2 Luglio 2024

I SINDACI DI MILANO E L’ASSOCIAZIONE NAZIONALE COMUNI ITALIANI

Il passato che ritorna


23-PRIMO MAGGIO

Ottobre 1901, Parma, il sindaco di Milano, il radicale Giuseppe Mussi, gran maestro aggiunto del grande oriente (gran maestro era Ernesto Nathan che sarà sindaco di Roma), viene eletto presidente della costituenda Associazione Nazionale Comuni Italiani.

Nel programma della 3 giorni, serata di Gala al teatro Regio con la Tosca diretta dal celebre Cleofonte Campanini, spettacoli di prosa, banchetto ufficiale, visita a Salsomaggiore.

Screenshot 2024-07-01 223701A dispetto dell’immagine un po’ godereccia del programma, l’associazione nasceva in un clima politico vivace, da una parte era in contrapposizione ad un tentativo analogo promosso dai sindaci liberali di Verona e Firenze, dall’altra aveva un connotato fortemente di sinistra e antigovernativo con l’obbiettivo di “tutelare i comuni, giuridicamente e moralmente dalle illegali sopraffazioni del potere centrale”, come scriveva Salvemini su Critica Sociale; un connotato anti romano che non era però condiviso dai non socialisti cioè radicali, repubblicani, massoni, che costituivano la maggior parte dei fondatori.

Il cammino per arrivare alla fondazione dell’associazione era stato lungo, i primi congressi di sindaci risalgono al 1879 e al 1884 a Torino, poi nel 92 e nel 94 a Perugia con Francesco Fazi ma molti altri ve ne furono.

Con Mussi vengono eletti Vicepresidenti il radicale Mariotti, sindaco di Parma leader della componente moderata e il repubblicano Martino sindaco di Messina.

Segretario dell’associazione e direttore della rivista l’Autonomia comunale che si pubblicherà fino al 1925, l’avvocato Emilio Caldara futuro sindaco di Milano, città che fu anche scelta come sede dell’associazione, dove restò per 16 anni. Ogni comune aveva diritto a un voto a prescindere dal numero di abitanti e dalla dimensione.

Screenshot 2024-07-02 083550Mussi pragmaticamente definirà così l’azione dell’ANCI: “Molti credono che la nostra iniziativa non sia necessaria, e meglio sia che volta per volta i Comuni si rivolgano allo Stato per impetrare umilmente qualche provvedimento. L’azione del comune isolato non raggiunge mai il suo fine quando trattasi di un Comune piccolo e debole. Potrà ottenere molto quando trattasi di qualcuno di quei grossi Comuni, che si appoggiano all’influenza di potenti individualità politiche e allora il vantaggio di alcuni elementi del Comune va tutto a detrimento della sua libertà. Pertanto, credo sia necessario unire tutte le forze comunali e presentare queste domande allo Stato: legale sviluppo della nostra vita, sgravii delle nostre finanze.”

La connotazione di sinistra si perse rapidamente, sostituita da una maggioranza centrista con l’ingresso di molti liberali e dei cattolici, tant’è che don Luigi Sturzo, vicesindaco in quel di Caltagirone fu eletto in direzione e dal 1906 la maggioranza dell’associazione fu sempre moderata.

Il principale successo fu ottenuto nel 1907 quando grazie anche ad una petizione firmata da migliaia di amministratori, l’ANCI ottenne dal Governo Giolitti la fondamentale legge 116 che prevedeva il passaggio allo stato di molte spese che avevano appesantito i bilanci e nei fatti impedito la piena operatività dei comuni. 

Al congresso di Firenze del 1907 il sindaco, Ippolito Niccolini, sottolineò l’unità dei Comuni italiani in difesa della propria autonomia al di là delle distinzioni politiche e della collocazione geografica; la pace tra le diverse anime politiche però durò poco.

