28 Ottobre 2025

MANFREDI CATELLA, PALAZZINARO FILANTROPO?

Domande sgradevoli in attesa di risposta


Il Regno dei Cieli non è cosa per il ricco, non più della cruna dell’ago per il cammello. Il suo sguardo è fisso alle cose di questa terra, non vede le persone oltre i beni materiali che possiede o desidera, e neppure solleva lo sguardo al cielo infinito, dove troverebbe la microscopica misura dei suoi affanni. Ai ricchi desiderosi di camminare al suo fianco, Cristo imponeva ”vendi le tue cose e dona il ricavato ai poveri”, lascia alle tue spalle i beni che ti fanno schiavo e liberati, liberandotene.

La gran parte di loro però fa spallucce, semmai qualche beneficenza, un po’ perché non si sa mai, un po’ perché la “charity” fa fine e non impegna, un po’ perché il Terzo Settore porta consenso.  Manfredi Catella ricco è certamente e, mentre si fa gli affari suoi, racconta delle sue “opere di bene”. Basta per salvare reputazione in terra e salvezza in cielo?

Se nella comunicazione istituzionale della Fondazione “Riccardo Catella”, la “condivisione” ricorre come un mantra, resta come dire un concetto del tutto astratto dalla trama dei rapporti tra le persone. Il “fare comunità” allude invece etimologicamente alla comunione tra eguali dei beni (*), che, donati circolarmente tra gli uni e gli altri, eccedono la materialità privata per divenire “beni relazionali”.

Un approccio che riconosce il suo maggior antagonista, più che nella persona del ricco, nel meccanismo quotidiano che lo crea e gratifica: lo spasmodico desiderio e l’appropriazione privata dei beni comuni (aria, acqua, terra, ma anche e sempre più lavoro, lingua, vita, intelligenza…). Ma di questo, anche scrutando a fondo. non si trova traccia nella “condivisione” della Fondazione Catella.

Eppure il Terzo Settore, nella sua vocazione più autentica, assume il tratto comunitario come l’originaria fonte di indirizzo etico a cui ancorare la pratica relazionale di aiuto, di sostegno, di mutua collaborazione. Ed anche quando fa impresa, la ragione sociale “no profit” trae la sua motivazione dal produrre beni senza privatizzare il profitto, costruendo semmai maggiore eguaglianza e condivisione con le risorse così generate.

Un mondo tanto differenziato per tipologia, ambito di intervento, specifica finalità, strumenti giuridici, ma ricchissimo di fatiche e di relazioni umane, denso di storie familiari dolorose, di impegno nella sofferenza, di volontariato quotidiano, di impegno sociale e civile, privi tutti di un tornaconto che non sia il trovare conforto della propria sofferenza nella comprensione dell’altro, o il senso della propria vita nel dare sollievo alla difficoltà comune o dell’altro.

E più ampiamente, il cercare nella bellezza e nelle risorse del pianeta preziose occasioni di vita migliore per tutti, provando a superare, si parva licet, la contraddizione insanabile tra incontrollata onnipotenza tecnologica e privatizzazione smisurata dei suoi benefici. 

Se tutto questo detiene una qualche verità, ci si chiede cosa si possa trovare in comune tra il Terzo Settore e la Fondazione Riccardo Catellla, oltre all’iscrizione al RUNTS (**).

Resta oggettiva la contraddizione a carico di chi si pretende filantropo benefattore del contesto sociale che pure depreda, nell’ineguaglianza di uno scambio che non si declina solo nel rilevantissimo squilibrio del “conto economico” cittadino, ma impatta ancora più ampiamente con la degenerazione del tanto o poco di vita etica che residua nella città, nella manipolazione delle corrette relazioni pubblico private, nella creazione di un potere tanto imponente da trasformare cittadini in sudditi, degni al massimo di beneficenza “regale”, piccola porzione della sottrazione sistematica delle risorse ai bisogni collettivi.

Il Comunicato Stampa pubblicato dalla Fondazione Catella per il suo Rapporto Sociale 2005-2025, offre all’ostinato esegeta l’intera ed ostentata fraseologia della benevolenza capitalistica, intessendo il testo tra “modelli di collaborazione intersettoriale”, “rigenerazione urbana sostenibile e inclusiva”, ’“attivazione culturale in risposta ai bisogni della comunità”.

Ohibò, nientemeno, un profluvio di espressioni che si vorrebbero eleganti allocuzioni ma restano modeste espressioni gergali perché del tutto prive di sostanziale verità interiore, intese piuttosto al sistematico occultamento della concreta realtà delle persone e delle cose che sottostanno a questo florilegio elegiaco, come dei processi concreti di appropriazione e manipolazione che ogni giorno generano a Milano maggior povertà, maggior sofferenza, maggior separatezza, maggior infelicità, approdando infine al nascondimento della responsabilità specifica del Catella nella costruzione del sistema di rapporti e relazioni che li “legittimano”. Non da solo però.

