16 maggio 2023

MATTEOTTI A MILANO

Un uomo lasciato solo


Copia di rification

Matteotti non fu mai popolare. Tra i compagni era tenuto in sospetto per la ricchezza, gli avversari lo odiavano come si odia un transfuga. Matteotti era un aristocratico di stile, non di famiglia.

Così scrive Gobetti che aggiunge: “il partito socialista in Italia, durante trent’anni continuò con gli storici costumi dei congressi , dei comizi con il culto del bell’oratore…con l’abitudine ai convegni che terminano in una formidabile pappatoria…in realtà il tipo in cui si mostrò il nostro socialismo è più il tribuno che il politico, e ne venne una classe dirigente di avvocati penalisti, oratori fecondi invece che dottori di diritto…Matteotti era nemico delle sagre…anche dopo che fu deputato  repugnò sempre a questi compiti demagogici…sino al 1919 aveva dato tutta la sua opera alle amministrazioni locali (era consigliere di una decina di comuni… fu anche assessore e sindaco)…era diventato l’incubo degli amministratori per la sua implacabile incontentabilità di spulciatore di conti e bilanci…prima di studiare il bilancio dello stato aveva lavorato per anni ai bilanci dei comuni”.

Proprio nella sua qualità di esperto di bilanci nasce il suo rapporto con Milano e in particolare con il suo sindaco Emilio Caldara.

Imm.-Marossi-Hotel-Dragoni

Aldo Parini dirigente sindacale e stretto collaboratore di Matteotti così racconta come andarono le cose su La rivoluzione liberale nel 1925: “Il Convegno nazionale dei rappresentanti di 250 Comuni socialisti, tenutosi in Bologna nei giorni 16 e 17 gennaio 1916, gli offrì l’occasione di farsi conoscere come studioso competente di problemi municipali. Il sindaco di Milano, Emilio Caldara, aveva terminato di illustrare la sua relazione sul tema: “Le finanze comunali di fronte ai pesi tributari da parte del Governo”, quando il Matteotti chiese la parola e, ottenutala, oppose al punto di vista del Caldara, fondato sull’esperienza milanese, il suo di esperto amministratore di almeno una decina di comunelli e di controllore ed ispettore di una trentina. Il sindaco milanese, per fare approvare la sua relazione, dové – non senza disappunto – acconsentire che le conclusioni della sua relazione fossero modificate per quanto riguardava i Comuni rurali. Alcuni dei maggiorenti socialisti furono scandalizzati dalla mancanza di tatto del Matteotti che non si era peritato dal criticare la relazione di un uomo in fama di competentissimo in materia amministrativa, ritenuto quasi infallibile!”

Secondo Matteotti “i bilanci comunali dovevano essere compilati con onestà in realistica corrispondenza con le possibilità finanziarie del Municipio. Economie fino all’osso, niente debiti. Se per opere pubbliche di grande utilità e per le scuole mancavano i fondi, si provvedesse aumentando le tasse fino ai limiti consentiti dalla legge. Compilava lui stesso i progetti dei bilanci per i Comuni dove temeva che le sue istruzioni non fossero applicate per l’ostruzionismo dei segretari comunali, i quali approfittavano talvolta della inesperienza dei sindaci per farla da padroni. I segretari Comunali maneggioni e faccendieri di alcuni Comuni, gli impiegati facili e tolleranti, lo consideravano come un nemico. Egli non aveva molta stima del ceto impiegatizio e vedeva con sfiducia l’accorrere degli impiegati nelle leghe confederali e nelle sezioni socialiste appena la fortuna arrideva ai socialisti.”

Dallo scontro nacque una solida amicizia e collaborazione che durerà fino alla morte di Matteotti.

Matteotti era un riformista tutt’altro che tiepido tant’è che così scrisse su l’Avanti! del 7 ottobre 1919: “tutti quelli che vogliono sostituire il regime socialista al capitalismo, hanno diritto di cittadinanza nel nostro Partito. Siamo contro i riformisti che vogliono le riforme come fine e non come mezzo e siamo contro quelli che vogliono l’insurrezione come fine e non come mezzo.”

150047-hd

Nel 1920 la società editrice Avanti! pubblica un manuale per gli amministratori degli Enti Locali compilato a cura della Lega dei comuni socialisti, dal titolo militante “ALLA CONQUISTA DEL COMUNE volgarizzazione dell’ordinamento e funzionamento degli enti locali nell’ambito delle leggi vigenti”.

