4 aprile 2023

TRAFFICO A MILANO. CHI È IL NEMICO?

Un'amministrazione in confusione


Copia di rification (4)

Sembra siano in arrivo altri oneri per gli automobilisti milanesi: si parla di pagamento della sosta in strada anche per i residenti. Avviene già in altre città, non è una novità, ma a Milano questa misura stride. Qualche giornale parla di aumento del ticket per accedere all’area C, di pagamento della sosta per la seconda auto di famiglia e di altre misure del genere e anche queste proposte, a Milano, richiederebbero qualche valutazione più ampia.

Innanzitutto l’area milanese, valutata dall’Eurostat in cinque milioni di abitanti, è un unico grande bacino di mobilità. Questa mobilità non è solo centrifuga e centripeta, come in molte metropoli, ma, proprio per la costruzione policentrica di quest’area, è multiorientata. Questo significa che anche molti milanesi sono pendolari verso l’esterno, ed infatti il loro numero continua ad aumentare negli anni.

Ma poiché la rete di trasporto pubblico si fa necessariamente a maglie più rade più ci si allontana dal centro, avviene che molti milanesi debbano usare l’auto per andare al lavoro. Avviene anche che in molte famiglie sia necessaria più di un’auto perché tutti i componenti possano raggiungere le loro destinazioni lavorative.

Ancora: ci sono gli artigiani che hanno bisogno di trasportare i loro strumenti di lavoro, idraulici, falegnami, muratori, manutentori vari, del tutto inadatti all’uso delle biciclette; poi i professionisti che devono raggiungere più di una destinazione nella giornata: medici, architetti e ingegneri, e altre non poche categorie, che popolano le strade della città.

Per questi non è semplice se non addirittura impossibile usare il trasporto pubblico. Poi ci sono le consegne a domicilio, molto congestionanti, ma almeno evitano gli spostamenti degli acquirenti.

E non mi si venga a dire che i milanesi sono fanatici dell’automobile: quando fu aperta la linea 5 del metro fu subito congestionata e sembra stia avvenendo lo stesso per quello spezzone della linea 4 appena messo in esercizio.

Non a caso i pendolari su Milano, che negli anni ’70 erano circa 700.000 al giorno, con le rilevazioni fatte dal Comune alla riapertura dei varchi dell’area B sono risultati essere 400.000 (quanto alle autovetture, i mezzi commerciali sono in aumento). Questo risultato è stato ottenuto dal passante ferroviario (che trasporta 320.000 persone al giorno), dalla nuova linea 5 del metrò e dall’estensione delle altre linee.

Quindi i trasporti pubblici, a Milano, hanno una grande capacità di ridurre la circolazione e l’ingresso delle auto dall’area urbana circostante.

Peccato però che il secondo passante, già individuato nei Piani di Traffico, fu espunto dal PGT e dal Piano del Traffico ad opera delle Giunte Moratti e Pisapia. Avrebbe collegato tutte le stazioni della Lombardia con il centro di Milano, togliendo dalla strada altre centinaia di migliaia di pendolari.

E’ pur vero che il passante ferroviario è un’opera che richiede grandi risorse, tuttavia il secondo passante sarebbe stato lungo circa la metà del primo e lo si poteva realizzare in accordo con la Regione e contrattando con lo Stato, come si fece per il primo. Era già presente nel Piano dei Trasporti del 2001, dall’ultimazione del primo passante nel 2005 sono passati circa diciotto anni e c’era tutto il tempo per convincere il Governo a finanziarlo. Un altro modo per non essere assediati dalle auto è quello di costruire parcheggi.

Mi ha sempre interessato la soluzione scelta a Washington: intorno al grande giardino che va dal Monumento a Washington fino al Campidoglio (Madison Drive e Jefferson Drive) possono posteggiare solo i disabili (ne hanno prodotti molti con le guerre) ma tutte le strade laterali hanno parcheggi (ovviamente in elevazione) e si trova sempre posto.

La Giunta Albertini ha messo sottoterra poco più di 20.000 auto, erano previsti altrettanti altri posti, molti già convenzionati, ma la gran parte furono revocati dalla Giunta Moratti, né la Giunta Pisapia fu in grado di rimediare.

Ora il Comune dice di voler costruire altri parcheggi, ma gli spazi utili sono sempre quelli e pochi altri, cosa diranno i cittadini che avevano già un posto assegnato che fu revocato?

