30 maggio 2023

SUMO OPEN E FESTIVAL DELL’ORIENTE

Una riflessione sul cibo identitario


Copia di Copia di rification (5)

Mentre il Festival dell’Oriente ha chiuso i battenti, andrà in scena il 3 giugno a Milano l’evento internazionale Sumo Open 2023*. Vi partecipano 50 atleti provenienti da Estonia, Francia, Germania, Ungheria, Polonia, Egitto, …

L’evento sportivo non è come si potrebbe pensare una competizione riservata a soli ‘grossi e ciccioni’, anzi, il titolo di questo articolo potrebbe essere “Milano, città della moda, veste di taglia ‘small’ anche il Sumo”.

Già, perché la specialità sportiva Sumo Open, versione occidentale del tradizionale sport giapponese, non solo ammette anche le donne ma si è dotata di categorie di peso in modo che tutti possano praticarla. Certo gli atleti di questa disciplina non possono ambire al grado di ‘Yokozuna’, massimo riconoscimento grazie al quale in Giappone si viene celebrati come semi-divinità scintoiste.

Il Sumo è una forma di combattimento rituale che vanta oltre 1500 anni di storia (è la versione orientale della lotta greco-romana); oggi riscuote un nuovo interesse, dovuto forse anche alla recente apparizione in TV di Sanctuary e Little Miss Sumo, serie catartiche che mostrano come con la forza di volontà si può rinascere e conquistare vittorie e riscatto sociale.

In effetti il Sumo rappresenta molto più di uno sport: è un complesso fenomeno culturale fatto di riti e tradizione che affascina  e conquista  per i suoi molteplici livelli di comunicazione.

Nel Sumo Open si è molto distanti dalla cultura nipponica del Sumo che accetta solo atleti maschi con un peso superiore ai 150 kg. Lo praticano ragazzi e ragazze provenienti da altre discipline come il Judo e la lotta libera, che apprezzano e mantengono vivo lo spirito del Sumo nipponico. Spirito fatto di disciplina, ritualità (per combattere è necessario indossare il  ‘Mawashi’ -si tratta di un perizoma, per favore non chiamatelo mutanda o peggio pannolone) e rispetto dell’avversario.

Il cibo del Sumo? un bollito alla milanese

Il segreto della grande dimensione e forza fisica degli atleti professionisti giapponesi è da ricercare non solo nella loro particolare genetica ma anche nel loro cibo. Un nutrimento per nulla misterioso (nessun farmaco o particolare forma di integrazione), anzi costituito da alimenti piuttosto semplici, naturali e stagionali che appartengono anche alla nostra cultura.

Nel Sumo giapponese non esiste alcuna categoria o limite di peso, essere ‘grossi’ è considerata una condizione essenziale del lottatore. Il cibo, con l’allenamento, è l’unica forma di costruzione del corpo, quindi deve essere iper-proteico e calorico, ma anche facilmente assimilabile e idratante. Quale alimento meglio di zuppe, lessi, bolliti e brodi fortificanti?

A parte la distinzione tra lessi (carne in acqua di cottura a freddo) e bolliti (carne in acqua bollente), si tratta sempre di alimenti corroboranti, che idratano e riscaldano il corpo, cibo preferito da molti popoli guerrieri anche occidentali.

Le zuppe con funghi, aglio e spezie rappresentavano un cibo di riferimento già presso gli antichi greci e romani, che le utilizzavano per fortificare il corpo e incrementare forza e virilità.

Fino a tutto il XVII secolo la cucina guerriera era caratterizzata dal monopolio del bollito, pratica culinaria che unisce vari tipi di carne resi dalla cottura più teneri e digeribili. Miele, verdure, erbe, spezie e aceto costituivano non erano solo ingredienti di accompagnamento, ma anche aggiunte che miglioravano aspetto, aroma e digeribilità.

Il ‘Chanko-nabe’ è l’omologo giapponese dei brodi fortificanti occidentali, ed è, ancor oggi, il nutrimento di riferimento per i lottatori di Sumo.

Si tratta di una zuppa che viene preparata dagli allievi più giovani e consumata sul luogo di allenamento. Anche se l’ingrediente principale è dato dalle proteine animali, manzo e maiale sono banditi dalla ricetta e sostituiti dalla carne di pollo. Questa, dotata di una maggiore digeribilità, è preferita anche per motivi di superstizione. Il fatto di reggersi su due zampe è considerato un atto propizio poiché nel Sumo toccare l’interno del dohjo (zona di combattimento) con le mani o qualunque altra parte del corpo che non sia la pianta dei piedi equivale alla sconfitta e, metaforicamente, alla morte. Dunque vengono banditi dalla dieta del lottatore gli animali a quattro zampe.

Altri ingredienti di riferimento per la ricetta del piatto giapponese sono la soia  e derivati (tofu), uova, verdure di stagione (cavoli, spinaci, cipolle, carote, cavoli) e funghi.

Il ‘Chanko-nabe’ viene servito sempre accompagnato da riso lessato, in modo da assicurare ai lottatori anche il corretto apporto energetico.

La cucina come unione gustativa multiculturale

Arrosto e bollito sono i sistemi più antichi e opposti dell’arte del cuocere. Il primo è simbolo indiscusso della cucina anglosassone, il bollito lo è di quella soprattutto francese (Lévi-Strauss**). Il bollito non è però esclusivo patrimonio francese “bonne vivande à la française”: le ricette risorgimentali dei bolliti misti alla piemontese, lombarda, triestina ed emiliana ne fanno un piatto anche della tradizione italiana.

Così il Chanko-nabe ricollega e unisce l’arte del bollire tra oriente e occidente, evidenziando come l’uomo, sebbene appartenga a culture e storie differenti, è unito dal cibo, atto agricolo e forma di cultura universale.

Viva dunque l’arte millenaria del Sumo che, sebbene in forma dimagrita, ci porta un messaggio di identità e universalità culturale a dispetto dei nascenti sovranismi non solo alimentari.

Adesso sono grosso, lo vedo anch’io. E capisco che grosso non è chi vince gli altri, ma chi vince se stesso. Il grosso è la parte migliore di me che mi cammina davanti, mi guida, mi ispira (…). L’obiettivo non è concludere il percorso, è camminare.***

Marco Ceriani

Food Hero (@granceriani)

Note:

* 3 giugno,  ore 11, Milano, Via T. Pini 1, ingresso libero

**Lévi-Strauss ne ‘L’Origine des Manières de Table’, pone l’arrosto nel paradigma della natura, eso-cucina (data dalla fiamma diretta) e il bollito, endo-cucina, in quello della scienza e cultura (propagazione termica in un liquido indotta dal fuoco mediato dal contenitore), segnalando al contempo l’affinità tra due altre e differenti realtà: bollito e putrido.

*** Eric-Emmanuel Scmit, ‘Il lottatore di Sumo che non diventava grosso’ Ed. e/o, 2009, pp. 104-105

 



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