Fin qui, l’iniziativa della Fondazione non sembrerebbe distinguersi dalle tante altre simili, nate ed operanti per la stessa finalità e con i medesimi meccanismi, che infatti Catella chiama largamente a sé per condividere, con la ventennale ricorrenza, la visione di comodo del Terzo Settore.

Ma il gran “benefattore” non si ferma qui, e si propone lui, proprio lui, indagato dalla magistratura per l’aggressione spregiudicata ai beni comuni della città, come aggregatore di una “grande alleanza del Terzo Settore”, attorno a cui costruire un comune programma di obiettivi ed iniziative per “promuovere lo sviluppo sostenibile del territorio e valorizzare lo spazio pubblico quale luogo di inclusione e benessere collettivo”, creando un “un vero e proprio think tank sul futuro delle città e sulla necessaria collaborazione fra pubblico-privato-Terzo Settore”.

A leggere si trasecola, ma è tutto vero, scritto lì, nero su bianco. Un tempo si sarebbe detto “senza vergogna”, ma oggi, all’inverso, per il numero e livello delle adesioni raccolte (***), è tutto un coro “che bravo”, il Manfredi Catella. Un salto di qualità, un precipitare nel vuoto dell’etica pubblica, tanto inquietante nei fini quanto ingiustificato nelle premesse, cui i diversi enti coinvolti avrebbero pur dovuto, ed ancora oggi, dovrebbero porre qualche riflessione e speriamo qualche resipiscenza.

In soldoni, si parla qui dell’intenzione di un soggetto imprenditoriale pluri indagato, cui si contestano pesanti illeciti amministrativi nella gestione dei progetti di sviluppo immobiliare e nella co-costruzione di un sistema opaco di relazioni con dirigenti, funzionari ed assessori del Comune di Milano, di proporsi non solo come attore etico dello sviluppo del settore, che pure “manomette”, ma addirittura come regista cittadino di una visione condivisa cui ancorare l’iniziativa complessiva del Terzo Settore milanese nel “fare città” nei prossimi anni. Un’enormità che lascia senza fiato.

E mentre da diverse entità sarebbe ingenuo attendersi un approccio critico o un qualche imbarazzo etico, per la comune genesi, il cinismo o lo stretto intreccio affaristico che li accomuna. sorprende la presenza o addirittura la compartecipazione attiva di alcuni soggetti dalla forte caratura istituzionale, a cui è legittimo chiedere se abbiano ben valutato le implicazioni delle loro adesioni. Un’istituzione di grande prestigio come il Politecnico, dove alcune tra le più qualificate voci hanno sollevato pesanti critiche al Catella in merito alla visione urbanistica ovvero all’interpretazione “pro domo propria” delle normative vigenti, avrà ben considerato il rilevante significato etico politico della sua partecipazione attiva a fianco di un soggetto sotto inchiesta della Magistratura e proprio sui temi che formano l’oggetto della collaborazione? E quale impatto sull’opinione pubblica dal porsi in pubblico al suo fianco?

E senza andare troppo oltre, la medesima domanda non potrebbe e dovrebbe essere posta con ancora maggior forza allo stesso Comune di Milano, dove l’Assessore Bertolè flauta “Festeggiare questo compleanno importante di Fondazione Riccardo Catella è l’occasione per ribadire l’importanza di un’alleanza tra tutti gli attori pubblici e privati, con l’obiettivo di mantenere la città accessibile, bella, accogliente e aperta a tutti e tutte”.

Non sarebbe stata più opportuna una prudente assenza mentre l’inchiesta giudiziaria procede all’individuazione di fatti e responsabilità che coinvolgono primariamente Catella e Comune? Non sarebbe poi più desiderabile, non per la sinistra, ma per un’amministrazione accorta del bene comune, ricevere le ingenti risorse derivanti dagli oneri di urbanizzazione (e altro) per realizzare i servizi sociali di cui ogni giorno si lamenta la mancanza, piuttosto che le “mancette” della Fondazione?

E cosa pensa il PD di tutto questo? Siamo ingenui come Candide, d’accordo, o forse non siamo del tutto fessi, e poniamo questioni sgradevoli a chi è abituato a ricevere solo omaggi e “condivisione” delle sue idee.

