20 dicembre 2022

MEAZZA IL GIOCO DELL’OCA È FINITO

La voce del comitato sì Meazza


 erwan-hesry-IqB5MPcQp6k-unsplash (1)

Non siamo affatto ritornati alla casella di partenza di questo gioco dell’oca “San Siro“, durato oltre tre anni e mezzo. Siamo alla casella finale, poiché si è evidenziato con nettezza che non c’era e non c’è alcun “interesse pubblico” nel progetto dei due fondi finanziari stranieri, dalla proprietà incerta e anzi in grave crisi economica (come dimostra l’abbassamento del rating per il fondo che controlla la Inter spa).

E sarebbe ben strano che il Comune (o comunque il contribuente pubblico) spendesse dieci milioni per sistemare tribuna d’onore e spazi per la stampa nello Stadio di San Siro, – come chiesto dal Comitato Olimpico internazionale che settimana scorsa ha ribadito la validità del Meazza –  per poi demolirlo.

Immagino che il Sindaco e la sua “portavoce” allo sport abbiamo spiegato al CIO che, nei loro intendimenti, durante la cerimonia di apertura dei XXV Giochi olimpici invernali il 6 febbraio 2026, ci sarà tutt’attorno un gigantesco cantiere, e che, subito dopo, il “nono stadio d’Europa in termini di capienza” (così nella presentazione del sito del Comitato MilanoCortina 2026), verrà demolito e al suo posto verrà costruito un grande centro commerciale (80.000 mq. ovvero più dell’area che oggi occupa il mitico San Siro).

E che la demolizione del Meazza non sia un “interesse pubblico” è dimostrato dal vincolo che nel 2025 scatta per i 70 anni del secondo anello. E oggi giustamente il Ministero smentisce un parere di un organo amministrativo, fatto passare per “sovrintendenza” dall’assessore alla “degenerazione urbana”. Si noti che la Sovrintendenza di Milano nel 2019 si era dichiarata non favorevole alla demolizione del Meazza e che poi il Comune nel 2020 aveva chiesto un parere alla “segreteria lombarda del Ministero dei beni e delle attività culturali”, non alla Direzione centrale delle Sovrintendenze, come sarebbe stato d’obbligo.

Giusta e sacrosanta, e direi anche dovuta, è quindi la decisione del sottosegretario Vittorio Sgarbi di salvare anche dal punto di vista storico, culturale ed etnografico un monumento simbolo della città e dell’architettura e dell’ingegneria, moderna e milanese.

Vale la pena ricordare che la stessa legge sugli stadi prevede prioritariamente il “recupero”, e, nel caso del Meazza, il riutilizzo dello stadio esistente.

In questi giorni, poi, è venuto a galla che l’affitto dello Stadio per i concerti (nel 2023, per di più, si andrà oltre il limite posto dalla convenzione tra Comune e concessionario) produce delle entrate che superano i costi della convenzione. Di fatto cade l’altra panzana per cui lo stadio costerebbe al Comune se le squadre andassero via. Per inciso, le squadre avrebbero dovuto sistemare i servizi igienici e i seggiolini, che sono una vera indecenza, o almeno il Comune nell’ambito della convenzione avrebbe dovuto richiedere lavori di manutenzione ordinaria e straordinaria, per la conservazione e la valorizzazione del proprio immobile.

Comunque, a differenza di quanto scritto dal prode assessore-veggente (“è presumibile che non ci siano società interessate a San Siro, oltre all’Inter e al Milan”), si è fatta avanti una grande società internazionale (gestisce oltre 350 impianti nel mondo) che è disposta a gestire San Siro, con le due squadre, con una squadra o anche senza le squadre.

E questo potrebbe anche risolvere il problema della sistemazione dell’esterno di San Siro, per sostituire alla distesa d’asfalto dei parcheggi, un ampliamento del verde ponendo quindi le basi per la creazione di un esteso parco quale grande funzione urbana. Ciò abbatte anche l’ultima trincea in cui si rifugiano i “giapponesi”, che non hanno ancora capito di avere perso la guerra: quella per cui il mega progetto edilizio di oltre 80.000 mq di costruzioni più lo stadio “moderno” sarebbero preferibili alla opzione zero, ovvero lasciare la situazione così com’è.

