8 Luglio 2025

CITTÀ FRAGILI, TERRITORI VULNERABILI, AMBIENTE PROVATO

Una cultura del sottosuolo


Copia di Copia di ARCIPELAGO MILANO (2)

È sotto gli occhi di tutti il deteriorarsi progressivo del nostro paesaggio urbano e rurale: piogge torrenziali, fiumi che straripano, infrastrutture congestionate, aria irrespirabile, aree verdi ridotte all’osso. Milano ne è testimone: bastano poche ore di temporale perché il Seveso o il Lambro travolgano quartieri. Ma Milano non è sola. Lo stesso accade a Firenze, Bologna, Pisa, Lodi. Le nostre città si scoprono impreparate, impermeabili, incapaci di reggere la pressione del cambiamento climatico e dell’urbanizzazione disordinata.

Vogliamo riscoprire il sottosuolo: una risorsa invisibile? Nel cuore di Parigi il sottosuolo è già una seconda città: metropolitane, cave storiche, cantine, gallerie, rifugi e locali notturni convivono con disinvoltura. Da noi, invece, il sottosuolo resta in gran parte un “non luogo”, utilizzato solo per alcuni servizi essenziali o trascurato. Eppure il sottosuolo rappresenta la più grande riserva di spazio ancora disponibile nelle città europee. Un’urbanistica lungimirante dovrebbe finalmente includerlo come risorsa chiave per la sostenibilità e la resilienza urbana.

Oggi, la scienza e la tecnica ci mettono a disposizione strumenti di scavo, consolidamento e modellazione digitale che permettono di progettare nel sottosuolo in sicurezza, anche in contesti fragili o paesaggisticamente vincolati. Un esempio virtuoso è il laboratorio del Gran Sasso, scavato sotto la montagna per motivi scientifici e ambientali, o le centrali elettriche sotterranee realizzate da Enel. All’estero, la torre per telecomunicazioni di Norman Foster sul Montjuïc di Barcellona (1992) o la stazione radio di Aflenz in Austria, costruita mimetizzandosi nel paesaggio, dimostrano come sia possibile conciliarsi con la natura, anche costruendo.

È urgente, a mio parere, costruire una cultura del sottosuolo: non solo ingegneristica o tecnologica, ma anche civica, ambientale, ecologica. Si tratta di trasferire nel sottosuolo funzioni che congestionano il soprassuolo, come parcheggi, strade, trasporti pubblici, centri commerciali, servizi, reti energetiche e di telecomunicazione. E di farlo non in modo improvvisato, ma all’interno di una pianificazione integrata, che consideri il sottosuolo parte dell’ecosistema urbano, con una mappatura precisa e pubblica degli spazi, delle profondità e delle fragilità.

Un simile approccio consentirebbe anche di restaurare il paesaggio urbano e rurale, restituendo spazi aperti, zone verdi, aree golenali, e attenuando l’impatto delle alluvioni. Un progetto pilota in questo senso è il “Piano di laminazione del Seveso”, ancora in fase di sviluppo, che punta alla creazione di bacini di contenimento per le piene. Ma serve uno sforzo coordinato su scala regionale, che coinvolga tutti i comuni attraversati dai corsi d’acqua.

I nuovi strumenti tecnologici — GIS, digital twin urbani, sensori IoT, scavo controllato — permettono oggi una conoscenza profonda e dinamica del sottosuolo, e la possibilità di gestirlo in modo efficiente e sicuro. Paesi come la Svizzera o la Norvegia hanno sviluppato catasti tridimensionali del sottosuolo, usati da ingegneri, urbanisti e amministratori per progettare interventi e monitorare il rischio idrogeologico.

Anche in Italia esistono esperienze promettenti. Il progetto “Underground Building in Urban Areas” sviluppato dal Politecnico di Torino, così come il lavoro del Cocis (Comitato Città Sotterranea) in Val Seriana, mostrano quanto il tema sia maturo. Serve però un cambio di passo politico e culturale. Serve il coraggio di guardare sotto, per migliorare ciò che abbiamo sopra.

Così penso e propongo alcune norme per una città resiliente:

  1. Pianificazione urbanistica sotterranea integrata, con mappatura 3D pubblica del sottosuolo urbano.
  2. Recupero ecologico dei fiumi urbani, con restituzione delle golene e creazione di bacini sotterranei per contenere le piene.
  3. Incentivi all’uso del sottosuolo per parcheggi, mobilità, servizi pubblici e commerciali, per liberare il soprassuolo e restituirlo al verde e ai cittadini.
  4. Sviluppo di una normativa nazionale sullo sfruttamento sostenibile del sottosuolo urbano, anche in funzione climatica e ambientale.
  5. Educazione e divulgazione per far crescere una cultura del sottosuolo: mostrare, raccontare, rendere visibile ciò che è invisibile ma fondamentale.
  6. Cooperazione tra scienza, urbanistica, architettura e amministrazione per una visione unitaria e lungimirante del territorio.

Amare la città significa conoscerla anche sotto. Una città sana, resiliente, vivibile è quella che sa convivere armoniosamente con il proprio ambiente naturale e costruito, sopra e sotto terra. Il sottosuolo non è un deposito, un rischio o un vuoto: è una risorsa strategica, oggi più che mai. Pensarlo, progettarlo e tutelarlo significa prevenire disastri, migliorare la qualità della vita e dare respiro a città sempre più soffocate.

Ripensare la città dal sottosuolo è una sfida visionaria, ma necessaria. E, forse, la più concreta delle rivoluzioni urbane possibili.

Carlo Lolla



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