16 Luglio 2024
CINEMA E TOPI NELLE CASE POPOLARI*
Le mille difficoltà e il ben noto disinteresse delle autorità
16 Luglio 2024
Le mille difficoltà e il ben noto disinteresse delle autorità

Si è da poco chiusa la tredicesima stagione della rassegna di cinema popolare, Scendi c’è il Cinema, organizzata dal Laboratorio di Quartiere Giambellino-Lorenteggio (Casetta Verde): 8 film selezionati insieme agli abitanti del quartiere, a ogni serata un aperitivo condiviso e un’introduzione musicale: inquilini, bambini, volontari, un clima festoso grazie a una spontanea partecipazione, frutto di un laboratorio permanente che dura tutto l’anno. L’obiettivo è godersi un film di qualità, insieme, riappropriandosi degli spazi pubblici del quartiere, resi per una sera attrattivi anche per il resto della città e senza dover spendere un euro.
Un’iniziativa così bella e semplice deve però affrontare degli ostacoli. Il primo, fortunatamente da poco sconfitto, è stata l’ostilità dell’Associazione Nazionale Industrie Cinematografiche e delle grandi case di produzione, che dal 2018 hanno iniziato a boicottare le proiezioni pubbliche e gratuite nei contesti di periferia, spesso privi di cinema, negando le autorizzazioni ai film richiesti.
La fondazione Piccolo America di Roma insieme a Scendi c’è il cinema ed altre associazioni si è rivolta all’Antitrust e si è dovuti arrivare fino al Consiglio di Stato per chiarire una cosa ovvia al buon senso: il cinema gratuito nei quartieri popolari promosso da associazioni senza scopo di lucro non rappresenta una concorrenza sleale agli esercenti e i film richiesti devono essere concessi per le proiezioni pubbliche nelle arene gratuite.
La seconda difficoltà, non meno incredibile, è diventata la presenza esponenziale di topi nei cortili e nelle strade del Lorenteggio, che ha reso impossibile organizzare la proiezione in molti caseggiati sia Aler che MM. I topi, tantissimi, scorrazzano nei cortili e nelle strade senza più temere l’incontro con l’umano, dalla mattina alla notte, rovistando tra la tanta spazzatura che fuoriesce dai bidoni, appoggiati nei diversi angoli dei caseggiati. Topi diventati così a pieno titolo i primi nuovi abitanti del quartiere in trasformazione, tra abbattimenti di case popolari, costruzioni di residenze di lusso, metropolitana e infrastrutture futuristiche.
Ovviamente tutte le istituzioni responsabili sono ben informate. Lo sanno Aler e Regione, MM e il Comune, il Municipio, Amsa e Ats. Ma non basta. Aler e MM ci dicono che hanno intensificato le disinfestazioni, ma che è colpa delle voragini create dai cantieri della metropolitana e dagli abbattimenti e che questa situazione cambierà quando la metropolitana entrerà in funzione e le case verranno ricostruite.
Ci hanno poi spiegato che programmare una raccolta migliore della spazzatura, costruendo delle casette chiuse, per esempio, richiede risorse straordinarie che né il Comune né Regione possono investire. Amsa è invece disponibile ad aumentare gli interventi, purchè vengano remunerati. ATS è stata informata dai tanti esposti e raccolte di firme svolte dagli abitanti e ha prontamente provveduto ad attenzionare le autorità competenti. Nonostante ciascun ente abbia svolto diligentemente il proprio compitino e tutti i dirigenti si rendano ben conto della grave situazione igienica del quartiere, il problema rimane senza soluzione.
Sta agli abitanti sopportare, convivere con topi e scarafaggi e seguire gli inviti a rendere più virtuosi i propri comportamenti, migliorando la raccolta differenziata, evitando di lasciare spazzatura per la strada, tenendo chiuse le porte di casa dei piani terra. Perché è loro la colpa, degli abitanti incivili che non collaborano, non si sforzano, non si dimostrano comprensivi e ragionevoli, non capiscono quanto la situazione sia difficile da gestire per le istituzioni responsabili. Sebbene la situazione sia così disperata e degradante, il quartiere non si è però arreso: continuano le iniziative e le pressioni verso i responsabili istituzionali, le denunce della situazione che si è creata e la battaglia per riportare condizioni igienico sanitari adeguate e rispettose della dignità delle persone.