92337909_1510489069125051_3885288962842951680_nPresidente dell’associazione dal 1906 al 1914 un consigliere e assessore a Palazzo Marino di lunga data e poi sindaco di Milano: Emanuele Greppi; da una sua idea viene elaborato il progetto di un organismo istituzionale, il Consiglio superiore dei comuni, espressione dell’autonomia comunale che avrebbe dovuto regolamentare il potere dello stato in materia di scioglimento dei comuni, potere spesso usato da Giolitti a soli scopi politico elettorali.

Il progetto, riproposto più volte e modificato fino al 1925, scrive Oscar Gaspari autore di Dalla Lega a Legautonomie, verrà ripreso ufficialmente nel 1958 con il nome di Consiglio superiore degli enti locali per poi trasformarsi nel 1996 nella Conferenza Stato-Città e Autonomie locali.

Il fatto che un conservatore come Greppi che a Palazzo Marino era stato il nemico giurato del liberale progressista Ettore Ponti per non parlare di Caldara, che aderirà fin dagli esordi ai fasci milanesi, che da senatore fu nel 1925 uno dei protagonisti della commissione di studio delle riforma costituzionali, che definì la sua politica da assessore alle finanze “invernale” per contrapporla a quella spendacciona dei suoi predecessori, potesse essere anche strenuo difensore dell’autonomia dei comuni, conferma che accanto al municipalismo socialista tante volte celebrato esisteva anche un municipalismo conservatore, anticentralista non meno significativo che periodicamente affiora nella politica italiana. 

Scrive la Treccani: Greppi “intervenne nel 1909 a proposito del progetto giolittiano di revisione della legge comunale e provinciale, auspicando che, più che con parziali ma inefficaci ritocchi, si procedesse a una riforma organica. Come agenda di tale rielaborazione legislativa egli suggeriva alcuni aspetti: la definizione dei poteri del sindaco, le attribuzioni del commissario prefettizio, la natura dei reciproci rapporti tra sindaco e giunta e, in generale, un riassetto delle finanze comunali e della relativa gestione”.

Nel 1908 fu fondata l’UPI l’unione delle provincie, tra le due associazioni i rapporti furono chiari fin dall’inizio: la maggioranza dei sindaci quale che fosse l’orientamento politico era favorevole all’abolizione delle provincie, a oltre 100 anni di distanza credo che nulla sia cambiato.

Screenshot 2024-07-01 223917Sempre durante il mandato di Greppi, sponsorizzata dall’ANCI, fu fondata la Federazione delle aziende municipalizzate italiane. Dal  marzo 1903 quando fu approvata la legge, proposta da Giolitti, sull’assunzione diretta dei pubblici servizi da parte dei comuni che favoriva l’assunzione di numerose attività di servizio pubblico da parte dei comuni (gas, energia, trasporti, acqua, nettezza urbana, refezione scolastica) consentendo loro di adottare autonomamente le forme di gestione potendo scegliere tra le gestioni dirette con le aziende speciali o in economia e quelle indirette, tramite le concessioni a imprese private, le municipalizzazioni furono al centro delle politiche comunali, senza necessariamente una connotazione politico-ideologica, che avranno solo successivamente, quando il tema diverrà il discrimine tra rivoluzionari e conservatori da una parte e riformisti dall’altra.

Nel 1915 don Sturzo e Caldara (nel frattempo eletto sindaco di Milano) vengono nominati vicepresidenti dell’associazione assieme al liberale Dario Franco mentre a sostituire Greppi venne scelto Piero Lucca sindaco di Vercelli.

Nel 1916 la sede dell’associazione viene trasferita a Roma; non era solo un cambio geografico era anche un segnale di voler intensificare le relazioni con il potere centrale non più visto solamente come un “oppressore”, che anzi rispondendo alle richieste dell’ANCI apriva un segretariato per i comuni di montagna (oggi UNCEM) e l’Istituto nazionale per le opere pubbliche dei comuni il cui compito era quello di “assumere in sostituzione e nell’interesse degli Enti locali l’esecuzione delle opere pubbliche di competenze dei comuni e dei Consorzi…”.

