16 maggio 2023

DIETRO LE TENDE C’È UN POPOLO

Studenti e cittadini sono un fronte


Copia di Copia di rification

“Basta affitti insostenibili. Scoppiamo la bolla” è lo slogan che ha fatto partire la protesta degli studenti del Politecnico e che ha costretto politici, responsabili istituzionali e delle università almeno a riconoscere il problema. E nonostante il dibattito politico si sia subito rivelato un misero scaricabarile tra le parti, la mobilitazione non si è fermata, arrivando a coinvolgere anche altre città universitarie e si è data una scossa a un tavolo di confronto istituzionale già avviato, che ora potrà forse prendere una diversa direzione.

Gli studenti sono  così riusciti a mettere in luce in un colpo solo come diritto allo studio e diritto alla casa siano stati in questi decenni traditi dalle istituzioni pubbliche, promotrici di politiche più utili a facilitare gli interessi della rendita e del mercato che a garantire diritti.

Da un lato c’è il tema delle residenze universitarie. Gli studenti che a Milano riescono ad accedere ai posti letto gestiti dal diritto allo studio sono solo una minima parte, come noto,  a causa della strutturale mancanza di fondi. Da sempre quindi gli studenti sono costretti o a rimanere a vivere con i genitori o a cercare sul mercato qualche possibile soluzione o a rinunciare all’istruzione universitaria. Alle residenze universitarie del diritto allo studio, il cui accesso è per merito e reddito secondo una graduatoria di bisogno, si sono via via affiancate residenze realizzate e gestite da operatori privati in convenzione.

A Milano, secondo i dati diffusi da Nomisma, nel decennio 2010-2020 sono stati realizzati 2178 posti letti affittati a 320 euro in condivisione o 550 euro in singola, prezzi quindi poco al di sotto del mercato. Il così detto student housing è diventato un settore di investimento   attrattivo anche per i grandi gruppi immobiliari e finanziari, non solo per i consistenti investimenti pubblici stanziati da ultimo con il PNNR, ma anche per le agevolazioni fiscali ed urbanistiche che lo student housing consente in quanto è stato equiparato a intervento di edilizia residenziale sociale, secondo le regole, a Milano, del PGT.

Sarah Gainsforth e Marco Peverini hanno ben illustrato le distorsioni e le opacità del sistema nel dossier Caritas  Casa e abitare nel PNNR[1]: consistenti risorse pubbliche affidate ai privati per realizzare posti letto a prezzi e per beneficiari su cui l’istituzione pubblica non ha fornito indicazioni chiare, disattendendo così l’art 3 della nostra Costituzione e negando il carattere sociale dell’intervento.

Dall’altro lato c’è il tema del mercato abitativo a cui gli studenti devono obbligatoriamente rivolgersi, non trovando risposte specifiche dalle politiche delle università. Eppure a Milano, dove secondo i dati dell’UDU gli studenti fuori sede sono 66mila e solo uno su dieci accede ad un posto in residenza, i contratti d’affitto per studenti stipulati nel 2021 sono stati solo  844  (Rapporto Omi 2022). La norma che regola il mercato, approvata nel 1998 e che ha liberalizzato i canoni, ha stabilito due tipologie di affitto. Il canone libero, appunto, e quello concordato, cioè frutto di una trattativa tra rappresentati della proprietà e degli inquilini. Nelle città ad alta tensione abitativa il canone concordato va applicato obbligatoriamente ad ogni contratto con durata inferiore a 4+4 anni, mentre la decisione della tipologia di contratto è frutto del libero accordo tra le parti, cioè proprietario e inquilino, messi dalla norma, in maniera del tutto ingiusta, sullo stesso piano.

