14 Ottobre 2025
LA CONSULTA COME IL GRILLO PARLANTE
Incostituzionalità dei sindaci metropolitani appiccicati
14 Ottobre 2025
Incostituzionalità dei sindaci metropolitani appiccicati

Non bastassero i guai ed i guasti cittadini il sindaco Sala annovera un’ulteriore patacca: occupare in compagnia di ben altri tredici ‘sindaci metropolitani’ una carica censurata dalla Corte costituzionale. E non da oggi, bensì dal 7 dicembre 2021 allorché nel palco d’onore della Scala sedeva al fianco del ri-eligendo Presidente, massimo garante della Carta repubblicana. La sentenza n.240 riguardante la legge Delrio fu emessa proprio a Sant’Ambrogio, con lo schiocco della rigorosa frusta tra le note maestose del Macbeth!
Rilevò infatti la Consulta: “L’attuale disciplina sui sindaci delle Città metropolitane è in contrasto col principio dell’uguaglianza del voto e pregiudica la responsabilità politica del vertice dell’ente nei confronti degli elettori”, e pertanto aggiunge: “Spetta però al legislatore, e non alla Corte, introdurre norme che assicurino ai cittadini la possibilità di eleggere, in via diretta o indiretta, i sindaci delle città metropolitane”.
Viene dunque bocciato uno dei punti cruciali della legge 56/14, peraltro messa in discussione nel suo insieme: “La necessità di un riassetto normativo del settore è dovuto anche al fatto che la mancata abolizione delle Province, a seguito del fallimento del referendum costituzionale del 2016, ha reso del tutto ingiustificato il trattamento attualmente riservato agli elettori residenti nella Città metropolitana”.
Ma pare che tanto il legislatore quanto i diretti interessati in questi quattro anni non abbiano neppure fiatato. Il “riassetto normativo del settore” giace nella pressoché totale indifferenza mentre la politica attiva è impegnata in un’estenuante “guerra dei bottoni”, senza una visione adulta delle condizioni di governo, ovvero proprio l’assetto istituzionale-amministrativo nel quale operare. Evidentemente risulta più comodo adagiarsi nella persistente “cieca prassi” che garantisce ai singoli Comuni la potestà pressoché totale sul regime edilizio, senza filtri ne supervisioni, in un quadro normativo segnato da una progressiva deregulation.
A Milano per altro sono stati i primi sindaci direttamente eletti, ‘padroni in casa propria’ e ‘amministratori di condominio’, ad impostare il noto “modello”, poi implementato a dismisura dai successori a prescindere dal segno politico (mutato il pelo non il vizio), nonché imitato tacitamente da altri comuni medi e piccoli dell’area (tana toccata liberi tutti!).
A livello parlamentare peggio che andar di notte: il PD non può sconfessare una legge che porta il nome di un suo ancora quotato esponente, il M5S non tocca palla in materia, il centro destra tuttalpiù sogghigna. Domina il pregiudizio trasversale improntato al totus politicus, sprezzante verso l’“ingegneria istituzionale”, considerata roba da burocrati e legulei!
Già, ma nella “prima repubblica”? Milano ha offerto sindaci di ben altro livello culturale e politico; mentre la funzione dei partiti, certamente non privi di contraddizioni, teneva aperto il dibattito e alta la tensione verso prospettive di più ampio respiro.
Per Aldo Aniasi “bisogna organizzare un’area metropolitana alla quale tutti partecipano con uguali diritti su un piano di parità…” e per Carlo Tognoli “il tema della grande Milano e più in generale delle aree metropolitane è entrato nella fase delle proposte concrete” .
Resta un solo dubbio “nasce la grande Milano, metropoli o super comune?” (cit. da Walter Marossi).
Furono gli anni del PIM e del CIMEP. Una pianificazione di larga scala e uno strumento consortile per acquisire le aree destinate all’edilizia economico-popolare. Il territorio era ancora considerato un bene comune da utilizzare e/o salvaguardare per un interesse collettivo, prevalente su quelli particolari e privati. Tali erano i principi indiscussi e condivisi, per quanto non mancarono certo gli scivoloni e gli interventi a gamba tesa dei vari Ligresti e Cabassi.
In tempi più recenti i pochi sostenitori di un governo di vasta area, intermedio e sussidiario rispetto ai comuni ed alla regione, furono presto emarginati ed oscurati. Ricordo due nomi entrambi compianti: Felice Besostri, presentatore nel 2001 al Senato del Progetto di Legge “Norme speciali per la città di Milano” e Beppe Boatti, autore del saggio “L’Italia dei sistemi urbani” nel 2008. Interpreti integri di quella cultura ‘razionale critica’ nata proprio a Milano ma infine trascurata e stravolta.
Ora purtroppo regna il silenzio assordante di un ceto politico a sua volta sordo pure verso gli autorevoli richiami alla (sempre ossequiata a parole!) Costituzione di questa democratica Repubblica.
Valentino Ballabio
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