Del resto la vicenda “San Siro” è piena di panzane disseminate lungo questi tre anni e mezzo.

Quella per cui per ristrutturare il Meazza, le squadre devono andare a giocare altrove: nel 1954-1955 si costruì il raddoppio dello stadio, inglobando il primo anello senza interrompere campionati e coppe. Così fu per il terzo anello 1989-1990, che inglobò il primo e il secondo anello.  E oggi con le moderne tecnologie, è dimostrato che si può ammodernare e lo stadio senza problemi per il campionato e le partite di Champions.

Quella per cui lo stadio “di proprietà” sarebbe indispensabile per la competitività delle squadre in Europa. La vicenda degli ultimi anni della Juventus smentisce questa tesi. Inoltre, da uno stadio in coabitazione e in concessione come il Meazza si andrebbe ad uno stadio in concessione e in coabitazione. Per di più, meno capiente, e pensato solo in funzione dei diritti televisivi e delle “corporate hospitality”, con il risultato inevitabile – per la legge della domanda e dell’offerta – che i prezzi dei posti per gli spettatori aumenterebbero.

Quella che il nuovo stadio ci metterebbe in linea con le esperienze europee: in realtà in Europa,  quasi tutti i club sono proprietari o concessionari esclusivi dei loro stadi, dove tutte le società (tranne il Bayern Monaco) hanno deficit paurosi, e dove fondi e proprietari immettono ogni anno centinaia di milioni di euro  per coprire i rilevanti disavanzi delle società, dovuti alle folli spese per l’acquisto di calciatori, alle commissioni agli agenti, agli stipendi assurdi e fuori ogni logica di mercato. Stando all’indagine sulle squadre di calcio italiane siamo in presenza di debiti per oltre tre miliardi.

Del resto, se lo stadio nuovo fosse così urgente e necessario, in questi tre anni e mezzo, Scaroni e compagnia bella avrebbero già tirato fuori i soldi per costruirsi lo stadio a Sesto San Giovanni o a San Donato Milanese o a Porto di Mare (soluzioni, queste ultime due, migliori anche per le infrastrutture di trasporto, pubblico e privato). Invece aspettano il 2027, ben nove anni, per ottenere il loro “indispensabile” risultato. Segno che più dello stadio, importa loro le concessioni edilizie su una area pubblica di 280.000 mq., per cui le future costruzioni hanno un valore aggiunto maggiore di quelle che si potrebbero realizzare in altre aree dentro e fuori Milano. Senza contare il “favore”, destinato ai proprietari dell’aree del Trotto, con la demolizione di un bene pubblico come il Meazza: sono evidenti i vantaggi per la vendita di abitazioni senza l’incombente presenza del glorioso Meazza.

Appare poi veramente ridicola la visione milanocentrica, per cui se Milan o Inter o tutte due vanno fuori città, Milano perde il calcio. Visione bislacca tenendo conto che la fortuna di Milano è quella di avere un hinterland che sorregge la città e che è parte integrante di Milano. La città metropolitana esiste nei fatti: il limite è che non è governata, non è considerata dagli amministratori di Milano e anche dai giornali.

Ed è davvero curioso che Comune e giornali non facciano una piega di fronte alla destinazione fuori Milano, del Besta, dell’Istituto dei Tumori e delle facoltà scientifiche, in sostanza che si svuoti Città Studi (per farne che cosa?) e che invece si tema come una catastrofe se Milan e Inter vanno via da Milano. Curioso e fa pensare alle priorità che hanno in testa gli amministratoti pubblici e gli organi di informazione e fa venire in mente le parole di Monsignor Delpini sulla urbanistica milanese.

Che il Sindaco Sala sia in difficoltà è del tutto evidente dalla sua uscita, di fronte alle posizioni di Diego Abatantuono contrarie alla demolizione di San Siro: «La mia ipotesi preferita era e continua a rimanere il mettere a posto San Siro ma se le squadre non ne vogliono sapere, io non è che posso ledere i loro diritti».

