8 Luglio 2025

COSA STA SUCCEDENDO ALLA MUSICA NEL NOSTRO PAESE

La musica classica sta morendo?


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Nel panorama musicale contemporaneo, si assiste a un fenomeno tanto evidente quanto preoccupante: la progressiva marginalizzazione della musica classica di fronte alla incontenibile avanzata della musica pop, sempre più dominante nei gusti del pubblico e nella cultura di massa. Questo squilibrio non è solo una questione di stile o preferenze, ma riflette un cambiamento profondo nella società e nel modo in cui si fruisce la musica. Il risultato è un pubblico della musica classica che appare sempre più anziano, ridotto numericamente e culturalmente isolato, con gravi implicazioni per la sopravvivenza di una tradizione millenaria.

Il problema della musica classica oggi non è la sua attualità, ma la sua fruizione. È come un grande libro scritto in una lingua che nessuno si prende più la briga di insegnare. La musica classica non si è adattata ai nuovi linguaggi della comunicazione e il pubblico, non avendo le chiavi per comprenderla, la percepisce come distante, fredda, inaccessibile. Ma la verità è un’altra: la qualità di un componimento musicale trascende il genere in cui si situa. Una cosa bella è bella per sempre, e per tutti, se solo si offre alle persone il contesto per capirla.

Spesso basterebbe spiegare un brano prima di eseguirlo, raccontare in modo semplice cosa si sta per ascoltare, quali emozioni o idee vi sono contenute, come ascoltarlo. È sufficiente “aprire una porta”  invece che suonare per un pubblico già esperto o, peggio, rassegnato.
“Viaggio nella musica sinfonica” con il maestro Fabio Sartorelli – Fondazione Bracco.

La musica classica non è stata solo ignorata: in molti casi si è autodistrutta, smarrendo la propria identità nel tentativo di compiacere un pubblico generico. Si è assistito all’esclusione di grandi compositori contemporanei – troppo difficili, troppo colti, troppo “fuori moda” – a favore di programmi ruffiani, costruiti su medley, versioni ridotte o contaminazioni, che nulla aggiungono e molto tolgono.

Così facendo si è trasmesso un messaggio pericoloso: che la musica classica, per essere ascoltata oggi, debba per forza diventare altro. Ma ciò che occorre davvero non è semplificare l’opera, bensì rendere più competente e coinvolto l’ascoltatore.

All’estero la musica classica italiana è un tesoro ammirato, studiato, celebrato. Dalla Francia alla Germania, dagli Stati Uniti al Giappone, le opere di Verdi, Puccini, Rossini e Vivaldi, sono colonne portanti dell’identità culturale europea. Le nostre orchestre e i nostri conservatori, quando valutati da occhi stranieri, sono percepiti come templi della musica d’arte.

In patria, però, manca la consapevolezza del valore che custodiamo. L’Italia ha smesso di difendere la propria identità musicale, schiacciata da una visione sempre più commerciale della cultura e da una classe dirigente poco sensibile alla formazione estetica dei cittadini. I giovani italiani conoscono più facilmente i nomi dei finalisti di un talent show che quello di Arturo Benedetti Michelangeli o di Luciano Berio.

Una delle poche vie attraverso cui la musica classica ha continuato a vivere nel cuore della società è il cinema. Le grandi colonne sonore di Ennio Morricone, Nino Rota o John Williams non sono altro che estensioni moderne dell’opera sinfonica. Hanno saputo trasportare l’immenso potere emotivo dell’orchestra in un linguaggio visivo-narrativo accessibile, universale.

Il cinema ha svolto – e potrebbe svolgere ancora – un ruolo di ponte tra classico e contemporaneo, offrendo al pubblico un’esperienza emotiva forte, che prepara all’ascolto musicale anche fuori dalla sala cinematografica.

In un’epoca dominata dalla velocità e dal consumo musicale istantaneo, la musica classica sembra lentamente scomparire dal panorama culturale italiano. Non perché abbia perso la propria grandezza o il suo valore, ma perché noi abbiamo smesso di riconoscerlo. Mentre all’estero la nostra storia musicale viene ammirata con entusiasmo e rispetto indescrivibili, in Italia sembriamo aver dimenticato chi siamo anche musicalmente.