La parabola dell’ANCI fu rapida.

Nel gennaio del 1916 a Bologna si tenne il convegno degli amministratori socialisti aperto da una relazione di Caldara dal titolo Riforma tributaria e finanze locali che fu duramente contestata da Giacomo Matteotti che sosteneva il punto di vista dei piccoli comuni alternativo a quello dei milanesi.

Di questo abbiamo già parlato qui:https://www.arcipelagomilano.org/archives/61735

Al convegno sia i riformisti per bocca di Carlo Treves che rimette al centro la politica e ripristina l’idea cara a Critica Socialedella rivoluzione delle riforme grazie alla rivoluzione dei sindaci”, sia i massimalisti che condannano la collaborazione con cattolici e moderati, sminuiscono il ruolo dell’ANCI cosicché i massimalisti in maggioranza nel partito chiesero ai sindaci socialisti di lasciare l’ANCI e di aderire ad una costituenda Lega dei comuni socialisti. Del resto, se i riformisti avevano visto nel governo dei comuni un pilastro della loro politica altrettanto i massimalisti vi avevano visto uno strumento di freno della “rivoluzione”.

l_impronta difesa lavoratrici vignetta unghieCaldara già duramente attaccato all’interno del PSI per la sua politica di collaborazione con il governo e di assistenza alla popolazione e ai militari durante il conflitto, cercò di motivare perché si dovesse restare nell’ANCI, “strumento tecnico e non politico della difesa delle autonomie” ma non vi fu nulla da fare e 300 municipi a guida socialista uscirono dall’associazione. Ultimo tentativo di Caldara dimettendosi fu quello di ipotizzare: “che ancora potremo dall’una e dall’altra riva, trovarci vicini per difendere assieme le libertà e le autonomie comunali”.

l_ambiente caldara in fieraLa Lega dei comuni socialisti venne costituita nel maggio del 1916 con uno statuto approvato dalla direzione del PSI (dei cinque membri del direttivo uno era Lazzari, uno in rappresentanza del gruppo parlamentare, due erano i sindaci Zanardi di Bologna e Sabatini di Albano Laziale, segretario l’onorevole Antonino Campanozzi che sarà direttore della Giustizia ed oggi è ricordato soprattutto come commediografo) ed era quindi a tutti gli effetti un organismo collaterale, che del PSI seguì tutte le tribolate vicende.

Così nel gennaio del 1917 non poté che confermare la richiesta, ai limiti del grottesco, avanzata agli amministratori comunali dal segretario del partito Lazzari di dimettersi in blocco, richiesta ribadita poco prima di Caporetto.

L’attività della Lega era più di testimonianza politica che di aiuto alle scelte amministrative, tanto più che con la scissione comunista risultò evidente che l’interesse per i comuni di massimalisti e comunisti era nullo.

image00201Il partito comunista infatti “non s’illude e non vuole far credere che gli organismi dell’amministrazione locale possano minimamente servire per l’esplicazione di un qualsiasi programma comunista” e conseguentemente a Milano gli assessori comunisti della giunta Filippetti si dimisero e 16 consiglieri passarono all’opposizione.

Esemplari per chiarezza riepilogativa le parole di Tasca in un convegno comunista dell’aprile del ’22: “la conquista di 2000 comuni da parte dei socialisti è stata più dannosa che utile al proletariato”. 

Parole lontane anni luce da quelle contenute nel volumetto Alla conquista del comune dove Caldara, Matteotti, Casalini, Bogiankino, scrivevano: “fare del comune un baluardo di difesa e offesa del proletariato e aumentare giorno per giorno le opere avanzate di questo baluardo; sviluppare e moltiplicare le funzioni sociali del comune e con esse quindi il patrimonio di forza e di azione della collettività…la prova è riuscita meglio che si potesse sperare…”.

