cittadinanza, hanno raccolto tantissime firme a supporto di una petizione contraria all’arrivo dei profughi in cui si parlava di decoro, di valore della zona, di degrado, di possibile svalutazione degli immobili, di sicurezza … .

Ma in poco tempo il gioco si è svelato; sotto il gazebo, montato prima davanti all’ingresso della Caserma e poi nella vicinissima piazza Firenze, hanno cominciato ad affollarsi personaggi assai noti della destra e del leghismo milanese: da Matteo Salvini a Riccardo De Corato, dalla neoconsigliera di Forza Italia Silvia Sardone a Stefano Pavesi, il votatissimo consigliere del Municipio 8 di Lealtà e Azione eletto nelle file della Lega. E dalle parole miti dei primi comunicati si è passati a frasi allarmistiche e a volte pesantemente razziste, evocando un sicuro legame tra l’imminente arrivo dei profughi e l’inevitabile aumento di furti, rapine e stupri che si registrerà in zona.

Nel frattempo però, anche “l’altra metà del quartiere” si è mobilitata. Cittadini e cittadine che non si riconoscevano affatto in questa immagine di quartiere chiuso e inospitale; che non volevano farsi strumentalizzare da chi gioca a seminare l’odio; che volevano combattere le diffidenze e le inquietudini che l’arrivo massiccio dei profughi può generare attraverso la conoscenza e la partecipazione a un progetto di accoglienza diversa.

Esperienze sono nate spesso grazie ai social network. Come è stato il caso di Open8: un gruppo di cittadini e cittadine che, in reazione all’ennesimo comunicato razzista che girava tra le case della zona, sono entrati in contatto tramite Facebook per poi trasformare una conoscenza virtuale nelle prime partecipatissime riunioni. Ora insieme stanno progettando interventi da proporre al Comune e all’ente gestore per costruire un futuro diverso ai profughi accolti alla Montello e per trasformare questa esperienza in un’occasione positiva per tutto il quartiere.

Ma a muoversi, in simultanea, sono state anche tantissime realtà associative del quartiere: l’ANPI, Emergency, i sindacati, i partiti, le parrocchie, i centri sociali … tutti stavano facendo la stessa cosa e volevano muoversi nella stessa direzione: costruire attorno all’arrivo dei profughi nella Caserma un percorso di accoglienza condiviso e partecipato dalla cittadinanza del quartiere. Mai era successo che un quartiere, capovolgendo la logica del “Not in My Back Yard”, abbia reagito all’insediamento forzato di un ingente quantitativo di persone straniere cercando di mobilitare la cittadinanza in un inedito percorso di solidarietà e arricchimento reciproco.

Così si è costituita Zona 8 Solidale, una rete che vuole “lavorare sul territorio per favorire l’interazione di chi lo abita e costruire una buona accoglienza nei confronti delle persone che verranno ospitate” con l’obiettivo di “costruire un quartiere differente, favorendo scambio di esperienze dentro e fuori la Caserma Montello”.  In pochissimo tempo il comitato Zona 8 Solidale è riuscito a organizzare una prima “festa di benvenuto” al vicino Palasharp, trasformato da un giorno all’altro in un centro di accoglienza emergenziale di fronte al repentino aumento delle persone da ospitare in città; poi una partecipatissima fiaccolata, oltre mille persone che hanno sfilato nelle vie del quartiere in una serata piovosa per sostituire l’ostilità con la solidarietà. E sempre Zona 8 Solidale ha in cantiere per l’1 novembre – data ipotizzata per l’arrivo dei primi ospiti alla Montello – un’intera giornata di mobilitazione, con cibo, musica, teatro, laboratori per bambini per promuovere l’incontro e la contaminazione tra le diverse culture attraverso note e sapori provenienti da tutto il mondo.

L’appuntamento è quindi l’1 novembre davanti alla Caserma Montello perché, come scrivono quelli di Zona 8 Solidale, l’incontro e la solidarietà permettono di superare ogni confine.

Elena Morandi



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