26 aprile 2017

L’ESEMPIO DI LORENTEGGIO-GIAMBELLINO

Risorse “materiali” e risorse “immateriali” nella rigenerazione delle periferie


Nei quartieri di edilizia popolare milanesi gestiti da Aler si è creato negli anni un circuito chiuso in cui degrado edilizio e disagio sociale si alimentano vicendevolmente in un continuo crescendo. Stadera, via Gola, Molise-Calvairate o Lorenteggio-Giambellino sono alcune delle emergenze Aler su quella mappa della Milano metropolitana che rappresenta un centro, non geografico, che corre veloce, e una periferia diffusa che rallenta, a volte si ferma.

06ponzini15FBIl Piano per le Periferie vorrebbe rompere questa meccanica di reciproca alimentazione tra degrado e disagio attraverso l’azione congiunta di risorse “materiali” e “immateriali”, di investimenti per la riqualificazione urbana ed edilizia accanto a fondi per il sostegno sociale, il reinserimento nel mondo lavorativo, l’accompagnamento degli abitanti nel percorso di trasformazione urbana. E il quartiere Lorenteggio-Giambellino, per gli ingenti investimenti messi in campo e le difficoltà del contesto, sarà il banco di prova di questa sperimentazione congiunta.

La definizione di tale intervento, almeno sulla carta, come di un “progetto di sviluppo urbano integrato e sostenibile”, sottintende infatti la compresenza di opere sul patrimonio edilizio e urbano e di progetti che invece interessano i temi dell’abitare sociale, dell’ascolto dei residenti, della formazione professionale.

I fondi, avvalendosi di capitoli diversi di finanziamento, dovrebbero essere dedicati realizzazione a un laboratorio sociale di quartiere finalizzato all’ascolto dei residenti per censirne necessità e aspirazioni attraverso interviste a singoli, a piccoli gruppi, a nuclei familiari. I servizi sociali interverrebbero poi con azioni di sostegno laddove i bisogni fossero maggiori, mentre verrebbero ideati percorsi formativi ad hoc qualora si intravedesse la possibilità di un reinserimento lavorativo attraverso esperienze professionali pregresse da riattivare. Le competenze pratiche e artigiane sarebbero subito messe a disposizione del quartiere dando vita a laboratori di piccole riparazioni, di riciclo, a micro imprese artigiane, quasi di caseggiato.

Il coordinamento di queste azioni congiunte però, come riconosce lo stesso sindaco Sala,  sembra al momento un po’ difficoltoso, anche perché si tratta di finanziamenti regionali, di fondi sociali europei, di investimenti del Comune che chiamano in campo assessorati diversi.

Inoltre, grazie al suo ricco associazionismo, il Giambellino ospita già tante attività  socialmente utili, sulle quali gli interventi si auspica vadano a innestarsi per sostenerle e arricchirle, aggrappandosi a queste “ancore sociali”, peraltro in grado di suggerire le modalità di operare perché radicate sul territorio.

Il processo quindi, sicuramente innovativo e di valore, sarà efficace se i responsabili istituzionali e agiranno congiuntamente, se coinvolgeranno i soggetti che operano localmente e se le tempistiche delle ristrutturazioni edili procederanno di pari passo a questi percorsi di riattivazione sociale.

Ad oggi, se si guarda a un diverso tipo di intervento in quartiere, all’importante cantierizzazione della M4 che spezza il Giambellino in due e che mette gli abitanti in condizioni limite, non sembra che ciò sia ancora avvenuto. In via Segneri il cantiere lascia come unici passaggi obbligati lunghi, stretti, e di notte pericolosi corridoi. L’alternativa è quella di attraversare i cortili dei caseggiati Aler dei civici 4, 6, 8 della via che, già vessati dal continuo aumento di occupanti abusivi, restano così completamente aperti e incustoditi durante la notte. I primi piani degli edifici inoltre, in cui già una porta su tre è di ferro per contrastare l’occupazione, oscurati dai cantieri, restano ancora meno protetti.

M4 parla di futuri inserti trasparenti nelle cesate della cantierizzazione e il Comune è già stato invitato a mettere delle telecamere nei punti più bui. Però appunto le risorse materiali non bastano, l’accompagnamento al cambiamento di cui si parlava prima dovrebbe essere già in atto. Vivere un quartiere “spezzato” per un anziano significa cambiare i percorsi quotidiani fatti da anni, i marciapiedi e le strade, gli esercenti frequentati, vuol dire modificare le abitudini di una vita.

E così per una famiglia lasciare la propria casa durante la ristrutturazione degli edifici per muoversi in un altro appartamento Aler, magari in una zona diversa della città, implica cambiare scuola ai bambini, rivedere in toto i propri riferimenti abituali, allontanarsi dalla rete di supporto comunitaria del quartiere, e magari anche temere di non tornare più in quella casa, promessa in condizioni migliori.

Il Lorenteggio, avendo una decennale esperienza di cooperazione e attivismo civico, è stato protagonista nella fase istruttoria di questi progetti di riqualificazione, fornendo dati e conoscenze fondamentali, e ora che si entra nella fase operativa chiede di partecipare a un tavolo al quale siedano tutti i soggetti coinvolti nelle trasformazioni del quartiere.

In città proposte di questo tipo sono spesso state usate più come paravento che come reale strumento decisionale, ma in questo caso si è deciso di investire anche sulle risorse “immateriali”, con la possibilità di avere risultati magari non quantificabili, ma estremamente significativi. La posta al Giambellino è quindi così alta che vale la pena riprovare testardamente a innovare le pratiche di gestione e trasformazione della nostra Milano.

 

Chiara Ponzini

 



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