14 Gennaio 2025

UN SOCIALISMO MILANESE A TRAZIONE FEMMINILE ED EBRAICA

In margine alla mostra su Anna Kuliscioff a Palazzo Moriggia


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Il centenario della morte di Anna Kuliscioff viene celebrato con una bella mostra a Palazzo Moriggia sede del Museo del Risorgimento promossa e curata dalla Fondazione Kuliscioff e dall’infaticabile Marina Cattaneo, unitamente a convegni di approfondimento che si svolgeranno durante tutto l’anno nelle diverse città italiane dove la Kuliscioff è vissuta.

472724809_10234675252639750_624652432440650709_nNata a Simferòpoli in Crimea forse il 9 gennaio 1854, Kuliscioff era figlia di una ricca famiglia di commercianti ebrei e il suo vero cognome era Rozenštejn. 

Dal 1871 al 1873 risiede in Svizzera dove sposa un giovane attivista politico populista di origini nobili, Peter Makarevičun di cui si perderanno le tracce dopo essere stato arrestato e spedito in Siberia, rientrata in Russia partecipa attivamente a gruppi antizaristi tra gli altri conosce Leo Gregorovich  Dejč, tra i fondatori del partito socialdemocratico russo che alla morte di Anna, scrive sul «Jewish Daily Forward» l’articolo La strana e burrascosa vita di una splendida ragazza ebrea di Sinferopoli.

Ricercata e con un mandato di arresto, dalla Russia dove non tornerà più, fuggirà di nuovo in Svizzera, ma viaggiando molto (Francia, Italia), cambiando anche il nome in Kuliscioff.

Nel 1877 a Parigi incontra Andrea Costa. 

La Kuliscioff era descritta così da Paolo Valera: “Con una testa da madonna, la carnagione bianca, imporporata di salute, con le trecce lunghe, d’un biondo luminoso, per le spalle, essa faceva pensare alle graziose figure dei preraffaelliti» e l’anarchica Luisa Minguzzi con cui condivise la galera a Firenze «Tutti al vederla se ne innamoravano follemente. Ella fece degli infelici. […] Infine, ella non poteva far felici tutti coloro che se ne invaghivano! Non era colpa sua se aveva un modo di guardare e più quel colore strano delle pupille, quelle rose diffuse sotto la pelle”.

Tra Costa e Kuliscioff nasce un amore e nasce anche una figlia Andreina. 

Dalla fine di settembre del 1878 al novembre del 1879 la Kuliscioff è in galera a Firenze per “sovversivismo”, non è l’ultimo suo passaggio nelle patrie galere vi tornerà a Milano nel 1898, da lì tornerà in Svizzera iscrivendosi alla Facoltà di medicina, studi che proseguirà poi in Italia all’università di Napoli dove nell’84 conosce Filippo Turati. La possibilità della Kuliscioff di iscriversi a medicina sarà oggetto di una battaglia burocratica durata anni in almeno 4 università italiane.

Nella primavera del 1885 è a Torino: la sua breve permanenza nella città della Mole è segnata dalla conoscenza e frequentazione di Cesare Lombroso e delle sue figlie. A Torino tornerà anche nell’autunno 1886, assistente alla clinica ostetrica dell’Ateneo.

472889934_903224768667599_3279112344567513708_nCosì racconta Gina Lombroso dell’incontro con Anna Kuliscioff: “Era venuta a Torino la dott. Anna Kuliscioff una delle prime e più ardenti socialiste femministe che fossero entrate in Italia. Ci era stata presentata da Turati e siccome era sola a Torino a perfezionarsi in ostetricia, veniva quasi ogni giorno da noi. La mamma le aveva fatto promettere che non ci avrebbe parlato né di socialismo, né di femminismo e lei non ce ne parlava; ma a delle ragazze di 15 o 16 anni non c’è bisogno di parole. Avevamo letto e tradotto una quantità di libri sul nihilismo, conoscevamo la Russia da lontano come un paese favoloso. La Kuliscioff era la prima donna che ci prendeva sul serio, tutte cose fatte per innamorarci di lei”.

472973004_18485457895051497_5822029117418364717_nFrequenta l’università di Pavia in particolare il laboratorio di patologia generale di Golgi, nonostante svariati tentativi di impedirgli l’iscrizione all’università, dove conferma il suo interesse per la ginecologia e intraprende un lavoro di ricerca sull’eziologia della febbre puerperale.

