28 Ottobre 2025

BEPPE SALA SUB SPECIE PHILOSOPHIAE

Un'analisi


Il pensiero di Giuseppe Sala detto Beppe, sindaco di Milano, può sembrare non sufficientemente profondo o articolato da farne oggetto di una riflessione filosofica. Errore. In verità non c’è questione, non c’è vicenda tanto “bassa” da non poter essere analizzata filosoficamente, se è vero che – come diceva Hegel – la filosofia è «il proprio tempo appreso in pensieri».

In occasione del suo intervento al Consiglio comunale il 21 luglio 2025, successivamente all’esplosione del caso giudiziario che sta coinvolgendo costruttori e amministratori della città, Sala ha infatti avuto modo di esprimere una sia pur rudimentale filosofia dell’urbanistica e dell’evoluzione urbana. Che è d’altra parte una variazione locale della più generale visione di filosofia della storia organica all’attuale capitalismo tecno-nichilista (l’espressione è di Mauro Magatti [1]).

La politica delle sue due giunte – ha rivendicato il sindaco – ha sempre avuto un segno «progressista», ovvero tendente a comporre gli interessi dei costruttori e quelli della collettività.

«Certo, la velocità a cui corre Milano – ha poi aggiunto – abbisogna di correzioni continue e non tutto ciò che abbiamo tentato ha il crisma della perfezione, e ci mancherebbe; ma dobbiamo osservare la traiettoria storica che Milano ha preso sotto le tre sindacature di centro-sinistra, oltre che del fenomeno Expo. E secondo me si tratta della via più adatta di sviluppo per una città che da sempre ha espresso una vocazione di apertura e una capacità attrattiva e di dialogo continuo con il mondo. E facendo della collaborazione tra pubblico e privato una virtù. Questo l’ho sentito dire da tutti, anche da tutti i commentatori». (Naturalmente – notiamo per inciso – tutti i commentatori sono tutti i commentatori impegnati nel costante elogio del sistema-Milano, ma questo Sala non lo dice…).

E ancora: «È evidente a tutti noi che in molti si stanno interrogando sul percorso che la nostra città ha seguito negli ultimi decenni (…) Noi ci troviamo a governare da 14 anni lo sviluppo di una città che si sta facendo metropoli e che compie un processo di trasformazione comune a molte realtà dello stesso tipo in Europa e nel mondo. Voi per primi sapete che amministrare una città significa guidare e governare il processo nel quale – e questo è un punto qualificante – la città stessa si è avviata. Non è certamente solo il sindaco, la giunta, il consiglio comunale che possono determinare una evoluzione storica, tanto più in un tempo come il nostro, rivoluzionato e caratterizzato da una serie di transizioni che mai si sono viste nella storia. Noi siamo stati chiamati a gestire, correggere e migliorare gli aspetti più critici di tali trasformazioni. Se ci fate caso, non c’è nell’accelerazione degli ultimi anni un solo caso esente da complessità: dalla sicurezza alla mobilità, dal costo della vita e dell’abitare alla cura del verde». [2]

Troviamo qui le parole-chiave del gergo globalista-neoliberale che nobilitano l’autodifesa del sindaco: processi, talvolta con l’aggiunta dell’aggettivo storici (in cui è la città stessa – si noti – che si è avviata), evoluzione storica (niente meno!), transizioni, accelerazione. Tutti questi «processi» delineano una «evoluzione storica» – questo il senso delle parole di Sala – alla quale non ci si può certo opporre. La si potrà solo governare/correggere “in senso progressista” (che poi vuol dire: grattacieli come se non ci fosse un domani e intorno un po’ di panchine colorate e tavolini da ping-pong nelle piazzette “rigenerate” per far pascolare gli hipster e le ragazze vegane, ciò che oggi va sotto il nome – ci mancava! – di «urbanistica tattica»).

In altre parole: c’è un insieme di fenomeni e processi che sono strutturali e/o epocali; tra questi c’è il “fenomeno” (attenzione anche all’uso di queste parole) della trasformazione delle grandi città in città attrattive (del capitale finanziario), smart (cioè ad altra infrastrutturazione tecnologica fino ai limiti della distopia) e “gentrificate”; questi fenomeni sono quasi-naturali, un po’ come un terremoto o un nubifragio: non ci puoi fare niente, a parte tutelarti dai loro danni, e, nei casi migliori (non quello milanese!), le amministrazioni possono sforzarsi di trattenere un po’ dell’immane flusso di denaro per qualche uso sociale. Però mica poi troppo, pena diventare meno attrattive[3]

Lo spazio per la decisione politica, ispirata eventualmente a interessi difformi da quelli del blocco dominante o comunque orientata a valori e a qualche concetto di bene comune, non può che cedere il passo alle ragioni superiori della sedicente «evoluzione storica».

Toni Muzzioli

NOTE

[1] Cfr. Mauro Magatti, Libertà immaginaria. Le illusioni del capitalismo tecno-nichilista, Milano, Feltrinelli, 2009.

[2] L’intervento del sindaco Sala durante il Consiglio comunale del 21 luglio 2025 si può vedere qui: https://www.youtube.com/watch?v=_rtljD3w4Xc (min. 19 e seguenti).

[3] Per una critica di questa visione quasi-naturale dei recenti processi di trasformazione urbana, finalizzata alla loro legittimazione, si veda Leslie Kern, La gentrificazione è inevitabile e altre bugie, Roma, Treccani, 2022, p. 31-46. La Kern osserva che i processi di gentrificazione e più in generale le trasformazioni urbane delle città post-industriali sono accompagnate da una retorica ispirata appunto a metafore naturalistiche; e «la naturalizzazione crea un senso di inevitabilità, normalità e neutralità di valori che lascia poco spazio a chi teme la gentrificazione (…). La naturalizzazione della gentrificazione si allinea fin troppo facilmente allo status quo. Gioca a favore dei promotori più influenti e dei sostenitori della crescita che considerano il cambiamento da loro auspicato come la giusta “evoluzione” per le città» (p. 46).



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  1. Cesare MocchiQuesto intervento presuppone che Sala "pensi", cosa di cui mi permetto di dubitare.
    28 Ottobre 2025 • 21:04Rispondi
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