10 gennaio 2017

PORTA NUOVA E L’URBANISTICA INCOMPIUTA

La stazione Porta Garibaldi e l’incapacità di ricucire


A commento dell’articolo di Andrea Vitali sul numero scorso di ArcipelagoMilano che parla della funzione dell’urbanistica (e sul Piano Beruto), da semplice cittadino milanese osservo che la stampa di Milano, con zelo sospetto, non ha fatto altro che magnificare le costruzioni dei nuovi grattacieli fabbricati negli ultimi dieci anni, in particolare in zona Garibaldi. Alcuni obiettivamente bellissimi, come, ad esempio, quelli attorno alla Piazza Gae Aulenti. Area che, come tutti i milanesi di una certa età sanno, già più di cinquanta anni fa era stata chiamata “centro direzionale”, ma era rimasta in uno stato di grande degrado.

08borghese01fbAlcuni tentativi di costruirvi erano già falliti negli anni ’80, come quello in cui era stato implicato l’immobiliarista Bruno De Mico al tempo di “tangentopoli”. Purtroppo queste “bellissime” nuove costruzioni hanno lasciato intatto il disordine, o il terrain vague, o la follia (come si può chiamare) del reticolo urbanistico in cui si è permesso che venissero inserite, specie attorno alla stazione Garibaldi.

Come è mai possibile che, nel costruire i nuovi grattacieli, si sia lasciata la stazione di Porta Garibaldi in una specie di buca infame, di difficile accesso e senza neanche un parcheggio decente per i taxi? Com’è mai possibile che sia stata lasciato intatto il pseudo tunnel automobilistico, terrore dei pedoni e delle biciclette, che inizia con una curva a gomito nella zona Garibaldi? Perché non è stato demolito il mezzo sovrappasso che finisce nel nulla, davanti alla stazione stessa? Perché la zona non è stata livellata?

I milanesi si troveranno per decenni in casa una zona disastrata, non adatta né ai pedoni, né alle biciclette, né alle auto, né ai mezzi pubblici. Anche la decisione di costruire la Piazza Gae Aulenti sopraelevata, sia pure con le scale mobili, rende la zona meno vivibile. Forse detta Piazza è il Paradiso, e la Stazione Porta Genova l’Inferno, cui si scende con disgusto? Forse si è voluto tenere Piazza Gae Aulenti sopraelevata per scoraggiare la sosta notturna dei possibili disperati, come quelli che oggi dormono nei cartoni in via Vittor Pisani?

Sono sicuro che ai tempi dell’ingegner Beruto si sarebbe trovata una soluzione – appunto, urbanistica – per consentire una migliore fruizione collettiva di questa zona. O si è seguito il criterio che si usava una volta a Napoli (stigmatizzato da Rosi nel film: “Le mani sulla città”) dove il Comune dava i permessi di costruzione per il Vomero e autorizzava la cementificazione all’interno delle ex vigne (tali erano gli appezzamenti sul Vomero), senza curarsi che vi fossero strade di accesso e interne adeguate al volume di traffico (persone, auto, merci, ecc.). così che poi i costi di congestione e i danni per la viabilità adeguata erano trasferiti ai cittadini? È già passato il ricordo della recente inondazione di questa zona, mal sistemata, in occasione di un forte temporale?

I giornali hanno beatificato gli/le “archistar” per delle costruzioni spesso copiate da altri contesti (Dubai, ecc.) ma la viabilistica e il decoro d’insieme sono pessimi (a danno dei milanesi) e tali rimarranno per decenni. Molto meglio erano i nostri bisnonni Beruto, Alemagna, Beltrami, e così via. Quelli erano veri urbanisti; i nostri “archistar” sono paragonabili ai geometri che costruivano i monumenti funebri (copiati da altri) nei cimiteri, incuranti dell’effetto di insieme. Brutta gente, divenuta ricca e potente a spese di Milano. Quando Michelangelo progettava la sistemazione del Campidoglio, o De Santis Piazza di Spagna, quelli sì che erano architetti e urbanisti! Come mai non hanno fatto le loro proposte al Comune per la buona sistemazione della zona e invece, hanno accettato che i loro”capolavori” fossero inseriti in un contesto così inadeguato? Non si costruisce un palazzo nel mezzo di una concimaia e di una “favela” senza risanarne l’insieme.

 

Paolo Borghese

 



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