A Milano il canone concordato è stato rivalutato nel 2019. Sicet e Unione Inquilini, le più rappresentative organizzazioni sindacali degli inquilini, non hanno siglato l’accordo poiché i canoni proposti erano di fatto di poco inferiori a quelli applicati già dal mercato in alcune zone della città. Il dispositivo normativo che regola i rapporti di locazione aveva previsto, in origine, due strumenti di calmieramento del mercato: il fondo sostegno affitto, che avrebbe dovuto coprire la differenza tra canone sopportabile e quanto effettivamente richiesto dal mercato e gli incentivi fiscali per favorire il canone concordato.

Il fondo, oggi azzerato nuovamente dal governo Meloni, ovviamente non ha mai funzionato come indicato nella norma e non è mai stato capace neanche di coprire le domande presentate. Gli incentivi fiscali, anche con l’introduzione della cedolare secca, non sono mai stati invece sufficientemente persuasivi. Chi affitta cerca la massimizzazione dell’investimento  e non è disposto a rinunciare a un guadagno lecito.

È quindi davvero incredibile leggere sui giornali la proposta del Sindaco Sala e dell’assessore Maran di alleviare il “caro affitto” degli studenti attraverso l’introduzione di un nuovo canone concordato, raccontata come se fosse una novità. Il contratto per gli studenti è già a canone concordato. Il problema è che nessun proprietario lo applica. Il mercato abitativo non è solamente privo di qualunque regolamentazione, ma nessuno svolge controlli per verificare che il rapporto formalmente stabilito sia quello esistente nella realtà.

È evidente che a società immobiliari e privati conviene affittare a studenti: sono inquilini più solventi, cercano soluzioni temporanee e se ci sono problemi, si spostano senza bisogno di sfratti e contenziosi. Inoltre è possibile affittare la casa a prezzi più alti in condizioni manutentive peggiori. È ugualmente noto come nessun proprietario affitti le stanze della propria casa a studenti tramite singoli contratti a canone concordato: la normalità  è che la casa venga affittata al genitore o allo studente lavoratore che poi condivide l’affitto  con altri coinquilini, in nero.

Oggi è possibile contestare un contratto solamente attraverso una causa legale, che ha costi elevati, tempi lunghi e soprattutto è di difficile costruzione. La questione ritorna quindi a essere il posizionamento dell’istituzione pubblica, che non solo  non pone vincoli e regole, ma addirittura permette che le leggi vengano disattese da sotterfugi, abusi e imbrogli. La proposta di rivalutare i valori e di aggiungere nuovi incentivi non potrà portare a nessun risultato concreto.

L’ideologia degli incentivi fiscali ha infatti già fallito, basti ricordare la cifra risibile di contratti a canone concordato stipulati a Milano nel 2021, pari a 2174, di cui una parte grazie a trattative sindacali tra comitati e proprietà, nonostante valori certamente non bassi.  E non può più essere proposta come soluzione.  La crisi abitativa che coinvolge migliaia di famiglie e di lavoratori, e che gli studenti, per la loro parte, oggi sono riusciti a riportare all’attenzione della politica e della collettività, richiede invece un forte ripensamento del ruolo dell’istituzione pubblica che può, in coerenza con quanto stabilito dall’art 42 della Costituzione, determinare i limiti necessari a ricondurre la proprietà privata alla sua funzione sociale.

Chiudiamo con una notizia.  Lunedì 22 alle ore 10 le famiglie sfrattate, sotto sfratto, senza casa  saranno di nuovo sotto l’Assessorato alla Casa, in via Larga 12: decine di famiglie hanno in mano da mesi un’assegnazione di una casa temporanea in emergenza, ma solo sulla carta, mentre Comune e Regione dicono di non avere alloggi disponibili. Contestualmente centinaia di famiglie attendono da mesi l’esito della domanda presentata anche da più di 6 mesi. Andiamo a trovare gli studenti in tenda e non lasciamo sole le famiglie vittime di sfratto o senza fissa dimora!

Veronica Pujia

[1] https://archivio.caritas.it/materiali/Italia/qrrp/qrrp_num1_mar2022.pdf



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