16 maggio 2023

LA PREGHIERA DI WILLIAM FORSYTHE

«Serata William Forsythe / Blake Works V» al Teatro alla Scala


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Chi è William Forsythe? perché ha avuto tanto successo nella prima del 10 maggio scorso tra il pubblico e gli artisti? Perché Forsythe è un genio. Un genio della coreografia con una straordinaria sensibilità per la scelta musicale.

Su invito del direttore Manuel Legris, che dall’inizio del suo mandato ha promesso di ampliare la stagione di balletto con titoli e creazioni di danza “moderna” – intendo tutta la danza al di fuori del balletto classico –, Billy Forsythe ha creato per la compagnia del Teatro alla Scala la quinta tappa delle sue esplorazioni all’interno del mondo di James Blake, compositore contemporaneo britannico di formazione classica, molto ammirato dal coreografo.

Infatti, in giro per le compagnie di ballo del mondo Forsythe ha creato quattro pezzi di incontro della tecnica classica con la musica di Blake, cominciando dall’Opéra di Parigi nel 2016, continuazione dell’iconico e famoso In the Middle Somewhat Elevated in cui c’era il giovanissimo astro nascente di Sylvie Guillem che ha tanto rivoluzionato il mondo della danza senza mai cambiare la tecnica, poi al New York City Ballet, al Boston Ballet, all’English National Ballet e adesso al Teatro alla Scala con il quinto segmento.

Blake Works V è pensato come una classe di danza e, come una classe, è diviso in tre momenti fondamentali per il danzatore: il riscaldamento, la sbarra e il centro. Nella sala di danza gli esercizi  sono graduali in modo da preparare il corpo dall’interno, come un’ascesi – ricerca – quotidiana. C’è chi paragona la danza a una preghiera, che potrà sembrare un’esagerazione, ma è un concetto  tanto vero quanto antico e che viene da lontano.

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Oggi forse il cristianesimo ha un po’ perso questo concetto, ma i primi cristiani che si confrontavano con il mondo raffinatamente ‘ellenistico’ dell’impero romano dicevano che, nel riscaldare l’anima, la preghiera mostra gli effetti dell’ardore dello Spirito Santo. E se andiamo più a oriente, questo ‘calore’ è il tapas della filosofia del Veda e dello yoga, che ad esempio il dio Śiva insegna a generare con la meditazione e con la danza. Che cosa accomuna per l’India antica l’asceta e il danzatore, da riconoscere allo stesso deva – dio – la cura di queste due egualmente sacre e apparentemente opposte pratiche? La devozione alla disciplina e la costanza dell’esercizio.

William Forsythe omaggia la danza con la sua preghiera, ritornando all’origine, la classe di danza, che più segna la vita dell’artista che si dedica al balletto e che consiste in un momento che quasi passa in secondo piano di fronte allo spettacolo – ovviamente il fine del balletto. Tuttavia, durante al classe con il suo andamento “sempre uguale” si forma e si studia il proprio corpo, si pratica la devozione e la costanza all’arte, che porta al miglioramento e alla progressione.

Per questo motivo alle tre parti della classe di danza corrispondono le tre parti di Blake Works V: Prologue (riscaldamento), The Barre Project (sbarra) e Blake Works I (centro). Durante il riscaldamento si comincia ad abituare il corpo allo spazio entro cui si studierà e si danzerà, i movimenti sono più lenti, controllati, si cerca di attivare tutti i muscoli allungandoli, coordinando e isolando gli arti.

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La danza del Prologue gioca più sul riempimento del vuoto musicale della musica molto “ampia” attraverso pose più plastiche con passaggi di posizione che rivelano un dinamismo di controllo del corpo, che culmina con un assolo di grande controllo e precisione eseguito da Domenico Di Cristo, che vive la musica dentro di sé, dando significato e personalità a ogni gesto, come un semplice cenno della testa. Non nascondo che Prologue è il quadro che mi ha commosso ricordandomi nell’interazione tra le opposte musica e coreografia l’interazione tra me e il mio più caro amico, che non c’è più nella mia vita: insieme condividevamo la passione per Hermann Hesse e ci riconoscevamo nei suoi Narciso e Boccadoro, due volti opposti che completano una stessa anima.