Inventarsi dei “diritti” inesistenti – oltretutto diritti di privati su beni pubblici (il Meazza e una grande area di proprietà comunale) – non aiuterà il Sindaco a ricompattare una maggioranza attorno ad un progetto che non risponde a nessun “interesse pubblico”. Anzi il rischio è che il Sindaco, la Giunta e i consiglieri comunali – che voteranno per stendere un progetto definitivo e poi uno esecutivo di un’operazione che non si potrà realizzare – siano chiamati dalle società a pagare i danni per i costi dei progetti realizzati sulla base di delibere comunali, senza validità.

Incombono poi eventuali danni erariali per tutte le procedure – compresa la telepromozione del “dibattito pubblico” con l’assessore Tancredi nei panni di Robertino – che hanno comportato dei costi a carico dei contribuenti.

Sarebbe stato saggio seguire la nostra proposta di un bando internazionale per l’ammodernamento, la gestione di San siro e la sistemazione dell’area circostante, e non si sarebbe perso tutto questo tempo. Ma come si dice “quos Deus perdere vult, dementat prius”. Peccato che nel caso di amministratori pubblici, ci vadano di mezzo anche i cittadini.

 “Aguzza qui, lettor, ben gli occhi al vero

ché ’l velo ora è ben tanto sottile

certo che ’l trapassar dentro è leggero”

Dante Purgatorio Canto VIII, 19-21

Luigi Corbani

Per il Comitato SiMeazza

 



