2 Settembre 2025
SAN SIRO, DEMOLITO O NO: IL GIUDIZIO QUALITATIVO È SOLO BUROCRATICO
Qualità, una parola desueta
2 Settembre 2025
Qualità, una parola desueta

Siamo di fronte a un rebus, oltre ogni logica (razionale): se la data di fine lavori fosse il settembre 1955 l’edificio di proprietà pubblica sarebbe a giorni “ope legis” vincolato, perché con più di 70 anni, quindi non demolibile (salvo una lunghissima procedura speciale che dichiarando la mancanza di valore potrebbe svincolarlo) o se la fine lavori fosse il novembre 1955, da qui a un paio di mesi, il comune può venderlo a privati (Milan e Inter, società di proprietà estere, che indebitate per un miliardo, non si sa quali garanzie potranno dare per l’acquisto), togliendo il vincolo della proprietà pubblica, e lo stadio sarebbe demolibile.
Quindi è la differenza di un paio di mesi sulla ultimazione – su cui peraltro si discute – che decide il valore dell’edificio? se è di settembre ha valore e si conserva e se è di novembre non vale ed è demolibile ??? ma che criterio è? Non voglio considerare le polemiche sui costi e rischi della demolizione, sulla stima delle aree pubbliche che verranno vendute, sui due stadi alternativi nei comuni limitrofi, e altro, tutte considerazioni magari motivate, resto al giudizio sulla qualità dell’edificio
Si tratta del più importante dibattito in città da anni: la discriminante burocratica di 60 giorni o meno decide del valore architettonico di uno dei più importanti e rappresentativi edifici milanesi?? Non aspettiamoci che l’amministrazione della città partecipata, che vuole far fare l’operazione immobiliare ai due soggetti citati (e altri con loro?), voglia promuovere ora un referendum – non fatto negli anni! – per conoscere il parere dei cittadini che a decine di migliaia hanno frequentato lo stadio, per carità, non si può perdere un momento, mica allargare alla partecipazione.
Così l’inaugurazione delle Olimpiadi invernali, inizio 2026, avverrà nello stadio scelto per la sua rappresentatività, sapendo tutti che è un giudizio estemporaneo “non c’era di meglio”, infatti è “da demolire”: altro che gelo invernale, con figuraccia davanti al mondo – vedremo i titoli dei giornali stranieri! e la finale di una qualche coppa di calcio prevista per il 2027 dove la mandiamo?
Con la maggioranza del comune che vuole venderlo e farlo demolire, i cittadini non ascoltati, senza un parere di saggi, architetti, critici (una commissione giudicante mai nominata, come si fa per i concorsi di architettura, vedi magazzini Scala e Beic), o la nota commissione paesaggistica che proprio per il suo ruolo di giudice qualitativo – ambientale – territoriale doveva essere interpellata su questo progetto, rimane la Soprintendenza, che nel vuoto generale, mi sembra sia l’unica che avrebbe ora il titolo per farlo, che non si è pronunciata definitivamente sul valore in sé dell’edificio.
Sembra aspettare la data supposta di ultimazione, e non può o vuole applicare un vincolo indipendente dalla data di ultimazione, coinvolta da almeno due anni a farlo, e forse da un decennio dal dibattito sul tema? Giuro che non capisco, non riesco a capire, anzi non vorrei proprio dover capire queste diciamo logiche senza senso comune: voglio credere in un paese in cui gli enti preposti si prendono le proprie responsabilità.
Certo che se la procedura burocratica può fare a meno di valutazioni qualitative, e vale il criterio proprietà pubblica o privata, potrebbe essere applicata a molti altri casi: gli edifici di Terragni e Bottoni, Tange e Ando, e molti altri, che la città apprezza, sono privati, quindi demolibili, perché no, se sostituibili con grattacieli, basta trovare chi finanzia (e a Milano pare ce ne siano molti) e il Pirelli che è del 1960, se la Regione lo vendesse a un privato, facendo un bell’affare, sarebbe demolibile, o almeno ampliabile, sopralzabile, modificabile: pensiamoci,….se non c’è logica che tenga la fantasia economica può essere molto propositiva.
Paolo Favole
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