1 Ottobre 2024
ALBERI E CAMBIAMENTO CLIMATICO
Cosa fare degli spazi verdi

Nel mondo, il 2024 è stato l’anno più caldo mai prima registrato. E se a livello globale si è rilevato un aumento di 1.5 ° rispetto a un secolo fa, in Italia siamo intorno ai + 2.4 ° con punte sino a + 3.4° come nel caso di Milano rispetto al 1960. Stime recenti dicono di oltre 20.000 morti/anno in Italia per il troppo caldo, fortemente concentrati nelle città e nelle regioni meridionali, e massimamente tra le popolazioni più anziane, che sono anche quelle più numerose vista la decrescita demografica in atto.
L’Italia, sappiamo, è il paese EU più esposto ai rischi da cambiamento climatico: “Immersa” in un mare sempre più caldo, subisce fenomeni estremi e accelerati, sempre più frequenti. Il problema è grave e, valutato con le concomitanti emergenze territoriali – tra alluvioni e siccità, certamente obbliga a soluzioni urgenti. Quali? Tutti gli studi insistono sulla necessità di abbattere i gas serra incrementando efficientamento energetico e energie alternative, molto meno invece si soffermano sulle Nature Based Solutions, ancora insistendo quindi su una transizione tecnologica piuttosto che la necessaria e obbligatoria transizione ecologica.
Basterebbe invece conoscere ed applicare le direttive e leggi EU, che dalla Strategia per la Biodiversità (2020) sino alla recente Restoration Law (2024) obbligano al ripristino degli ecosistemi degradati, dalle città ai fiumi, ai campi agricoli e foreste, anche piantando 3 miliardi di alberi entro il 2030, per comprendere la vera obbligata main road. Certo si tratta di obiettivi sfidanti, per alcuni irraggiungibili in Italia viste le soglie temporali, le risorse e le filiere operative non ancora attivate, ma necessari.
Piantare alberi oggi è un conclamata necessità sanitaria: gli alberi sono infatti eccezionali purificatori d’aria grazie al processo di fotosintesi clorofilliana che permette loro di assorbire tramite le foglie, il tronco e le ramificazioni, una grande quantità di particolato atmosferico e gas inquinanti, producendo in cambio ossigeno. Gli alberi inoltre mediante l’evapotraspirazione assorbono calore e rilasciano umidità e mediante l’ombreggiamento riducono l’albedo e le isole di calore in città. In particolari condizioni di stress termico e ossidativo gli alberi possono rilasciare anche composti organici volatili biogenici (Bvoc) anche in grado di proteggerli dai parassiti. Tutte caratteristiche che sono allo studio per meglio selezionare gli alberi più adatti al cambiamento climatico e alle stazioni di impianto, quindi anche nuove specie botaniche più resilienti, anche non autoctone, in un incessante processo di adattamento che necessariamente coinvolge studiosi, amministratori, vivaisti, progettisti, …
Software e modelli di calcolo sofisticati sono già al lavoro per proporre le selezioni arboree più adatte come anche sensori IoT e soluzioni tecnologiche innovative per il monitoraggio sia ambientale che dello stato di salute dei singoli esemplari arborei, visti i downburst e forti piogge che minano la stabilità degli alberi e la sicurezza dei cittadini. Diverse città hanno editato cataloghi e abachi delle specie da utilizzare sia per i nuovi impianti che per le sostituzioni arboree, comprensivi delle stime di Co2 potenzialmente stoccata, della rimozione degli inquinanti, e della produzione di Bvoc. Nuove attenzioni stanno emergendo anche sui substrati e apparati radicali e le condizioni migliorative cui sottoporli, oltre le necessarie manutenzioni in soprassuolo, a partire dalle potature, spesso meritevoli di maggiori e più esperte attenzioni.
Gli alberi in città non possono essere considerati accessori, più o meno grandi, colorati, belli, ma sempre più invece devono divenire le componenti fondamentali della rinnovata Natura in città, mediante impianti diffusi, densi e sempre attentamente progettati per realizzare spazi verdi multi-prestazionali che svolgano funzioni ecosistemiche e sociali per migliorare la qualità urbana e il benessere degli abitanti, realmente quindi contribuendo alla rigenerazione delle nostre città.
Lontani da qualsivoglia esterofilia ma, al contrario, consapevoli del cronico ritardo rispetto a quanto già da tempo accade nel mondo, si tratta di accelerare su forestazione urbana e città spugna, moltiplicando le componenti vegetazionali del paesaggio urbano e i correlati benefici ecosistemici.
Lontani anche dagli inutili rimpalli di responsabilità, occorre accelerare verso soluzioni NBS che ci consentano di meglio gestire oltre le temperature anche l’acqua, il grande moloch dei prossimi tempi, e non solo gestendola quando è troppa (città spugna in primis) ma anche accumulandola per quando è troppo poca, come già stanno facendo Berlino, Barcellona, Copenhagen, … per realizzare apposite vasche di stoccaggio e collegati sistemi di riutilizzo, anche con il coinvolgimento delle comunità locali.
Durante la recente Greenweek milanese, giustamente focalizzata su “citta come laboratorio della transizione ecologica” abbiamo mostrato diversi casi e possibilità di intervento. Peccato che ancora in città poco si veda, e anzi prevalgano spazi aperti -anche di recente trasformazione- con scarsissima dotazione di spazi verdi e aree filtranti, rain gardens e alberi, … come invece diffusamente il mondo sta realizzando, e in fretta.
Flora Vallone