La Lega dei comuni socialisti era nata “per creare un organismo di lotta”, dopo che l’ANCI (Associazione nazionale comuni italiani) che aveva sede a Milano fino al 1916 e di cui Caldara era stato segretario e direttore della rivista l’Autonomia comunale. era diventata secondo i massimalisti troppo sturziana e moderata; Caldara abbastanza isolato cercò fino all’ultimo di evitare la secessione socialista ma questo non gli impedì di assumere un ruolo importante nella Lega.

E’ sua infatti la prefazione del volume che raccoglie  gli interventi del gotha del municipalismo socialista: Temistocle Bogiankino sindaco di Ferrara, Alessandro Schiavi assessore al Comune di Milano, Giulio Casalini deputato, fondatore della rivista “Il comune Moderno”, vicesindaco di Torino nel secondo dopoguerra, Augusto Osimo direttore dell’Umanitaria, Luigi Minguzzi l’inventore della centrale del latte di Milano, Francesco Zanardi sindaco di Bologna, Amilcare Locatelli famoso con lo pseudonimo di Travet Rosso, Antonino Campanozzi deputato e direttore della Giustizia; Matteotti scrive un saggio “orientamento finanziario del Comune” che fa da guida a tutti gli altri autori che non a caso in gran parte lo seguiranno nell’avventura del PSU.

20agosto monterotondo

Scrive Angelo Turco: “Giacomo Matteotti teorizza il principio del completo passaggio agli enti locali delle imposte personali, delineando per la prima volta nella storia del socialismo italiano una riflessione sulla “questione tributaria” e proponendo una distinzione dei redditi (di puro capitale, redditi misti, redditi di puro lavoro) in ordine decrescente di tassabilità. Ma proprio sul tema fiscale le municipalità socialiste incontrano i limiti della legislazione italiana liberale prefascista. E in questa ottica si può non a torto parlare di “sovversivismo municipale”, nella misura in cui i socialisti fanno delle proprie amministrazioni dei centri di propaganda di un sistema alternativo e, sfruttando la naturale propensione delle classi oppresse e sfruttate a rivolgersi primariamente ad esso tra tutte le istituzioni, promotori di un nuovo ruolo di attore sociale.”

Matteotti scrisse sull’Avanti! nell’aprile del 1921 un elogio della concretezza degli amministratori socialisti contrapposta alle “discussioni epiche” di massimalisti e comunisti; si teneva in quei giorni il III° e ultimo congresso della Lega la cui fine era già scritta, che vedeva la contrapposizione tra massimalisti e riformisti , il clima era così descritto da Matteotti nel suo ultimo articolo prima del Congresso del ‘22, su La Lotta: “mi vergogno che i nostri congressi dedichino tutto il loro tempo a queste diatribe; che non si pensi ad altro che a scissioni; e che la frazione dominante non abbia altro programma che cacciare fuori i compagni”.

“Si può ben dire –scrive Degl’Innocenti – che Matteotti interpretò, al meglio, il nesso imprescindibile tra il locale e il nazionale. Nei momenti più difficili della nostra storia l’Ente Locale di Matteotti (ma anche di Zanardi, sindaco socialista di Bologna, o di Caldara sindaco socialista di Milano) contribuisce alla tenuta complessiva della società e delle istituzioni…Con Matteotti si passa ai bilanci di previsione, ai capitoli di spesa, alle coperture finanziarie delle proposte di legge, alla trasparenza dei conti pubblici: ecco la “cassetta degli strumenti” (citando Giovanni Montemartini) dei municipi socialisti.”

Il 4 ottobre 1922 al XIX congresso del PSI che espelleva i riformisti fu approvato un incredibile odg che recitava: “le amministrazioni ancora tenute dai socialisti in comunione con elementi riformisti devono dimettersi”; in quella stessa giornata alla fondazione del Partito Socialista Unitario veniva approvato un odg di segno opposto “non si ravvisa nella scissione una ragione di per sé sufficiente ad indurre i compagni a dimettersi dalle amministrazioni locali”, la rottura era totale.

Ovviamente i comunisti che avevano lasciato la Lega nel 1921 non si posero il problema dei comuni perché il partito: “non s’illude e non vuol far credere che gli organismi dell’amministrazione locale possano minimamente servire per l’esplicazione di un qualsiasi programma comunista”.