The Barre Project prosegue con ritmo incalzante, come la sequenza fissa della sbarra, veloce per attivare i muscoli e abituarli alla brillantezza e alla precisione del movimento. I danzatori si susseguono uno per volta alla sbarra riempendo uno spazio essenzialmente ristretto, ma che si apriva a incursioni con duetti e piccoli ensemble di grande vivacità. Alla sbarra si cerca sicuramente l’armonia dell’insieme, ma è un lavoro del tutto individuale in cui si prepara il proprio corso e il proprio sé al lavoro.

La Barre di Forsythe è composta anche di piccoli tratti del quotidiano reale: la coreografia mostra ammiccamenti al pubblico o tra i danzatori, movimenti meno ordinari, questo. Capita, infatti, a chiunque che si incroci lo sguardo di colleghi, ci si sorrida, e si cominciano a creare quelle interazioni che fanno il corpo di ballo, descritte con i duetti e ensemble vari.

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Al centro che succede, invece? Le donne si mettono di solito le punte, perché il centro serve per misurarsi con lo spazio e con gli altri, dare una terza dimensione al passo e verificare la stabilità dell’esecuzione degli esercizi che coprono la più vasta gamma dal grande adagio a tutti i salti, fino alla coda e alla révérence. Infatti, c’è un po’ di tutto nella parte Blake Works I che richiama il pezzo creato per la compagnia del Palais Garnier, a partire dai costumi. Forsythe, infatti, ha voluto omaggiare la scuola francese con i costumi di un celeste tenue che richiamano le divise della scuola dell’Opéra.

Qualcosa nei ports de bras richiama la tecnica francese, ma poi il tutto prende una via propria, una via Forsythe, che dà estro ai salti, alle combinazioni, ai ‘gruppi’ come in una classe, e al virtuosismo come nelle code di manèges e giri (alla seconda e fouettés). Si distingue come cammeo il passo a tre di Claudio Coviello, Camilla Cerulli e Benedetta Montefiore per il disegno geometrico come un triangolo bidimensionale che in 3D diventa piramide, come in una proiezione ortogonale. Il movimento fluido e netto allo stesso tempo. Ottima la sintonia tra gli interpreti nell’interazione tra loro e nella presa dello spazio.

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La compagnia della Scala ha mostrato di apprezzare il lavoro di e con Forsythe. Molti i danzatori che si sono distinti, tra tutti: Linda Giubelli, Rinaldo Venuti, Navrin Turnbull e Saïd Ramos Ponce, che sono relativamente nuove leve. Confermano la storica professionalità e personalità Christian Fagetti, Alice Mariani, Martina Arduino e Andrea Risso.

In sostanza, Blake Works V di William Forsythe ha tutti i numeri per non essere solo un meteora contemporanea nel repertorio scaligero, come sembra essere accaduto ad alcuni bei titoli che si sono visti – come «Winterreise» di Angelin Preljocaj e «Woolf Works» di Wayne McGregor –, ma la mia preghiera è che possa entrare ‘realmente’ nel repertorio come titolo moderno accanto al balletto classico, specialità del Teatro alla Scala.

Domenico Giuseppe Muscianisi

Foto di Marco Brescia e Rudy Amisano © Teatro alla Scala: 1. (copertina) Domenico Di Cristo in «Prologue»; 2. Christian Fagetti e Alice Mariani in «Blake Works I»; 3. Saïd Ramos Ponce e Francesco Mascia in «Prologue»; 4. Camilla Cerulli in «The Barre Project»; 5. Rinaldo Venuti, Navrin Turnbull e Claudio Coviello in «Blake Works I». 

 



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