10 gennaio 2023

QUESTIONI E PROBLEMI MILANESI

Far finta di pensare alle giovani generazioni, a parole.


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Fare il punto sui nodi aperti di Milano e sui possibili indirizzi amministrativi per l’anno iniziato, richiede una contestualizzazione glocale. Ciò è inevitabile, non solo perché Milano, con  il suo ruolo e la sua funzione, costituisce un nodo importante della rete europea e globale dei mercati, ma è altresì inevitabile per le evidenze delle relazioni eco sistemiche in questa Piccola Terra.

Ebbene, le generazioni che vivono oggi fanno i conti con una combinazione di crisi che si presentano come endemiche e sovra ordinanti. Alterazione climatica ed emissione di CO2, consumo ed esaurimento di risorse non rinnovabili, perdita di biodiversità ed estinzione delle specie animali e vegetali, pandemie e resistenza agli antibiotici, conflitti armati neocolonialismo e tardo imperialismo, migrazioni continentali.

Tutto ciò rende irriverenti, verso queste e le future generazioni, gli accordi delle conferenze internazionali, siano sul clima o sulla biodiversità, con la loro difficile condivisione di impegni senza scadenze e senza sanzioni. La conversione ecologica, che quarant’anni fa poteva sembrare un vezzo ideologico, si presenta oggi come una necessità vitale che le alterazioni climatiche e territoriali ci ricordano con cadenzamento ristretto.

Una conversione efficace avverrà in virtù di una scelta di valore e non a seguito di una catastrofe: qui la politica, la politica pubblica, ha una funzione cruciale per accompagnare la società tutta ad un passaggio consapevole e desiderabile. Certamente all’insegna della sobrietà e non del pauperismo, ciò richiede qualità e bellezza. Soprattutto questo processo richiede una partecipazione diffusa e informata.

Bene, cosa c’entrano le scatole cinesi dei fondi speculativi con le scelte strategiche che interessano il ruolo, la funzione, l’identità, di Milano Città Metropolitana Europea? Chi se non un articolato sistema di partecipazione democratica può usare le risorse normative, regolamentari, di pianificazione, di organizzazione dei servizi pubblici, per dare vita ad un sistema territoriale qualitativo? Parlo di qualità dei servizi, qualità delle infrastrutture, qualità culturale, qualità sociale, qualità ambientale, qualità del lavoro, qualità della formazione. Milano può avere un ruolo attivo ed una funzione adeguata ad una produzione di valore qualitativo, ambientale e sociale, come fattore competitivo per coniugare benessere e vivibilità, secondo gli indirizzi, pur contraddittori, delle Direttive Europee sulla ‘Due Diligence’ e sulla ‘Corporate Sustainability Reporting’.

La questione critica a Milano non riguarda solo la qualità dell’aria, riguarda la qualità della democrazia, che registra un deficit preoccupante con il solo 47% di partecipazione al voto amministrativo, schede bianche e nulle incluse. Un deficit democratico evidenziato, per ultimo, dalla farsa del Dibattito Pubblico sulla necessità di abbattere il funzionante e riqualificabile stadio San Siro Meazza affinché, insieme a quello nuovo, sia possibile, per i fondi proprietari di Milan e Inter, costruire volumetrie importanti che con l’attività sportiva non hanno nulla a che fare.

Con il sindaco ‘Milano non si ferma’ e la sua Giunta che hanno detto che il tutto è di ‘Interesse Pubblico’.  Ci sarebbe da ridere se non ci trovassimo di fronte allo sfregio di qualsivoglia esercizio di soggettività pubblica da parte del sindaco e della sua amministrazione, preoccupati di essere tempestivi esecutori della volontà e degli interessi dei fondi internazionali e non dell’interesse generale. Ci sarebbe da ridere di fronte al Sottosegretario Sgarbi che ha avviato la procedura per l’apposizione di un vincolo per lo stadio esistente o di fronte al Presidente del CONI Malagò che ha ricordato che nel 2026 le Olimpiadi Invernali saranno inaugurate a San Siro.

Eppure gli uffici comunali hanno detto che San Siro non può essere riqualificato a dispetto dello studio del Politecnico che afferma e dimostra il contrario. Giochi delle Tre Carte: con il parere espresso da un organo amministrativo  fatto passare per “sovrintendenza” dall’assessore.  Gli stessi uffici, la stessa commissione cortigiana preposta, che hanno bocciato la possibilità di referendum chiesta dai cittadini, non perché il tema stadio non fosse questionabile, non per irregolarità di forma o di merito del testo, semplicemente perché secondo loro non è possibile alcuna soluzione differente dall’abbattimento.