Non c’è alcun bisogno di fare la guerra alle auto, con una buona urbanistica molto si può fare: c’è un secondo passante da progettare, una metropolitana 6 già prevista dal PUMS da progettare e realizzare (non quella tangenziale a Sud comparsa sui giornali qualche mese fa, destinata al fallimento).

Si possono realizzare altri parcheggi, per quelli già previsti e revocati risolvendo, se si presenteranno, i problemi con i vecchi proprietari, e altri nuovi sono possibili. E non bisogna necessariamente costruirli solo sottoterra. E con questi interventi la motorizzazione calerà autonomamente.

Altre città hanno risolto questi problemi, come Barcellona, il cui primo sindaco, dopo il franchismo, Pasqual Maragall, grande amico di Tognoli, aveva subito applicato la ricetta che lui aveva proposto con una delibera comunale a Milano: mettere le auto sottoterra nelle piazze.

Quando Maragall divenne sindaco di Barcellona, tra le prime cose aprì le grandi strade della città e vi realizzò parcheggi sotterranei: ora Barcellona è un esempio mondiale di avanzata gestione della sosta.

Avendo rinunciato a ridurre la circolazione con rimedi strutturali (e di conseguenza anche la motorizzazione, ricordiamo però che Milano, con la sua rete di trasporto pubblico. ha il tasso di motorizzazione più basso dei capoluoghi provinciali lombardi), ecco che l’automobile diventa il nemico e l’obiettivo diventa: ridurre la motorizzazione!

Ecco allora che si realizzano piste ciclabili ovunque, anche con il mal celato obiettivo di restringere le strade per diminuire la circolazione.

Piste ciclabili realizzate non nelle zone 30 o sulle strade secondarie come si dovrebbe secondo la tecnica internazionale (le zone 30 vere non esistono a Milano, se non in due casi sperimentali degli anni ’90, oggi si riducono a segnali inosservati messi spesso anche su strade di larga sezione o di grande traffico, si veda Via dei Canzi, zona 30 percorsa dagli autobus e da mezzi pesanti destinati alla Tangenziale).

Le piste vengono tracciate su strade principali con l’obiettivo di ridurre la circolazione, creando pericolosi conflitti tra automobilisti, ciclisti e pedoni, e le statistiche degli incidenti lo documentano.

Gli esempi potrebbero essere molti: in Via Visconti di Modrone scendendo dal taxi si rischia di travolgere un ciclista; in viale Monza il carico e scarico si fa sulla pista ciclabile, e via dicendo. In altri casi si riduce semplicemente il calibro della strada, come in via Pacini, ove sarà pericoloso sorpassare un ciclista.

Il tutto con la totale scomparsa della Polizia Municipale dalle strade di Milano e con la conseguente totale licenza garantita ai ciclisti (si sa, sono buoni perché non usano l’automobile) e condivisa da tutti gli altri utenti della strada.

Ne consegue che si vedano ovunque ciclisti che pedalano sui marciapiedi o in contromano, passano con il rosso (mi è talvolta capitato di incrociarne due, uno in mano e uno contromano), che attraversano gli incroci in diagonale. Per non parlare dei monopattini, ancor più pericolosi, anch’essi sui marciapiedi, contromano, a passare con il rosso, nella totale licenza. Poiché ora tutto si può fare, anche le automobili hanno iniziato a passare con il rosso, quando l’incrocio è libero.

Mentre si riducono i parcheggi sulle strade, invece del ridursi della motorizzazione, sono esponenzialmente aumentate le soste in doppia fila, indisturbate perché la Polizia Municipale è sempre assente. Ora sembra che il Comune abbia deciso di non mettere più il tagliando della multa sul parabrezza delle auto in sosta, cosicché non sarà più possibile pagare entro cinque giorni per avere una riduzione.

Considerando questa politica, con tutto il molto non fatto e con le nuove proposte a carico dei proprietari di automobili, viene da pensare che il nemico non sia l’automobile, ma i cittadini!

E, infatti, questi se ne vanno a vivere fuori a decine di migliaia all’anno, anche perché strozzati dagli spropositati prezzi immobiliari.

Che ne sarà di Milano: una città tutta di grattacieli, congestionata da biciclette e monopattini e abitata da ricchi e da singles in carriera?

Giorgio Goggi



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