Come scrive Francesca Zazzera nel periodo di frequenza nel laboratorio di Golgi, scoppia un vero ‘caso Kuliscioff’ nell’ateneo: Anna si trova ad essere, suo malgrado, oggetto della ‘contesa’ tra due studenti, Monti e Broglio, che si sfideranno per lei in duello.

Achille Monti è allievo del Collegio Ghislieri; è uno studente brillante, che ha già pubblicato dei lavori con Golgi ed è soprannominato il bollente, per il suo coinvolgimento in manifestazioni studentesche. Monti, accusato di essere in intimità con Anna (non ne abbiamo in realtà prova, tuttavia il giovane manifesta simpatie di ‘sinistra’ per Turati scrive un articolo in cui attacca con toni accesi quei professori che definisce: “cariatidi dell’Ateneo, vecchi esauriti, o giovani inetti; i quali si occupano solo di osteggiare una cosa che porti l’impronta dei tempi nuovi […] con il loro tristo misoneismo anche contro la donna che studia”. 

L’altro studente Camillo Broglio, invece, fedelissimo del rettore, si fa paladino di tutta la meschinità di studenti (e, in particolare, di professori) che vogliono a tutti costi discriminare ed escludere Anna, impedendole l’iscrizione, e in pubblico schiaffeggia Monti, che ha ammesso di essere l’autore del famigerato articolo. A quel punto, il giorno 11 aprile 1886, i due giovani si sfidano in un duello, concetto molto distante dalle idee femministe di Anna, decisa a difendere da sola le sue posizioni. Monti sceglie come padrino Turati. 


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Forse anche per via del duello alla fine il ministero da il via libera all’iscrizione della Kuliscioff che, come scrive Cosmacini, diventa la prima donna a completare gli studi universitari in medicina a Napoli dove risulta laureata nell’anno accademico 1886-1887 ma non vi sono documenti, (altri invece parlano di laurea a Padova altri ancora a Torino, in pratica dovette laurearsi dove c’era meno opposizione.

Arriva a Milano nel 1888 e con studio al civico 18 in via S. Pietro all’Orto, Anna sempre secondo Cosmacini “pratica a Milano una medicina sociale o socialismo medico o ancora marxismo applicato alla medicina: è medico al servizio della collettività e degli ultimi, che vivono in condizioni precarie, alimentari, abitative, lavorative- che li hanno fatti o fanno ammalare”.

Il 27 aprile 1890 tiene al Circolo Filologico una conferenza Il Monopolio dell’uomo che finisce così: “E la morale della favola?  È breve. Mi auguro, per il trionfo della causa del mio sesso, solo un po’ meno d’intolleranza dagli uomini ed un po’ più di solidarietà fra le donne. Allora forse si avvererà la profezia del più gran poeta del nostro secolo Victor Hugo che presagì alla donna quello che Gladstone presagì all’operaio: che, cioè, il secolo XIX sarebbe il secolo della donna”.

Da quel momento la dottora diventa uno dei protagonisti della vita politica milanese per assumere via via un ruolo centrale nella storia del socialismo e del riformismo italiano. Curiosamente molti dei complimenti che riceverà andranno proprio nel senso opposto al suo pensiero come quando viene definita da Labriola “L’unico uomo del socialismo italiano”; financo nel volume pubblicato in sua memoria nel 1926 curato da Turati che firma tutti i 750 esemplari usciti dall’officina fotografica Enrico Lazzari in Porta Genova c’è un articolo a firma Alessandro Levi (storico collaboratore di Critica Sociale) che assurdamente è titolato “Un cervello maschile un cuore materno”.

Il magistero della Kuliscioff si esercita anche su Palazzo Marino perché le scelte milanesi sono spesso delegate a lei, come scrive Punzo: “Se Anna riferiva puntualmente a Filippo delle milanesate come venivano chiamate da lui, il suo ruolo non era quello di una semplice informatrice. Dopo aver ascoltato e riflettuto, decideva quale indirizzo indicare ai compagni in piena autonomia e con la totale preventiva approvazione da parte di Turati, che spesso la delegava ad agire in sua vece”.

