13 Maggio 2025
IL MINIMO SALARIALE
Negare la realtà

In Italia esiste la piaga sociale dei salari. In Europa siamo il fanalino di coda. Non lo dico io. Il Rapporto mondiale sui salari è stato presentato a Roma il 24 marzo 2025. Lo ha presentato l’Organizzazione Internazionale del Lavoro (OIL) di Ginevra. Dati incontrovertibili.
Negli ultimi 17 anni i salari reali italiani hanno accumulato la contrazione più elevata. Ma davvero? Il riferimento è alle economie avanzate del G20 e lo dicono fonti autorevoli. Meno 8,7% percentuali. Lasciatemi ora citare un articolo pubblicato dal quotidiano La Stampa, in prima pagina il 6 aprile 2025.
L’autore è Mattia Feltri, figlio del celebre Vittorio Feltri, giornalista, saggista, politico ed opinionista. Mattia Feltri è stato sponsorizzato all’inizio della sua carriera, da Massimo Gramellini. Sarà un caso. Gramellini nel 2017 lascia La Stampa e va al Corriere della Sera. Feltri eredita la sua rubrica “Buongiorno”. Mattia Feltri commenta negativamente la manifestazione dei 5 Stelle contro la guerra. E diventa un filosofo.
“Un politico di media levatura ed un elettore di qualche maturità dovrebbero partire dal presupposto che l’unico modo di affrontare un problema è sapere di non poterlo risolvere. È impossibile abolire la povertà, impossibile cancellare la corruzione, impossibile raggiungere l’uguaglianza. Sono obiettivi di portata evangelica.”
A Mattia Feltri va bene il mondo che abbiamo, con i privilegi che gli garantisce. È nato benestante. Mortacci sua.. L’arroganza con la quale questo uomo ti sbatte in faccia una realtà che grida vendetta, è davvero deplorevole. Diventano lecite la povertà e le disuguaglianze. Per lui, nessuna battaglia di liberazione dell’uomo può avere un senso. Ci sono problemi che non si possono risolvere e lui è profeta della verità. Affidiamo ogni illusione a chi crede al vangelo.
Ho citato non a caso l’articolo di Mattia Feltri, perché è il prodotto politico e culturale con cui dobbiamo fare i conti oggi. Oggi nel nostro Paese, si registra un massiccio spostamento di ricchezza dal lavoro al capitale, speculando sulla rendita. Il forte indebolimento del potere contrattuale dei lavoratori e delle Organizzazioni Sindacali ha consentito lo strapotere. Oggi il mantra dominante è il seguente: più libertà per le imprese, meno diritti per i lavoratori e assolutamente meno Stato.
Tutto ciò ha una profonda matrice ideologica. Ma viene presentato come una risposta naturale, oggettiva, valida per tutti. La supremazia del mercato, della finanza e della rendita, favorendo l’ascesa delle attività speculative, mai da ostacolare. Ve lo ricordate l’acronimo TINA (Non c’è alternativa) al capitalismo, coniato dal primo Ministro inglese Margaret Thatcher?
Perché mai ad esempio, tassare gli extra profitti di banche, assicurazioni e grandi imprese? Qualcuno avanza critiche? È molto più semplice tassare i redditi da lavoro e le pensioni. Quelli non scappano mai. Ma va fatto con discrezione… Si critica Trump con i suoi dazi e sono d’accordo che sia un pazzo scriteriato, ma da che pulpito arriva la predica?
Esiste uno stretto rapporto tra la crisi che ha investito il mondo del lavoro e la finanziarizzazione dell’economia. Eccolo. Una volta, i padroni investivano i loro profitti per creare nuove attività produttive. Oggi si investe in Borsa. È il presente.
E quando un’impresa annuncia tagli o delocalizzazioni, i guadagni in Borsa crescono. Questo è ciò che conta e null’altro. A chi potranno mai interessare quei lavoratori che verranno messi in cassa integrazione o addirittura licenziati? A nessuno.
Queste politiche di liberalizzazione hanno prodotto effetti devastanti sull’assetto democratico dell’intera società. Eccoli. Le politiche subalterne all’economia, con il mantra che prima citavo, producono concentrazione del potere ed abusi vari.
Tutto ciò produce effetti profondi nei comportamenti delle persone. Prevale l’adattamento passivo che induce obbedienza. Obbedienza verso i poteri forti e la perdita di cognizione di essere cittadini portatori di diritti fondamentali. È fondamentale. Queste dinamiche ciniche e perverse si ripercuotono poi sulla maggioranza di un popolo. Una maggioranza con poca voce. Che si deve accontentare delle condizioni di vita che vengono imposte dai più ricchi, dai più potenti. Diventa sottomissione.
Queste profonde diseguaglianze rischiano di minare a fondo la solidarietà sociale. Ecco avanzare la disgregazione sociale. Aumentano i conflitti sociali tra chi ha pochi diritti e chi non ne ha affatto, i nativi contro i migranti, i migranti fra le varie etnie. Si innesca così una “guerra tra poveri” che semina inevitabilmente delle vittime. Questo disastro minerà la convivenza civile.