Pierfrancesco Maran, l’assessore alla casa peggiore che io ricordi, è volato a Strasburgo, lasciando la città nella crisi abitativa più drammatica di tutta la sua storia, priva di una politica pubblica che tuteli i suoi abitanti, espulsi e sfruttati dal mercato degli affitti e dei mutui e avendo promosso solo interventi a vantaggio della rendita. Il fatto però più grave è che lascia in eredità a noi tutti una narrazione tossica diventata egemone, secondo cui a Milano il compito dell’Istituzione pubblica sia finanziare e sostenere in ogni modo i soggetti del mercato e della finanza, attraverso facilitazioni urbanistiche e fiscali, aree e patrimonio residenziale pubblico, affinché promuovano, insieme ai propri affari, anche qualche nuova e innovativa soluzione abitativa rivolta al ceto produttivo.
Lavoratori, li ha chiamati l’ex assessore, contrapponendoli alle migliaia di famiglie che ogni anno presentato una domanda di casa popolare, rappresentate come un disarticolato gruppo sociale di ultimi, poveri, famiglie multiproblematiche, senza fissa dimora, stranieri, una specie di ceto parassitario improduttivo.
E invece proprio le 15mila famiglie circa che ogni anno presentano una domanda di casa popolare lavorano e contribuiscono alla crescita e alla ricchezza della città. Sono spesso lavoratori precari o malpagati, ma essenziali. Sono i lavoratori dei servizi, del turismo e della ristorazione, sono i lavoratori della cura, dei mercati e della logistica, sono le manovalanze delle costruzioni e delle infrastrutture. Tutti i lavoratori, quelli che chiedono una casa popolare o aspirano a comprarne una con un mutuo, sono ugualmente vittime delle politiche pubbliche abitative promosse dal Comune nel quadro delineato dalla giunta Fontana a livello regionale.
Il nuovo assessore Guido Bardelli ha sul tavolo problemi enormi da affrontare, per cui dovrà in primo luogo dimostrare di essere in grado di abbandonare la difesa degli interessi di pochi per promuovere politiche che avvantaggino prima di tutto i cittadini di Milano, a partire dagli abitanti dei quartieri popolari, intessendo un confronto aperto e democratico.
Il Ministero degli Interni non ha ancora diffuso i dati annuali sulle convalide e le esecuzioni degli sfratti, ma l’esperienza che stiamo facendo ci dice chiaramente come siano in aumento, siano diventati più veloci e punitivi nei confronti degli inquilini. Oggi le famiglie sfrattate continuano ad essere per strada: il Comune di Milano ha sospeso le assegnazioni degli alloggi SAT (cioè le case pensate dalla legge regionale come strumento di gestione dell’emergenza abitativa) almeno da novembre, cioè da oltre 7 mesi.
L’Assessore dovrà spiegare che fine hanno fatto i 240 alloggi SAT dichiarati disponibili a febbraio e perché non siano stati finora assegnati. Non è più accettabile inoltre la storiella delle case sfitte per mancanza di fondi, mentre Comune e Regione, in piena sintonia, intensificano le politiche di svendita del patrimonio (il Comune ha deliberato la vendita di viale Lombardia e Via Jacopino da Tradate; Aler vende alloggi sia a riscatto che all’asta), di valorizzazione (affittare le case a prezzi più alti a enti o a privati con maggiori redditi), di spostamento degli inquilini e demolizioni degli stabili.
Il nuovo assessore dovrà inoltre esprimersi, insieme al consiglio Comunale, sul futuro della proposta di conferire parte del patrimonio abitativo pubblico a un fondo immobiliare gestito da INVIMIT (Sgr Investimenti Immobiliari Italiani Sgr S.p.A.)., se il progetto verrà sospeso come richiedono migliaia di cittadini, esperti, sindacati, organizzazioni e movimenti o se, in maniera ostinata, la Giunta e il Consiglio Comunale continueranno a portare avanti la distruzione del welfare abitativo pubblico in atto, contro gli interessi della Città.
Veronica Puija
*« […] che forse verrebbe giorno in cui, per sventura e insegnamento agli uomini, la peste avrebbe svegliato i suoi topi per mandarli a morire in una città felice».
Albert Camus, La peste (1947)

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