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Giuliana"non c'è peggior ... di chi non vuol capire!" "a pensar male si fa peccato, ma ci si azzecca" Grazie Corbani!
    21 dicembre 2022 • 08:08Rispondi
  2. Cesare MocchiIl problema di fondo è che il Comune ha perso la volontà (la capacità?) di discutere e di confrontarsi. Al suo posto, un frettoloso "decisionismo" che non si cura di esaminare e rispondere alle eventuali critiche. Ma è proprio dal dibattito e dal confronto, se pur lento e faticoso, che nasce la civiltà: ce lo insegna la democrazia; mentre le decisioni prese in stanze chiuse da pochi "eletti", se pur più efficaci nel breve periodo, alla lunga si mostrano meno accorte. Ne è una dimostrazione lo sciagurato PGT, pieno di panzane indimostrate, approvato a spron battuto a furia di voti di maggioranza senza discussioni, ma i cui limiti sono ben evidenti (almeno a chi li vuole vedere)
    21 dicembre 2022 • 08:23Rispondi
  3. Gianluca GennaiResta l'archetipo milanese: l'investimento economico, o meglio il movimento di soldi che ne deriverebbe, avanti tutto e senza guardare indietro ne di lato. Temo si possa fare molto poco. D'altra parte, quel motto: "Milano va avanti" è oramai imperativo di un modello che contraddistingue quella generazione di rampanti giovanotti e matusa post anni 80 che purtroppo sembra abbiano la meglio, nostalgici di una "Milano da bere" o forse interessati per un qualche motivo personale ha dare priorità all'interesse privato, peraltro potente, influente, attrezzato anche a livello mediatico, dunque in grado di plagiare non solo conquistare. Sullo sfondo una Giunta che lascia basiti, una politica del " sol'uomo" al quale tutti si piegano, talvolta per ovvio mantenimento della "pagnotta", altre per protagonismo ben evidenziato in quel che si è osato definirlo " Dibattito Pubblico " dando prova di una totale inadeguatezza, quasi farsa, certamente eloquente di quanto si possa fare male qualcosa, senza pudore, con strategia della dissimulazione, una vera messa in scena del ridicolo al quale hanno recitato un ruolo anche coloro che si sono espressi con critiche anche feroci ma che alla fine, si sono prestati alla "messa" giusto per rendere credibile la cosa. E i cittadini? Non saprei, ci sarebbe molto da dire ma certo molti vorrebbero il nuovo stadio e poco hanno capito della speculazione, poco interessa del bene storico, ancor meno degli aspetti collaterali, anzi, a molti l'idea del centro commerciale, di un luogo nuovo e bello da vedere, dove spendere le ultime decine di euro del mese, piace. Su questo bisogna farcene una ragione. Penso ci si possa attestare a un 50% dei quali molti vedono solo lo stadio, per loro il resto è un dettaglio irrilevante. La speranza è riposta nei vostri templi della ragione, nella vostra potenza di fuoco per contrastare questo dominio che pare avere la meglio e nella capacità di penetrazione nell'opinione pubblica, fermo restando che tutti noi siamo chiamati a fare qualcosa.
    21 dicembre 2022 • 11:21Rispondi
  4. Salvatore BragantiniBen detto Luigi, dall'inizio di questa vicenda penso che il Meazza resterà lì e che i problemi di S. Siro siano ben diversi da quanto previsto in questo mega progetto. Esso è volto solo a tamponare i problemi di una gestione calcistica che, incapace di ben amministrare, cerca la soluzione salvifica appropriandosi di beni pubblici. Pensavano di farcela, ma secondo me "non praevalebunt"
    21 dicembre 2022 • 13:26Rispondi
  5. Oreste PivettaCaro Luigi Corbani, le tue considerazioni a proposito dello stadio Meazza sono sensate e in larga parte condivisibili e non ho sufficiente competenza per considerare il contrario. Ad esempio non so dire se l’impianto sia ancora adeguato alle esigenze (quali?) del calcio moderno, se sia davvero possibile ammodernarlo (certo che un concorso internazionale avrebbe aiutato, da un punto di vista della fattibilità, della qualità, della imparzialità...), quale sia la modalità più efficace di gestione, ecc. ecc. Su alcuni aspetti non mi pare però si ponga attenzione: ad esempio sul fatto che il Meazza (e come il Meazza il futuro stadio) insiste in una zona ad alta densità abitativa (cioè ci vive tanta gente attorno), che la viabilità è immutata da sempre, che nulla si fa in occasione dei cosiddetti eventi calcistici o musicali per limitare o vietare la mobilità privata, che il piazzale antistante allo stadio è una “landa desolata” (corretta definizione del presidente milanista Scaroni) impercorribile d’estate come d’inverno, luogo solo di notturne corride motociclistiche e forse d’altro, che stanno sorgendo nuovi complessi residenziali (uno dei quali, stando al progetto, in aperto “conflitto” con il Meazza, come tu stesso ricordi), che il quartiere è povero di servizi e ricco, solo e a distanza, di verde, ecc. Ecco forse bisognerebbe pensare ad un progetto complessivo per l’intera zona, compreso il popolare e ormai famoso quartiere Aler di piazza Selinunte. Ti confesso, per chiudere: ristrutturato il Meazza (che non è un capolavoro dell’architettura contemporanea come vogliono farci credere), non vedrei male sorgere di fronte un bel centro commerciale stile City Life, con i bar, i ristoranti, i cinema, eccetera eccetera, tutto ciò che qui manca. Sarà speculazione edilizia, ma dimmi un po’ quanta parte di Milano si è salvata e si salverà dalla speculazione edilizia.