Ricorda Degl’innocenti: “Se i riformisti…rimasero fedeli al concetto della natura essenzialmente amministrativa dell’ente locale e al principio del comune come organo eminentemente costruttivo delle cellule della nuova società specialmente nella transizione da una società a un’altra… i massimalisti si preoccuparono di improntare la piattaforma elettorale amministrativa all’insegna della rigida difesa degli interessi del proletariato in contrapposizione a quelli della cittadinanza, allo scopo di fare dei comuni “i primi nuclei statali che più si avviano al regime dei Soviet, che formano la più solida base di appoggio per una rivoluzione sociale” in una funzione di contropotere allo Stato, fino a giungere alla aspettativa che “la conquista dei comuni difficile ma sicura, (fosse) forse l’ultima dell’esercito proletario, prima dell’assalto definitivo”.

Screenshot 2024-07-02 083718La Lega tenne il suo ultimo congresso nell’aprile del ‘21 a pochi mesi dalla scissione di Livorno senza più gli amministratori comunisti, formalmente vi aderivano 1900 comuni. Protagonista assoluto Matteotti che relazionò dei tributi locali fece le conclusioni e che denunciò alla Camera poche settimane dopo le violenze delle squadre fasciste nei confronti degli amministratori il cui elenco era stato stilato al congresso.

Quando nell’ottobre del ‘22 il congresso del PSI espulse Turati e Matteotti, decise anche lo scioglimento della Lega dei comuni socialisti.

Non più fortunata l’ANCI che nel 1923 vide entrare nei suoi organismi i fascisti capeggiati da Roberto Farinacci consigliere a Cremona e Cesare Rossi consigliere a Palazzo Marino; proprio Rossi uno degli assassini di Matteotti verrà eletto vicepresidente in sostituzione di Sturzo.

Di lì a poco l’ANCI il 15 dicembre 1925 si scioglierà e si fonderà con la Fondazione degli enti autarchici a sua volta sciolta nel ‘28.

Il regime vedeva come il fumo negli occhi i municipi, aveva sciolto oltre 800 amministrazioni e sostituì i sindaci con podestà. L’ordinamento comunale fu profondamente trasformato con lo scopo di cancellare l’autonomia locale e rafforzare il ruolo centralizzatore dello Stato, trasformando il Comune da organo di autogoverno a ente ausiliario dello Stato per la gestione dell’ordinaria amministrazione.

Scrive in un suo volumetto di presentazione l’ANCI nel 2021: “Lo scioglimento dell’Anci privò il movimento comunale italiano della propria organizzazione ed impedì alle figure coinvolte nel governo del fenomeno urbano la possibilità di una elaborazione politico-istituzionale ma non quella di tipo tecnico- scientifico. Fu così che alcuni personaggi che fino al 1925 avevano lavorato all’interno dell’Anci parteciparono, nel 1930, alla nascita dell’Istituto nazionale di urbanistica ed alle iniziative che da questo vennero sviluppate”.

Per vent’anni, di autonomia comunale e di municipalismo non si parlò più.

Nel settembre-ottobre 1945 viene istituito un Comitato tecnico provvisorio presieduto da Ugo Giusti, con l’obiettivo di ricostituire l’ANCI, tra i protagonisti di questa fase Alessandro Schiavi il teorico del municipalismo socialista, il collaboratore di Caldara

(vedi https://www.arcipelagomilano.org/archives/56257)

L’8 settembre 1946 a Roma fu rifondata l’ANCI.

Ma questa è un’altra storia.

Walter Marossi

banner commenti



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. b bUtilissime ricostruzioni1 l tema è mi pare ancora oggi della massima urgenza, con le città che cambiano così in fretta e male! bb
    9 Luglio 2024 • 17:18Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.


Sullo stesso tema





28 Ottobre 2025

GIUNTE ROSSE A PALAZZO MARINO

Walter Marossi



16 Settembre 2025

LA “GRANDE MILANO”, LA GRANDE INCOMPIUTA

Walter Marossi






8 Luglio 2025

DESTINO CINICO E BARO

Walter Marossi



24 Giugno 2025

EXPO. 10ANNI DOPO

Walter Marossi


Ultimi commenti