14 Ottobre 2025

ROSSINI E LA SUA CENERENTOLA

Curiosità sull’opera in scena al Teatro alla Scala


Dal 6 al 19 settembre è andata in scena alla Scala “La Cenerentola”, il dramma giocoso in due atti musicato da Rossini su libretto di Jacopo Ferretti. Si tratta del consueto appuntamento annuale di Progetto Accademia, iniziativa che affida agli allievi dell’Accademia del Teatro alla Scala l’intero allestimento di un’opera lirica. Sono infatti allievi ed ex allievi i componenti dell’orchestra, del coro e del cast. Alle diciannove, prima di ogni rappresentazione, il musicologo Raffaele Mellace presenta nel Ridotto dei Palchi “A. Toscanini” un’introduzione all’opera. 

Lunedì 15, Mellace è stato affiancato in un interessante discorso divulgativo dal M° Gianluca Capuano, incaricato della guida musicale dell’allestimento. Nella conferenza sono emerse diverse peculiarità sull’autore dell’opera buffa. 

Lo stile compositivo di Rossini è, come noto, brillante, teatrale e pieno di vitalità. La sua musica è caratterizzata da ritmi incalzanti, melodie cantabili, orchestrazioni frizzanti e da un uso strategico del crescendo, soprannominato “rossiniano”.

L’autore era visto come un innovatore, quasi un alieno nel panorama lirico e compositivo generale del suo tempo: in alcune scelte ritmiche e armoniche ricorda addirittura Beethoven, per forza e modernità. Spesso nella sua musica si può individuare una cellula ritmica “protagonista” che, rielaborata in mille modi, diventa il fondamento dell’orchestrazione.

Nelle sue opere il linguaggio verbale viene superato dal gesto, dal suono, da versi animaleschi o suoni onomatopeici. Si pensi al gallo nel Barbiere di Siviglia e agli animali nella Cenerentola dove, ad esempio, l’orchestra, quasi ad ogni entrata di Don Magnifico, esegue l’imitazione del raglio, conferendo in tal modo dell’”asino” al Barone di Montefiascone. Nell’italiana in Algeri si raggiunge un punto così alto di caos che i personaggi smettono di usare la parola ed interagiscono a versi.

Addirittura Hegel, nell’Estetica, fa riferimento a Rossini accostandolo alla Metafisica. “Per Rossini spesso il comico sfiora il surreale, trasformando il palco in uno zoo e l’opera in un vero e proprio teatro dell’assurdo” Gianluca Capuano.

 “La comicità rossiniana si fonda sul paradosso: l’ordine nasce dal caos. Rossini compone proprio il caos, ma lo fa con una matematica interna precisissima. Il mondo è ingarbugliato, le passioni si intrecciano, i desideri si scontrano, ma la musica li tiene insieme. Rossini mette in musica la polifonia dell’umano, in cui ogni voce ha un’identità e una direzione, ma si perde nel flusso dell’intreccio sociale.” Giacomo Gatti

LA CENERENTOLA

La storia di Cenerentola ha origini molto antiche e si è evoluta nel tempo attraverso molte culture, mantenendo però elementi fondamentali comuni: una giovane maltrattata dalla famiglia, un evento magico e un riconoscimento finale, che porta alla rivincita della fanciulla. La versione più antica giunge dalla Cina del IX secolo, fino ad arrivare a quella dello scrittore seicentesco francese Perrault, che ha reso famosa la vicenda a livello europeo.

Il riferimento principale è infatti alla favola di Charles Perrault, soprattutto per ragioni morali. A differenza di alcune versioni più aspre e violente del racconto, lo scrittore francese enfatizza, nella sua favola, gli elementi del perdono e della virtù, valori molto vicini alla sensibilità del tempo e certamente graditi al vaglio Pontificio. Sullo sfondo della vicenda, però, fa capolino una società degradata, calata a pennello nell’atmosfera romana di quegli anni, pervasa dalla corruzione, da una nobiltà decadente e scialacquante, da gravi disagi tra i ceti sociali più poveri.

Sotto le spoglie di un buonismo, obbligato dalla pesante censura pontificia, si intravede la lettura sarcastica di una fiaba amara più che zuccherosa. Vittime della censura sono anche l’elemento magico, sostituito dalla bontà e compassione, la scarpetta, sostituita da due bracciali identici (il piede nudo fece scandalo con Maria Callas negli anni cinquanta, e nell’Ottocento non era nemmeno considerato).

CAST del 15/09/2025
Don Ramiro         CHUAN WANG
Dandini                 SUNG-HWAN DAMIEN PARK
Don Magnifico      MARCO FILIPPO ROMANO
Clorinda                MARIA MARTIN CAMPOS
Tisbe                    DILAN SAKA
Angelina               AYA WAKIZONO
Alidoro                 HUANHONG LI

L’impegno profuso nella realizzazione di quest’opera è stato senza dubbio notevole, tanto sul piano musicale quanto su quello scenico. Il direttore ha guidato l’orchestra con grande maestria e, a suo avviso, con una lettura più storicamente consapevole della partitura rossiniana. Tuttavia, la scelta di tempi molto sostenuti ha messo in difficoltà i cantanti, che talvolta non sono riusciti a tenere il passo, sacrificando così nitidezza e chiarezza nell’esecuzione vocale. 

Degno di nota è stato l’impegno dei cantanti orientali nel tentare di imitare il modo “tutto italiano” di gesticolare e recitare, sforzo che, sebbene encomiabile, ha prodotto momenti di goffaggine. In un contesto sicuramente molto più brillante rispetto alla prima dell’opera, ha colpito l’esibizione di Marco Filippo Romano, a riconferma della sua levatura in qualità di interprete. Grande ilarità è stata scatenata dal basso continuo che, in seguito alla battuta “Io tengo in corpo una segreteria”, ha eseguito il tema di una famosa suoneria telefonica, confermando quanto il moderno e l’antico possano fondersi in modo elegante e nel contempo giocoso.

La Cenerentola, pur nella sua veste comica e leggera, si rivela un’opera dal forte valore simbolico. La protagonista incarna un ideale di bontà che non si piega all’odio, ma che anzi lo disarma con la dolcezza e il perdono. In un mondo scenico popolato da inganni, apparenze e meschinità, è proprio Cenerentola a farsi pacificatrice, rivelandosi capace di ricucire gli strappi attraverso la sua umanità. La sua ascesa sociale non è frutto di magia, ma di virtù interiori: pazienza, intelligenza e compassione. 

Così Rossini trasforma una fiaba in una parabola morale in cui il vero riscatto, lungi dall’essere solo il lieto fine, è la vittoria del Lume della Bontà su qualsiasi forma di prepotenza. Un messaggio che, nel tempo, ha conservato e conserva tutt’ora intatta la sua forza. 

Jacopo Enrico Scipioni



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