Le sale da concerto si svuotano, i giovani faticano ad avvicinarsi a questa forma d’arte, e i conservatori – le istituzioni preposte alla sua tutela – si muovono in modo disorientato: da un lato chiusi in un’accademia autoreferenziale, dall’altro troppo aperti al compromesso, svuotando di rigore e contenuto ciò che dovrebbero difendere. Il Ministero ha unificato diversi settori disciplinari ed ha inserito nuove discipline, non soltanto musicali,  senza avere percezione di creare così una serie di grandi problematiche: mancanza degli spazi, preparazione dei docenti, per i quali è stato radicalmente modificato il sistema di reclutamento, generando infinite ingiustizie e disparità, difficoltà di gestione di nuovi apparati che davvero ben  poco hanno a che vedere con ciò che erano prima i Conservatori di Musica, necessità di trovare finanziamenti adeguati che consentano il sostentamento delle nuove attività.

I finanziamenti rivolti all’attività concertistica in Italia sono irrisori, lontanissimi da tutto ciò che avviene nel resto dell’Europa, a cui ci si vuole a tutti i costi uniformare … soltanto per ciò che fa comodo!

Jacopo Enrico Scipioni



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  1. Targetti UgoUn’analisi dotta ed illuminante. Trovo ottima l’idea di imporre l’etichettatura alla musica. Vorrei aggiungere un mio commento dettato più dall’indignazione che da un’analisi critica, rigorosa come quella dell’articolo di Jacopo Enrico Scipioni. Viviamo ormai sommersi in un profluvio sonoro insopportabile: “musica “ al bar, nei ristoranti, nei negozi che riversano suoni anche in strada; nei supermercati; in metropolitana, nei parchi; “musica” dai chioschi di bibite; “musica” dei concerti estivi all’aperto fino a tarda notte; suonatori di bonghi imperterriti e indisturbati dalle “autorità”; suonatori di strada dotati di casse acustiche. “Musica” alle manifestazioni sportive: “musica” a tutto volume dalle automobili o da appartamenti di vicini. “Musica” in spiaggia, “musica” in piscina. La costante di questo liquame sonoro è un ossessivo martellare delle percussioni e dei bassi; spesso l’unico suono che giunge alle orecchie in un indistinto rumore dove “musica”, voci ed altri suoni si confondono. Mai musica classica di sottofondo; meglio così la rovinerebbe. Le persone sono assuefatte, non protestano, forse non la sentono più neanche la “musica” di sottofondo. Ho incontrato giovani che hanno bisogno di questo costante martellante sottofondo, come una sorta di droga sonora. Talvolta al ristorante chiedo almeno di abbassare il volume della “musica” (non oso chiedere di spegnerla): mi guardano sorpresi e seccati. Un profluvio sonoro che mi ha tolto il piacere della musica vera; preferisco ormai un po’ di silenzio. Eppure la musica mi piace moltissimo, in particolare quella classica, ma non solo; espressone massima dell’ingegno umano dove costruzione razionale, capacità emotiva, espressione di valori, si intrecciano. Ognuno a casa sua senta la musica che vuole, ma la “musica” che investe l’etere pubblico andrebbe regolata per legge, anche in termini di qualità. Nei locali pubblici e persino nei parchi il fumo è stato vietato come fattore inquinante e insalubre. Perché nello spazio pubblico devo essere sottoposto a “”musica” che reputo orrenda, mi infastidisce e mi provoca un disturbo psichico? So che chiedere di proibire la musica negli spazi pubblici è una battaglia persa, ma regolarla rigorosamente in termini di volume e anche di qualità con il metodo dell’”etichettatura” proposto da Scipioni, sarebbe un segno di civiltà.
    10 Luglio 2025 • 09:19Rispondi
  2. Targetti UgoHo sbagliato: il mio commento era rivolto all'articolo di Papi Salonia, ma non è del tutto fuori luogo anche in relazione all'articolo di Scipioni
    10 Luglio 2025 • 09:26Rispondi
  3. Cesare MocchiMa vogliamo parlare anche della fine che hanno fatto le arti figurative (pittura, scultura)? Una tradizione che durava da decine di migliaia di anni (penso alle meravigliose pitture murali della grotta di Chauvet) di fatto sparita nel Novecento. Non è quindi solo un problema di musica... (sulla quale ricordo una stupenda vignetta di Robert Crumb - il noto disegnatore underground americano - che odiava la musica pop e che confronta il passato, quando la gente suonava e cantava, con il presente, con la gente che ascolta inebetita la musica assordante che esce da un altoparlante).
    10 Luglio 2025 • 12:53Rispondi
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