14 Ottobre 2025
L’INCHIESTA MILANESE
Spiegata a un marziano

Immaginiamo un nuovo gioco di società con cui trascorrere le ore nelle serate invernali: l’obiettivo, con premio finale, è provare a raccontare a un marziano a che punto è l’inchiesta sul ginepraio urbanistico-edilizio di Milano dal punto di vista giuridico. Dimenticate il pregresso, i precedenti storici, le inchieste degli ultimi decenni, le “mani sulla città”, il rito ambrosiano finito nel bidone dell’indifferenziato eccetera. La sfida è riuscire a spiegare a questo ipotetico essere proveniente da un altro mondo a che punto siamo arrivati con i capi d’accusa, chi secondo la Procura comandava e chi ubbidiva quando c’era (c’è?) da decidere, chi costruiva e dove, chi rilasciava i permessi comunali, chi ci guadagnava.
Tutte cose che il marziano non sa e non può sapere perché su Marte non arriva la tv, non c’è connessione internet – almeno non dovrebbe -, non si leggono i giornali e soprattutto perché a centinaia di milioni di chilometri di distanza (ChatGPT dice che non si può calcolare con precisione perché dipende dalle fasi delle rispettive orbite intorno al Sole) nessuno segue ciò che accade sul nostro pianeta, figuriamoci se interessano le questioni urbanistico-edilizie della Milano che si percepisce protesa verso il cielo. Lassù non importa nulla neppure della vendita di San Siro alle società di Milan e Inter, recentemente votata dal consiglio comunale tra grandi lacerazioni e polemiche sia all’interno della maggioranza, sia dell’opposizione. Il nostro marziano ignora tutto, perfetto caso di verginità cognitiva.
Allora cominciamo dai fatti di questi ultimi mesi. La Procura della Repubblica, che aveva da tempo messo sotto i suoi riflettori l’assessorato alla Rigenerazione Urbana – branca dell’amministrazione che deve governare il cambiamento di pelle della città, che a queste latitudini vuol dire soltanto una cosa, come vedremo -, muove i suoi pezzi sulla scacchiera ed emette alcuni provvedimenti che vanno a colpire vari obiettivi, tra assessorato di cui sopra, Commissione Paesaggio del Comune, architetti, consulenti vari. Le accuse sono corruzione, falso (false dichiarazioni) in atto pubblico, induzione indebita.
Tutte relative a nuove costruzioni o ristrutturazioni dell’esistente in alcune delle aree cittadine che sono già appetibili o che lo diventeranno più o meno presto. Un (nuovo) colpo al cosiddetto “modello Milano” che scatena uno tsunami di commenti, tutti della serie “credevamo di aver già visto e già dato tutto e invece…”, con qualche sfumatura che è andata ad aggiungersi al grande libro, il colore sceglietelo voi, del mattone milanese. Per alcuni scattano anche gli arresti (domiciliari), l’ombra del sospetto si allarga e si allunga sulle persone coinvolte e sui rispettivi ruoli.
Passa un po’ di tempo, non tantissimo per la verità, e il Tribunale del riesame dà l’impressione di voler smontare pezzo a pezzo l’inchiesta della Procura. Viene addirittura scarcerato (era ai domiciliari in custodia cautelare) il Grande Costruttore e con lui tornano in libertà gli altri indagati. È vero che l’indagine prosegue, ma i giudici del riesame rilevano che l’accusa di corruzione variamente declinata sia poco concreta, che il complesso delle mosse dalla procura sia confuso e addirittura “svilente e non corretta la semplificazione argomentativa del gip”. Significa che l’inchiesta ha subito uno stop e si è conclusa con un nulla di fatto?
Assolutamente no. Le indagini proseguono e alcuni degli indagati, pure se rimessi in libertà, rimangono tali. È a questo punto che per il marziano l’affare si complica, perché non riesce a capire se questa inchiesta, che ha fatto ripiombare Milano in un clima che si sperava ormai lasciato alle spalle, poggi su solide basi o se invece si tratti di uno dei numerosi casi in cui l’iniziativa di qualche magistrato inquirente fa tanto fumo per poi arrivare alla conclusione che l’arrosto non c’è, o se c’è non merita il can can mediatico che ha provocato.
Ecco, la difficoltà del passaggio sta proprio qui: far capire che quello che sembra un colpo di spugna del Riesame in realtà non ha fermato i vari filoni dell’inchiesta, ma ha soltanto invitato a rimodulare i livelli di presunta responsabilità delle persone finite nel mirino della procura, definendo meglio i capi d’accusa. In altre parole, bisogna – come spiegano gli esperti – trovare “contenitori giuridici” adeguati a quelli che i magistrati ritengono siano stati i reati di vario livello. È tutto chiaro? Il marziano dice di sì con un cenno della testa, ma si vede che è confuso, come dimostra la sua espressione sempre più simile a quella di mucca che guarda treno.
Intanto, tra ridefinizione del quadro accusatorio, ricorsi in Cassazione e superlavoro per il Riesame, i cantieri sono praticamente fermi e c’è addirittura chi propone un commissario ad acta. Forse, invece, per farli ripartire sarebbe più utile l’approvazione di un codice in grado di aiutare tutti – decisori pubblici e operatori privati – a muoversi con sicurezza nel groviglio interpretativo delle leggi che regolano settori come edilizia e urbanistica, fondamentali per lo sviluppo di una comunità.
Dimenticavamo di specificare che il premio riservato al vincitore di questo gioco è davvero interessante. Chi sarà riuscito a spiegare in modo chiaro all’uomo venuto dallo spazio gli aspetti giuridici di tutta la vicenda avrà diritto a un bonus per costruirsi un palazzo di dieci piani all’interno del suo cortile. Tutto già approvato, firmato e controfirmato da assessorati e commissioni competenti. Ma che non diventino undici o dodici in corso d’opera, altrimenti bisognerà ripartire dal via. O dalla Via, come preferite.
Ugo Savoia
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