4 aprile 2017

OMBELICO MILANESE: L’OSSESSIONE DELLE PIAZZE

Senno, cultura e storia: le vere linee guida


Sembra che questa Amministrazione prediliga gli interventi di trasformazione sulle piazze esistenti del centro storico, che hanno già un assetto urbano definito e gradevole, piuttosto che su quelle di periferia che hanno un’aria di abbandono e che potrebbero avere dall’arricchimento del disegno urbano vantaggi anche dal punto di vista sociale. Dopo il caso della piazzetta del Liberty (Graziella Tonon, ArcipelagoMilano, 23 novembre 2016), vorrei valutare le ultime proposte sulla sistemazione di piazza del Duomo e della piazza Castello e largo Cairoli.

06zenoni13FBParliamo subito di piazza del Duomo anche per l’eco mediatico che ha prodotto e dove da almeno 50 anni le amministrazioni che si sono succedute hanno fornito progetti per definire il lato di fronte al Carminati forse trascurato dal progetto storico interrotto drammaticamente con la morte dell’architetto Mengoni. Le proposte viste in questi anni, porticati, fontane ,boschi, aiuole orti e ora anche esotiche palme e precari banani, sono innanzitutto la dimostrazione che la classe politica milanese non è mai stata all’altezza di apprezzare che il pregio di piazza del Duomo è la sua dimensione e il grande spazio vuoto che viene racchiuso dalle palazzate e dal Duomo. E che affidandosi a progetti più vari, di più o meno noti professionisti dimenticati poi in fretta, vogliono far credere all’Amministrazione successiva che questo sia un problema molto importante da risolvere per Milano.

Così tutte le Amministrazioni ci provano a dare la loro versione, naturalmente affiancate positivamente da una Soprintendenza che sul piano culturale invece dovrebbe difendere i valori storici di una piazza così spaziosa, prevalendo sui politici, che non tengono conto non solo dei pareri degli esperti, ma anche dei cittadini che mai come in questi giorni inondano i giornali di lettere di protesta.

Dovremo rassegnarci a pensare che è molto importante mettere qualche fondale urbano davanti al Carminati. Se le motivazioni non dovessero essere solo decorative, ma prevalentemente storiche o politiche, aspettiamo di vedere cosa ci proporranno le prossime Amministrazioni, tenuto presente che Milano, come dimostra quest’ultima soluzione, sarà sempre di più multietnica e così ci sarà posto alla proposizione di simboli culturali che non potranno che contaminare lo status urbano di una grande piazza all’italiana.

Ma la scelta delle essenze esotiche ha anche un sorprendente risvolto sulla coerenza di una Amministrazione che sta approvando un Regolamento del Verde dove invece impone all’Ente Pubblico e ai privati l’utilizzo di essenze autoctone non solo nei nuovi interventi, ma anche nella sostituzioni di essenze ammalorate. Facendo pensare alla tutela dei valori ambientali della piazza dotandola di essenze che anche per problemi di manutenzione si prestano a darle un aspetto definitivo. E che invece, con questa scelta di essenze mediterranee, contraddice platealmente un Regolamento da lei stessa prodotto.

Trascurando anche la possibilità che le palme soffrano l’attacco di un parassita che ha già fatto danni nelle città mediterranee del Sud Italia, oltre che soffrire a causa del suo tronco peloso l’attacco del vandalismo incendiario. E che il banano d’inverno offre un pessimo aspetto per il rinsecchimento delle sue larghe foglie.

Un altro aspetto negativo di queste essenze è poi il rapporto che le stesse piante dovrebbero avere con i materiali e i loro colori negli edifici che le circondano. Oggi piazza del Duomo è realizzata con materiali delle montagne del Nord, pietre sui toni del grigio dure e lucide. Mentre palme e banani si trovano a loro agio tra pietre arenarie al naturale, opache leggermente dorate e dall’aspetto morbido che costituiscono prevalentemente le murature delle città mediterranee dove anche il cielo quasi sempre fortemente azzurro lega con il verde delle palme meglio che il prevalente grigiore del cielo milanese.

Non c’è paragone tra le due collocazioni, le palme e i banani anche per il clima stanno meglio al Sud, mentre tra le essenze autoctone per piazza del Duomo c’è solo da scegliere. Vi ricordo che a 400 metri di distanza davanti al monumento a Pertini hanno piantato e danno un piacevole spettacolo 8 gelsi che più lombardi non si può.

Per migliorare la piazza e chiudere una volta per sempre il problema sarebbe forse più utile abolire l’aiuola esistente lastricando in pietra questo spazio estendendo il disegno esistente della piazza, alleggerendo così le Amministrazioni da questo tormentone architettonico. Si potrebbe, dunque, approfittare dell’occasione per rendere veramente pedonale la piazza eliminando tutti i vecchi cordoli dei marciapiedi che in una piazza pedonalizzata non dovrebbero esistere per ragioni di sicurezza ma anche per fare apprezzare meglio la grandiosità dello spazio.

Per la piazza Castello e largo Cairoli dove siamo già al terzo Concorso non vedo la fretta di queste ultime amministrazioni che invitano a stravolgere il disegno di un pezzo di città già bello di suo e con le due estremità interrotte del Foro Bonaparte ben definite con i fondali della Nuova Stazione Nord da un lato e dal Teatro Strehler dall’altro a completare oggi l’eccellente impostazione urbanistica ottocentesca progettata dall’architetto Antolini.

Il disegno urbano di Foro Bonaparte dal punto di vista viabilistico non ha nessuna ragione di essere modificato costituendo un itinerario importante per la viabilità privata e pubblica attorno a Parco Sempione per collegare la circonvallazione dei Bastioni tra piazza Lega Lombarda e piazza Conciliazione – argomento già affrontato dal Piano Regolatore Generale del ’53 con il sottopasso dell’architetto Vittoriano Viganò e poi dimenticato.

Ma questa ultima nuova sistemazione è veramente improponibile per il tipo e la qualità della pavimentazione proposta: il calcestre. Si tratta di una pavimentazione povera e rustica, di difficile manutenzione, usata nei sentieri dei giardini dei parchi milanesi, ma in questo caso addirittura colorata in bianco – a Milano!

Viene estesa anche dove oggi troviamo le pavimentazioni in pietra di via Beltrami e il percorso asfaltato della piazza Castello, dove sembrava ovvio estendere il prato esistente fino alla indispensabile strada di servizio alla palazzata.

Qui siamo in un centro storico con palazzi neoclassici ottocenteschi e la pavimentazione predominante non può che essere in pietra adiacente ai palazzi, e a “prato” lo spazio attorno al Castello, lasciando il povero calcestre proposto qui come prestigiosa pavimentazione, ai vialetti del Parco circondati dalle piante e dai prati.

 

Gianni Zenoni



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