473033719_903224778667598_866647437777594709_nAnche quando il sindaco è Caldara. Uno dei più assidui frequentatori del salotto (cioè, della redazione di Critica sociale) era Virgilio Brocchi, allora assessore della giunta socialista. ‘‘Brocchi – scriveva Anna subito dopo Caporetto – viene tutti i giorni ed è proprio un buon amico’’, è venuto a farmi sentire il manifesto, da lui redatto, che avrebbe presentato oggi a Caldara e discusso in giunta’’. 

Anna ne mandava una copia a Filippo esprimendo il proprio pieno consenso a quello che … è esplicito il pensiero dei socialisti al comune di chiamare la cittadinanza a coadiuvare la resistenza contro l’invasione dei tedeschi-austriaci’’. 

In un partito a maggioranza neutralista è quasi un tradimento.

9788822139658_0_500_0_0Nasceva così quel manifesto che fu fatto affiggere dalla giunta sui muri di Milano, nel quale si leggeva, tra l’altro: ‘‘Fate che i fratelli combattenti sentano alle spalle la calma serena dei forti che non si ubriacano nella fortuna, né ‘sì avviliscono per i meno prosperi eventi, che a tutto son pronti, fuorché´ alla disperazione e perciò sono degni della verità e della vittoria’’.

Contro il sindaco e la giunta si scatenarono immediatamente i rivoluzionari della sezione socialista milanese. Anna ne era indignata: ‘‘Caldara rispose con grande dignità, che si assumeva tutte le responsabilità, e dichiarava di non aver, in quest’ora, né tempo ne voglia di discutere intorno alla loro condotta. … Caldara è ammirevole: è addolorato, ma calmo e tanto sicuro di aver fatto il suo dovere, che è un vero sollievo a parlargli.”

E si potrebbe continuare, vedendo come la Kuliscioff fu determinante per orientare la posizione dei riformisti nelle vicende del dopo guerra, del biennio rosso, dell’ascesa del fascismo, dell’Aventino ma si fa lunga ed è meglio andare a vedere la mostra.

Ma non fu solo Anna Kuliscioff ad essere russa, ebrea e leader, anche un’altra donna, Angelica Balabanoff nata fra il 1870 e il 1878 nei pressi di Kiev esercitò una leadership sul socialismo milanese (sia pur per breve tempo) e italiano, questa volta in senso più massimalista che riformista.

La Balabanoff arriva in Italia dopo aver vissuto a Bruxelles a Lipsia a Berlino e in breve diventa una sorta di segretaria per gli affari internazionali del PSI, giornalista (come un po’ tutti i politici del tempo) succederà alla Kuliscioff alla direzione del giornale la difesa delle lavoratrici.

Dopo la Rivoluzione russa la Balabanoff lascia l’Italia per tornare in Russia, dove fu inviata da Lenin a Kiev per ricoprire la carica di commissario agli Esteri della Repubblica dell’Ucraina poi nel biennio 1919–1920 viene nominata segretaria della Terza internazionale comunista, lavorando a stretto contatto, oltre che con lo stesso Lenin, con Lev Trotsky, Stalin, Grigorij Zinov’ev, scusate se è poco, mantenendo l’iscrizione al PSI.

Nonostante il ruolo e gli incarichi ricevuti, rientrata in Italia e poi in esilio in Francia nel convegno di Grenoble del 1928 viene eletta segretaria del PSI mettendo Nenni in minoranza, è spesso dimenticata e poco celebrata e studiata perché  ha una “colpa” : in gran parte a lei si deve la nomina di Mussolini a direttore dell’Avanti e come riconobbe lo stesso duce in una intervista: «Se non l’avessi incontrata in Svizzera sarei rimasto un piccolo attivista di partito, un rivoluzionario della domenica». 

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Nel dopoguerra aderisce allo PSDI e morirà a Roma sessant’anni fa.

Una terza donna ebrea e socialista di non minore calibro intellettuale condizionerà la politica milanese e nazionale: Margherita Sarfatti, ma questa è un’altra storia.

Walter Marossi



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  1. Fiorenzo FainiPortale molto interessante vorrei seguirlo meglio grazie e complimenti
    17 Marzo 2025 • 12:38Rispondi
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