Il 26 marzo 2025 l’ISTAT ha pubblicato il report sulle condizioni di vita e reddito delle famiglie italiane nel biennio 2023-2024. Sta avvenendo ormai da alcuni anni, uno scivolamento verso il basso di ampi settori del cosiddetto “ceto medio”. Cresce contemporaneamente l’area di lavoratori che sono considerati a basso reddito. È pari al 21% del totale dei lavoratori. Aumentano anche i “working poor” che si attestano al 10,3% del totale dei lavoratori italiani. Sono esigui i ” working rich”.
La crisi salariale italiana ha subito un’accelerazione a partire dai primi anni 90. Ciò avvenne per un motivo assai pregnante. La regolazione delle relazioni industriali, avviata nel biennio 1992-93. Proprio nel 1992 viene abolita anche la Scala Mobile. Sono gli anni in cui prende corpo il “sindacato della concertazione”. L’abolizione della Scala Mobile si rivelerà una tragedia. CGIL CISL e UIL accettarono la moderazione salariale in cambio di un ruolo nelle scelte di politica economica. Non andò così.
I fatti ci dicono che questo ruolo non è mai stato esercitato con successo. Considero questa scelta un errore madornale. Questa strategia avrebbe dovuto mitigare il conflitto tra capitale e lavoro, con riforme che favorissero la politica economica. In realtà, le scelte continuarono a farle i padroni ed i lavoratori persero sempre più, il loro potere contrattuale precedente.
È a partire dagli anni 90 che inizia il ricorso alle esternalizzazioni nei servizi pubblici. Massicce le riduzioni del personale. Sono gli anni in cui si sperimenta la scomposizione delle grandi fabbriche. Le Fabbriche piccole sono più facili da dominare.
L’economista Biagio Quattrocchi spiega molto bene cosa avvenne nel periodo 2009-2012. Un disastro per i salari reali. Nel suo articolo pubblicato su “Pressenza” del 6 aprile 2025, ci racconta dello Schwarze Null (pareggio di bilancio). Il capolavoro che l’allora Ministro delle Finanze tedesco Wolfgang Schauble impose all’Europa. Solo politiche di austerità. Il professor Quattrocchi ci ricorda che furono la Grecia e l’Italia a pagare il prezzo più alto di queste politiche di austerità.
L’altro periodo che cita Quattrocchi è stato quello tra il 2022 e il 2023, quando la crisi inflattiva ha impoverito i salari italiani. Un contesto dove dominano i ritardi nei rinnovi contrattuali. Una logica che ha preso piede. Le scadenze sono un optional. A fine dicembre 2024, l’ISTAT rilevava che la metà dei dipendenti privati aveva un contratto collettivo di lavoro scaduto.
Stiamo assistendo ormai da anni ed è a mio avviso anche frutto della politica concertativa, ad un fenomeno macroscopico. Il costante indebolimento della contrattazione collettiva, riduce la partecipazione e la democrazia nei luoghi di lavoro. Concentra il potere nelle mani dei più forti e impedisce un’adeguata difesa del reddito delle persone. Nel frattempo che cosa è accaduto alle imprese? Voglio riportare un recente rapporto fornito dal centro studi di Mediobanca. Nel periodo che va dal 2013 al 2022, le medie imprese industriali italiane hanno avuto in incremento di profitti del 96,8%.
Ho voluto fornire alcuni elementi di riflessione, per comprendere meglio il perché i salari italiani sono ormai un’emergenza. Certamente sarebbe già un importante passo avanti, l’introduzione anche da noi di un salario minimo legale. Fantascienza? Ma ancor di più, occorre un meccanismo che tuteli in automatico, l’aumento del costo della vita. Si chiamava Scala Mobile. Un meccanismo di rivalutazione automatica delle retribuzioni che venne introdotto nel 1945 e venne poi abolito nel 1992.
Tra i Paesi dell’Unione Europea, questo meccanismo di salvaguardia dei salari continua ad esistere in Belgio e Lussemburgo. Proprio il 7 marzo 2025 il sindaco di Roma Gualtieri ha voluto esprimersi nel merito, durante un convegno sull’economia.” Io non sono un economista, ma gli economisti ci avevano spiegato che quando c’è la scala mobile il Paese è destinato al collasso. Ma il Belgio non appare un Paese poco competitivo, eppure ogni fine anno c’è l’adeguamento dei salari.”
Non proprio una voce nel deserto, perché anche Rifondazione Comunista, Sinistra Italiana e settori sindacali la rivendicano. Ma per il resto dell’attuale quadro politico italiano, l’argomento rimane un tabù, perché innescherebbe una contrapposizione. Chi dovrebbe farsi carico dell’adeguamento salariale? Lo Stato per i pubblici ed il padrone privato per gli altri lavoratori. Significherebbe mettersi le mani in tasca e ridurre di un po’ i propri profitti. Un costo aggiuntivo per lo Stato. Una bestemmia.
Lasciatemi concludere, rinfrescando la memoria ai tanti politici che hanno giurato su questa Costituzione. Articolo 36: ” Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé ed alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa.”
Danilo Tosarelli
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