16 maggio 2017

MACAO VUOL COMPRARSI L’EX BORSA DELLE CARNI DI VIALE MOLISE

Un processo d’acquisto sperimentale e innovativo


Macba, Moma, Maxi, Macro, quel M.A. dell’acronimo Macao, evocativo e anche un po’ irriverente nei confronti di quei grandi musei, è il nome scelto da tanti pensando a un museo venuto dal basso.

06ponzini18FBMacao, il collettivo che il 5 maggio 2012 si presenta alla città occupando la Torre Galfa, emblema delle logiche Ligresti e della speculazione edilizia milanese. Un grattacielo di trenta piani, già allora abbandonato da 15 anni, che il collettivo di “lavoratori dell’arte”, avrebbe voluto restituire ai cittadini. E restituirlo come spazio in cui poter fare cultura o forse controcultura, sottraendosi alle logiche dell’arte e della musica in cui la ricchezza di gallerie e case discografiche è poco condivisa con gli artisti.

Macao, Nuovo Centro per le Arti, la Cultura e la Ricerca dopo lo sgombero dalla Torre a ruota entra e viene sgomberato anche da Palazzo Citterio. La giunta Pisapia offre al collettivo, a patto che si dia una struttura giuridica, uno spazio negli stabilimenti ex Ansaldo, ma Macao non accetta e da ormai cinque anni occupa stabilmente l’ex Borsa delle Carni, palazzina liberty dal fascino délabré di viale Molise 68, a ridosso dell’Ortomercato. Lo spazio, abbandonato da anni, secondo i piani della giunta Moratti e in vista di Expo avrebbe dovuto far parte di quel progetto, mai iniziato, di un hub internazionale della nutrizione.

Oggi il nucleo originario del collettivo si è ampliato, è più eterogeneo e ha trovato un punto di equilibrio tra un’organizzazione assembleare orizzontale e partecipata e un’efficace distribuzione dei compiti e delle responsabilità, con la valorizzazione del lavoro di ognuno, “retribuito” attraverso un’interessante sperimentazione di cyber-moneta comunitaria, il common coin. Non però un’enclave chiusa, l’assemblea organizzativa di ogni martedì sera è pubblica, aperta al quartiere e alla città.

La produzione culturale, fatta di seminari politici, economici, workshop e residenze d’artista, concerti live e mostre, predilige lavori sperimentali, di ricerca, esterni ai circuiti commerciali. Nel rapporto con gli artisti si cerca un’affinità di visioni, quello con il pubblico è basato sulla condivisione d’intenti e un’offerta libera all’ingresso.

Arte, teatro, fotografia, cinema, tanta auto produzione in equilibrio tra copertura dei costi ed equa distribuzione dei benefici per gli artisti ospitati come per chi vi lavora dall’interno, con anche una quota solidale delle risorse per progetti fragili economicamente.

Lo spazio è però occupato, con uno sgombero tutto potrebbe finire da un momento all’altro, nonostante gli importanti lavori di manutenzione fatti per recuperare la struttura fatiscente e renderla più sicura. Già con la giunta Pisapia il collettivo aveva lavorato in concerto con l’Assessorato all’Urbanistica a una delibera da sottoporre al Consiglio Comunale per l’assegnazione di spazi abbandonati anche a realtà senza statuto giuridico, sulla falsariga di quella approvata a Napoli dalla giunta De Magistris con la legalizzazione dell’ex asilo Filangeri.

Quella delibera si è arenata a fine legislatura e con la nuova giunta sono cambiati i vertici di Sogemi Spa, società che gestisce aree e attività dell’Ortomercato, proprietaria di tutto il fronte delle palazzine di viale Molise.

Il nuovo presidente, Cesare Ferrero, nominato da Sala nell’agosto 2016, ha intenzione di pubblicare un bando di evidenza pubblica il prossimo giugno per la locazione o la vendita dell’intero lotto o dei singoli edifici. L’obiettivo, secondo Ferrero, è realizzare su quelle aree una “food court”, uno showroom dell’agroalimentare, anche se tra le manifestazioni di interesse raccolte prevalgono le proposte per residenze e commercio.

Il collettivo si è mosso prontamente dichiarando a Comune e Sogemi l’intenzione di acquistare l’ex Borsa delle Carni e indicando un percorso innovativo che coinvolge l’organizzazione no-profit tedesca Mietshauser Syndicat, che da venti anni in Germania, Olanda e Francia investe nell’acquisto di immobili per renderli proprietà comune sottratta al mercato. Un’operazione d’acquisto del tutto nuova in Italia e che sarebbe un’interessante sperimentazione per la città.

Intanto, Macao si è mobilitato registrandosi come associazione, quindi soggetto giuridico, raccogliendo migliaia di adesioni e organizzando manifestazioni a sostegno del progetto, che necessita però tempi lunghi di organizzazione e di raccolta iniziale di fondi. Nel frattempo quindi andrebbe valutata con la proprietà una fase transitoria di affitto calmierato. Ferrero, pur dichiarandosi disponibile al dialogo, ribadisce l’impossibilità della trattativa diretta per i vincoli alle regole dei bandi pubblici.

Macao dal canto suo punta a una trattativa con il Comune, maggior azionista di Sogemi, con l’obiettivo primo di togliere la palazzina dal lotto che si vuol mettere a bando, proposta giudicata dalla controparte plausibile e praticabile. Cristina Tajani, Assessore alle Attività Produttive e Commercio, apre alla discussione tra collettivo e Amministrazione.

A Milano è forte la necessità di spazi di autoproduzione culturale inclusivi, accessibili, soprattutto in quelle periferie che spesso portano i segni del degrado e dell’esclusione sociale, come Molise Calvairate dove Macao ha sede e dove è drammaticamente presente un grande polo di case Aler.

Queste esperienze stimolano partecipazione attiva, creano tessuto sociale, sono spazi urbani che diventano presidi per la periferia e che portano qualità artistica e culturale ovunque in città, attivando l’importante osmosi tra centro e periferia, rompendone la sterile separazione.

Chiara Ponzini



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