Nel nuovo partito Matteotti viene eletto segretario vice Emilio Zannerini, Treves assume la direzione del quotidiano La Giustizia, che ha sede a Milano; il simbolo del partito è un sole nascente con all’interno la scritta “Socialismo” e in alto “Libertà”; viene abbandonato l’emblema bolscevico della falce e martello.

Matteotti però non ha il pieno controllo sul partito, la sua linea intransigente, non è condivisa da molti sindacalisti e anzi il segretario della Cgdl D’Aragona, propone un accordo con Mussolini, suggerendo una pacificazione nazionale, mentre Cesare Alessandri già deputato e direttore di Avanguardia Socialista vuole fondare un “Partito socialista nazionale” per collaborare con il regime (che lo ha già a libro paga).

È a Milano l’11 e il 12 novembre al convegno nazionale del PSU che Il Matteotti riesce a far passare la sua linea e vengono approvati documenti che pongono il PSU su una linea di opposizione intransigente al governo; l’incontro si svolge nella palestra della scuola femminile superiore di via Ansperto, in centro città, alla presenza dei delegati di trecento sezioni e federazioni, oltre ai deputati e alla direzione del partito.

L’intervento di Matteotti è tutto impostato contro il collaborazionismo dei sindacalisti: nessuna collaborazione è possibile con il fascismo, il partito deve sviluppare un’opposizione intransigente.

Ma nel documento, come scrive Fabio Florindi, “c’è anche la rivendicazione di un socialismo democratico e dunque nessun rimpianto per un’unione “caotica” con i massimalisti e l’apertura invece alle altre forze democratiche per la riconquista della libertà”.

Matteotti è confermato segretario, con vice Zannerini, e in direzione vengono nominati Turati, Treves e Modigliani, Gino Baldesi, Nullo Baldini, Giuseppe Canepa, Francesco Flora, Ferdinando Targetti e Antonio Greppi il futuro sindaco di Milano al tempo dirigente della Federazione giovanile socialista e direttore del suo periodico la libertà.

13697

Quando a gennaio del 1924 vengono sciolte le Camere e indette le elezioni per il 6 aprile, nel PSU c’è un confronto serrato sulla tattica da adottare, molti sono a favore dell’astensione. Ancora a Milano si riunisce il 18 e 19 febbraio la direzione che decide, con otto voti a favore e quattro astenuti, di partecipare alle elezioni e di presentare proprie liste.

È la vittoria della linea Matteotti favorevole anche alla riunificazione con il Psi che in un articolo per La Brianza Lavoratrice, scriverà: “Sono sempre stato favorevole all’unità, perché al disotto delle frasi e delle formule, ho sempre visto una identità sostanziale tra tutti i socialisti, e un’antitesi netta soltanto col comunismo”, tesi ribadita in una lettera a Turati: “Complice involontario del fascismo è il comunismo. La violenza e la dittatura predicata dall’uno diviene il pretesto e la giustificazione della violenza e della dittatura dell’altro”.

Ancor più chiaro in un articolo del 17 aprile del 1924 “L’esperienza delle altre volte (a proposito di alleanze elettorali ndr) e dell’ultima in particolare, ci ha riconfermati nella convinzione che codeste vostre proposte, apparentemente formulate a scopo di fronte unico, sono in sostanza lanciate ad esclusivo scopo di polemica con i partiti socialisti e di nuove inutili dispute … Restiamo ognuno quello che siamo. Voi siete comunisti per la dittatura e per il metodo della violenza delle minoranze; noi siamo socialisti e per il metodo democratico delle libere maggioranze. Non c’è quindi nulla di comune tra noi e voi. Voi stessi lo dite ogni giorno, anzi, ogni giorno ci accusate di tradimento contro il proletariato. Se siete quindi in buona fede è malvagio da parte vostra la proposta di unirvi con i traditori. Se siete in malafede, noi non intendiamo prestarci ai trucchi di nessuno. Perciò, una volta per tutte, vi avvertiamo che a simile vostra proposta non abbiamo nulla da rispondere”.

Matteotti non ha una grande considerazione della forza del PSU e soprattutto della sua tenuta: “Gli uomini del nostro partito non rispondono affatto all’appello, non vogliono fare …In tali condizioni io non posso continuare a fare il Segretario del Partito. Dirigere un esercito che continua a scappare è ridicolo”.