    21 dicembre 2022 • 14:34Rispondi
    • Guido MiserandinoEgregio Oreste Pivetta, il suo scritto mi sembra essere proprio quello di uno speculatore edilizio... Innanzitutto, con nonchalance dichiara di non avere sufficiente competenza sull'argomento (e a questo possiamo certamente credere), poi si scatena con convinzione sulla zona ad alta densità abitativa, ma che contemporaneamente si presenta come una landa deserta (sic); che stanno sorgendo nuovi complessi residenziali a ridosso del Meazza, come se i complessi residenziali spuntassero spontanei come l'ambrosia. A Milano, purtroppo, la parola "pianificazione" non è nota, almeno ai nostri amministratori: lo Stadio di San Siro esiste, è vecchio, ma bello e non banale tanto da essere Simbolo di Milano in tutto il mondo per la sua struttura Unica nel suo genere e potrebbe avere il vincolo di “interesse pubblico” per i 70 anni del primo anello e per il vincolo che nel 2025 scatta per i 70 anni del secondo anello. Il nuovo complesso residenziale che, stando al progetto, è in aperto “conflitto” con il Meazza dovrebbe tenere conto della presenza dello Stadio e lasciare lo spazio per poter completare il terzo anello. Non si può e non si deve pianificare senza tenere conto dell'impatto con ciò che sta intorno all'area, ma tutta la città dovrebbe essere armonizzata e non vista come isolotti che fanno a pugni con gli altri. Purtroppo, come lei dice, si lascia vincere sempre la speculazione edilizia, ed i motivi possono essere molteplici e non certo edificanti. Un cordiale saluto, Ing. Guido Miserandino
      18 gennaio 2023 • 00:51
  6. Ennio GalanteCaro Corbani condivido le tue articolate argomentazioni che smontano le affermazioni del sindaco e della giunta comunale. Lo stesso sindaco della precedente giunta che ha approvato la sciagurata destrutturazione di Città Studi. Purtroppo il Partito Democratico milanese, mancando di una autonoma capacità di studio politico dei problemi, stravede per Beppe Sala, allievo di Letizia Moratti. Non approvo alcune affermazioni di Pivetta riguardo alle caratteristiche architettoniche del Meazza.
    21 dicembre 2022 • 17:36Rispondi
  7. Oreste PivettaCaro Miserendino, leggo solo ora il suo commento in cui mi iscrive, in modo per me offensivo , al partito degli speculatori. Non essendolo per varie ragioni certe e considerando invece la sua conoscenza mi verrebbe da chiederle quanta parte di Milano sia stata risparmiata dalla speculazione. Non andrei in là nei secoli. Per comodità partirei dal piano regolatore del Beruto. Poi legga bene: ho scritto che non ho competenza di impianti sportivi, della adeguatezza di stadi calcistici, dei vari problemi di gestione. Forse lei sì. La "landa desolata" è il piazzale intitolato a Moratti davanti allo stadio: non v'è chi non veda e non possa constatare la piatta tristezza del luogo. Per il resto il quartiere è densamente popolato e lo sarà ancor di più se andranno in porto i nuovi insediamenti nelle aree, già liberate e ripulite, accanto allo stadio in una zona povera di servizi: ci vivo e lo so bene. Lascio stare i giudizi sul valore estetico del Meazza. Concordo con lei su un punto: a Milano non si pianifica nulla, a Milano non ci si preoccupa di disegnare la città nella sua complessiva dimensione. Anche in questo caso si discute appassionatamente di stadio, senza pensare a quanto succede attorno, da piazza Selinunte in su.
    25 gennaio 2023 • 22:09Rispondi
    • Sergio BrennaCaro Pivetta, io non vorrei proprio offenderla in nessun modo, ma mi permetta di dirle che ridurre Citylife a "un bel centro commerciale" senza alzare lo sguardo a ciò che vi sta sopra e intorno non è degno di chi scriveva articoli per L'unità che sferzavano con acuta ironia il mito della "Milano da bere" allora in auge e che oggi il "dominus" dell'immobiliarismo finanziario milanese, Manfredi Catella, ritrova inneggiando alla "continuità" delle "rigenerazioni urbane" susseguitesi da Albertini/Lupi (Citylife, appunto) a Moratti/Masseroli (Porta Nuova) a Pisapia/De Cesaris e Sala/Maran (ex Trotto S.Siro, ex scali ferroviari, ecc.) indistintamente connotati da indici edificatori doppi o tripli rispetto a quanto previsto dalla pianificazione pubblica di un equilibrato rapporto con gli spazi pubblici e le altezze dell'intorno. Qualcuno preferisce chiamarla "continuità tra cementodestra e cementosinistra": proprio lei non riesce a percepirla?
      27 gennaio 2023 • 15:54
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema





17 ottobre 2023

SALA MARCHESE DI MILANO

Luigi Corbani



17 ottobre 2023

COME NON SI GOVERNA UNA CITTÀ

Paolo Burgio



16 maggio 2023

STADIO SAN SIRO

Felice Besostri



18 aprile 2023

STADIO MEAZZA: DOBBIAMO ANCORA INSISTERE?

Fiorello Cortiana



4 aprile 2023

MILANO, GLI STADI E L’URBANISTICA

Ugo Targetti


Ultimi commenti