La demolizione del San Siro Meazza non è “Interesse Pubblico” infatti nel 2025 scatta il vincolo per i 70 anni del secondo anello.  La Sovrintendenza di Milano, quella vera, nel 2019 si era dichiarata non favorevole alla demolizione dello stadio, il Comune nel 2020 si era rivolto alla “Segreteria lombarda del Ministero dei beni e delle attività culturali”, non, come dovuto, alla Direzione centrale delle Soprintendenze.

Di fronte all’ennesimo ricorso al TAR, questa volta presentato dall’Associazione Gruppo Verde Milano San Siro,  per annullare la delibera della giunta in merito alla costruzione del nuovo impianto, il commento del sindaco ‘Milano non si ferma’ è stato ’E’ chiaro che questo è un percorso a ostacoli. Noi dobbiamo fare ciò che è giusto, da un lato tutelare i diritti di chi vive in quei quartieri, dall’altro delle squadre che legittimamente chiedono un nuovo stadio. Dopo di che non è che possiamo pensare di potere incidere su tutto, e soprattutto sulle coscienze collettive. E’ un tema che divide. A volte a me rincresce che di fronte ai tanti problemi che ci sono nella nostra società e contemporaneità, si parli un po’ troppo di stadio. Pare che questo sia il nostro destino nella nostra stagione politica’.

Si tratta di un destino che ha deciso e ci ha imposto lui per conto dei fondi proprietari. Non ne ha proposto un altro sentendo i cittadini, i quali nel Dibattito Pubblico farlocco si sono comunque fatti sentire. Risulta tanto irridente quanto malinconicamente coerente l’ultima uscita del sindaco Sala rivolta al governo “Sul vincolo di tutela decida in fretta. Se ci fosse, non potrei più impormi”.

 Il deficit democratico è istituzionalmente strutturale: la Città Metropolitana considerata un residuo della Provincia e la conferma dei comuni di cintura come ‘contado’ cui rifilare una nuova discarica, come a Casorezzo forzando norma e volontà di 52 comuni, alla faccia delle Zone Omogenee. Grazie al fatto che il sindaco e il consiglio metropolitani, a dispetto del Titolo Quinto della Costituzione, non vengono eletti a suffragio universale. Il sindaco, di default, è quello eletto dagli elettori del capoluogo e il Consiglio Metropolitano è eletto dai sindaci e dai consiglieri dei comuni metropolitani con voto ponderale. Per cui il voto di un consigliere di Milano vale 715 e quello di uno di Buccinasco 36.

Si dirà che tocca al Parlamento fare la legge elettorale dato che la Città Metropolitana si è dotata dei requisiti: Zone Omogenee e Statuto. Peccato che solo la Camera del Lavoro si è mossa e si muove per sollecitare Parlamento e Governo. Di più, i Municipi oggi simulacri di decentramento senza poteri e campetti di allenamento per aspiranti consiglieri comunali potrebbero avere almeno le prerogative di quelli di Roma, dipende dal sindaco e dal Consiglio.

Ancora: la Città Metropolitana ha uno Statuto che, su iniziativa dei consiglieri della lista esterna ai due poli La Città dei Comuni, prevede il referendum propositivo. Peccato che il sindaco metropolitano, che è lo stesso di Milano, non abbia mai portato in Consiglio il regolamento attuativo.

Per finire possiamo aggiungere che le partecipate, 100% pubbliche, non vengono per nulla interessate a fare una politica di facilitazione ed accompagnamento per le CER-Comunità Energetiche Rinnovabili (imprese, pubblico, privati cittadini)  e le GAC-Gruppi di Autoconsumo Collettivo (privati cittadini) e vengono lasciate a fare politiche da impresa privata tout- court. Le Direttive Europee sulla ‘Due Diligence’ e sulla ‘Corporate Sustainability Reporting’ non sono affari che le interessano, così come il degrado sociale e strutturale dei quartieri delle case popolari degli immigrati di ogni continente, un tempo comunità di promozione sociale e di cittadinanza attiva per immigrati da ogni regione.

Colmare questo deficit democratico prodotto dalla consociazione bipolare è una condizione indispensabile perché Milano e la sua Città Metropolitana siano un territorio abilitante, non per le speculazioni fondiarie e immobiliari nominali ma per la produzione di valore qualitativa: ricerca-impresa-cittadinanza.

Fiorello Cortiana

 



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