In un’altra lettera a Turati, insiste: “Certo io non sto più oltre in una situazione come l’attuale; con un Partito che fa tutto l’opposto di quello che si vuole; perché ognuno fa anarchicamente per conto proprio; o più esattamente non fa. Io perdo tutto il mio tempo a sollecitare gente che non si muove; mentre molto più potrei fare muovendomi da solo … Tutti sono pervasi dallo spirito negativo. Non volevano che scrivessimo l’anno di dominazione; non hanno voluto conferenze; vogliono il nulla perché sono nulla. Io non intendo più oltre assistere a simile mortorio. Cerco la vita. Voglio la lotta contro il fascismo. Per vincerla bisogna inacerbirla. Ci vuole gente di volontà e non degli scettici”.

Ciononostante, alle elezioni i socialisti unitari eleggono ventiquattro deputati; la Lombardia fu la roccaforte di Matteotti che prese 124606 voti il 12,17%, contro il 5,90 nazionale. Sempre in Lombardia i socialisti massimalisti presero 119.078 voti, i comunisti 58.182, mentre i fascisti presero il 49,22% contro il 60% nazionale.

Gli eletti lombardi PSU furono Turati, Treves, Caldara, Gonzales (l’avvocato già consigliere  provinciale e comunale  di Milano cui toccò il riconoscimento dei resti di Matteotti) e Bellotti; per il PSI Lazzari, Campanini (nel dopoguerra consigliere comunale di Lodi), Momigliano (nel dopo guerra parlamentare dello PSLI), Noseda comasco, Viotto (nel dopo guerra segretario dello PSDI); per i comunisti Fortichiari (negli anni 70 di Lotta Comunista), Repossi (nel dopoguerra PSI), Riboldi l’ex sindaco di Monza.

Il 30 maggio Matteotti (assieme ai massoni napoletani Enrico Presutti liberale amendoliano già sindaco di Napoli e Arturo Labriola che fu sindacalista rivoluzionario, riformista, esule antifascista, fascista, costituente, capolista PCI a Napoli) propone alla Camera di avviare la procedura per invalidare l’elezione di un gruppo di deputati illegittimamente eletti a causa delle violenze e dei brogli ma la Camera con 285 voti contrari, 57 favorevoli e 42 astenuti respinse.

Martedì 10 giugno mattina Giacomo Matteotti è alla Giunta del Bilancio con Caldara, l’ultimo socialista a vederlo vivo. Nel pomeriggio aveva dato appuntamento sempre a Caldara per continuare il lavoro sul bilancio: “lavorando con pazienza e scrupolo su tutti i conti e i bilanci dello Stato dall’esercizio 1920 in poi volevamo dimostrare con cifre e dati di fatto che la restaurazione del Bilancio era un altro bluff del Governo fascista”.

Imm. Marossi

Alle 16,30 esce di casa per recarsi alla biblioteca della Camera: “aveva con sé come sempre una busta non chiusa intestata Camera dei deputati, nella quale soleva portare appunti e documenti che gli servivano alla Camera” racconta Velia Titta; nessuno lo rivedrà mai più.

I resti del cadavere del “Pellegrino del nulla” come lo definì Gramsci parafrasando Radek (“il combattente sfortunato, ma tenace fino al sacrificio di sé, di una idea, la quale non può condurre i suoi credenti e militanti ad altro che ad un inutile circolo vizioso di lotte, di agitazioni, di sacrifici senza risultato e senza via di uscita”), verrà trovato in agosto.

Milanesi e arditi era la gran parte del gruppo dei suoi assassini.

Il 14 novembre 1925 il PSU fu sciolto.

Walter Marossi

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Dino MondoniMagistrale articolo, davvero notevole la chiarezza della visione di Matteotti insanabile e contrapposta a quella di Gramsci.
    18 maggio 2023 • 10:52Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema


19 marzo 2024

MILANO CAPITALE

Walter Marossi



5 marzo 2024

PALAZZO MARINO E IL PANE

Walter Marossi



20 febbraio 2024

LA FOLLA DELINQUENTE

Walter Marossi



6 febbraio 2024

ISRAELE E PALAZZO MARINO

Walter Marossi



23 gennaio 2024

UN ASSASSINO A PALAZZO MARINO

Walter Marossi



9 gennaio 2024

SEMPRE MENO ELETTORI?

Walter Marossi


Ultimi commenti