Noi si chiede, forse resteremo senza risposta, ma “fai quel che devi, avvenga ciò che può” (****)

Giuseppe Ucciero

(*) cum munis, condividere i doni

 (**). Registro Unico Nazionale Terzo Settore

(***) Acqua Foundation, Amref Health Africa Italia, Arti – Puglia, Arte Sella, Centro Servizi per il Volontariato, Fondazione Alia Falck, Fondazione Banca Popolare di Milano, Fondazione Bracco, Fondazione per l’Ospedale dei Bambini Buzzi, Fondazione Cariplo, Fondazione Cometa, Fondazione Compagnia di San Paolo, Fondazione CON IL SUD, Fondazione Corriere della Sera, Fondazione Dynamo Camp ETS, Fondazione Ferrarelle, Fondazione Giangiacomo Feltrinelli, Fondazione La Triennale di Milano, Fondazione Lombardia per l’Ambiente, Fondazione Piccolo Teatro di Milano – Teatro d’Europa, Fondazione Pirelli, Fondazione Reggio Children, Fondazione Romeo ed Enrica Invernizzi, Fondazione Slow Food, Fondazione Sodalitas, Fondazione Sylva, Fondazione Teatro alla Scala, Fondazione TIM, Fondazione Triulza, Fondazione Veronesi, L’abilità Onlus, One Ocean Foundation, Poetica. Fondazione per la Generatività sociale, Robert F. Kennedy Human Rights Italia, Stecca 3.0, Teatro Libero Palermo, Teatro di Sardegna, Terre des Hommes Italia Onlus, Università degli Studi di Milano, Università degli Studi di Roma Tre, Università Luigi Bocconi, Università Vita-Salute San Raffaele.

(****) Emmanuel Kant



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  1. AdaDa condividere.Una pagliacciata.Vivo nei pressi dei grattacieli ancora in costruzione di Coima zona Gioia: una vergogna di speculazione e di consumo suolo.Vicino al parco Bam,fiore all'occhiello di questa operazione immobiliare.Scritte che parlano di natura,bellezza,ma pochi alberi e tanto marketing per convincere che e' tutto sostenibile e meraviglioso....Cornuti e mazziati e presi in giro da scritte come" Costruire e' immaginare" " Abbiamo portato qui i migliori architetti".,ma e' il Comune che gli ha venduto le 2 aree di parcheggio ed il Pirellino.
    29 Ottobre 2025 • 14:26Rispondi
    • Annalisa Ferrarioil Comune ha venduto ai tempi il 60% dell'area Porta Nuova a Catella, mica solo il parcheggio e il Pirellino. E a trattativa privata, non con gara (che sarebbe obbligatoria per legge)
      29 Ottobre 2025 • 17:01
    • Cesare MocchiNon solo: gli hanno anche aumentato l' edificabilità *dopo* avergli venduto l'area. Ma pensano che la gente non se ne accorga? Che siamo tutti ciechi?
      30 Ottobre 2025 • 07:56
  2. Luca BergoEvidentemente tutte quegli attori del terzo settore corrono dove fiutano denaro…
    31 Ottobre 2025 • 11:16Rispondi
  3. Fausto+BagnatoIn Via Lampedusa, 11 sono stati demoliti, dopo anni di abbandono, tutti gli edifici. Il cartello in rosso porta il nome Hines. Cosa sorgerà?
    31 Ottobre 2025 • 18:45Rispondi
  4. X.RayAppare strano che nelle recenti indagini su un certo sviluppo urbanistico di Milano, imponente quanto ancora nebbioso, opera della COIMA e del Sig. Catella,di cui Ucciero traccia qui un ritratto, non vi sia traccia della ventina di Fondi di origine mediorientale che hanno contribuito al finanziamento delle opere in questione. Non se ne conoscono i proprietari o comunque i conferitori dei capitali. Ci ha provato uno dei principali giornali on line, oggi oggetto di attacchi, anche questi anonimi e non solo a mezzo stampa ma anche bombaroli, ossia Report. All'inaugurazione del villaggio Olimpico, costruito anch'eso, guarda caso dalla Coima, Report ha chiesto al Sindaco Sala, a Catella e a Malagò, allora Presidente del Coni, chi si celasse dietro a quei Fondi, incassando un fragoroso quanto imbarazzante silenzio, giustificato dal diritto all'anonimato di cui beneficerebbero i Fondi. Ora, potrebbero magari far anche capo alla confraternita di Madre Teresa di Calcutta, però potenzialmente potrebbero anche essere portatori di capitali "infetti" perchè ci dicono che i Fondi ben si prestano a questa funzione. Quale che sia la realtà riteniamo debba essere indagata e conosciuta per non rischiare di sveglarsi una mattina e scoprire che una buon a fetta della città è stata venduta a personaggi con cui non vorremmo condividere neppure l'iscrizione al medesimo circolo di bocce!
    7 Novembre 2025 • 16:17Rispondi
    • Chiara VogliattoParole che purtroppo centrano il problema. Siamo proprio sicuri di essere contenti di consegnare la città a questi signori che neanche sappiamo chi sono?
      7 Novembre 2025 • 17:15
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