31 maggio 2022

IL “MIO” CARDINALE

L’amicizia tra Silvia Giacomoni e Carlo Maria Martini


CARLO-MARIA-MARTINI (1)

In occasione della ricorrenza dei dieci anni dalla morte del cardinale Martini, l’Università Cattolica ha organizzato –  in collaborazione con il Centro di Ricerca World History, il Dipartimento di Storia e il Consiglio delle Chiese Cristiane di Milano – il Convegno “Martini: un vescovo e la sua città”, che si è concluso con un panel di relatori d’eccezione, in quanto testimoni diretti di momenti cruciali e emblematici dell’azione episcopale del Cardinale, capace di apertura di nuovi orizzonti, di iniziative inedite e soprattutto di un metodo di lavoro che ha portato la diocesi ambrosiana a farsi prossimo

Don Virginio Colmegna, alla cui tenacia Martini ha affidato il prezioso lascito della Casa della Carità, ha proseguito nel solco di attenzione agli ultimi e alle periferie tracciato dal Cardinale e a breve inaugurerà Cascina San Carlo, villaggio solidale ispirato alla legge del “Dopo di noi”, che realizza diverse soluzioni di ospitalità per famiglie con figli con disabilità

Silvia Mazzuccato, giurista, che insieme al padre gesuita Guido Bertagna e al criminologo Adolfo Ceretti, e  con l’aiuto di Martini, silenzioso e nascosto protagonista, ha contribuito a tessere un percorso pluriennale tra ex terroristi e vittime, realizzato secondo i principi della giustizia riparativa, valorizza questo cambio di paradigma: una giustizia che promuove i valori della convivenza civile, ricuce i rapporti piuttosto che reciderli e porta in sé il segno di ciò che è altro rispetto al male commesso in un periodo fra i più bui della nostra storia recente

Gianfranco Bottoni, già responsabile per l’ecumenismo e il dialogo dell’Arcidiocesi di Milano, al fianco di Martini nel suo impegno ecumenico in Europa e nel mondo, riconosce in lui un Padre della Chiesa dei nostri tempi e come tale lo racconta, rivelando situazioni non note come l’incontro con Papa Benedetto sul tema della durata del ministerium, con il patriarca di Mosca, o con Elie Wiesel sul perché della Shoah.  

E Silvia Giacomoni, insegnante e giornalista, soprannominata “Silvia perfidia” per la sua intemperanza e la sua franchezza genuina e senza filtri, che non comprende le ragioni del silenzio della città sul magistero episcopale di Martini in questi dieci anni e chiede a gran voce di restituire a Milano e al Paese gli interrogativi e le profonde questioni di senso che hanno ispirato il dialogo di Martini nei 22 anni trascorsi alla guida della chiesa milanese, di trovare a Milano una sede per leggere i suoi testi, oggi ancora estremamente attuali, perché l’attrattiva di quest’uomo di pace e di dialogo è sempre stata quella di essere “avanti” e di saper parlare a tutti, anche ai non credenti e a quelli che a messa non andavano. 

Silvia Giacomoni conosce il cardinale Carlo Maria Martini in occasione della conferenza stampa da lui convocata appena arrivato a Milano nel 1980, con un gesto inedito per la Chiesa di allora, che in genere affidava le comunicazioni al quotidiano l’”Avvenire” e si mette subito alle costole di quest’uomo dal portamento elegante, dagli occhi celesti, dalle grandi mani e sono rimasta incantata dal suo senso dell’umorismo, non consueto per il clima clericale della Curia

Lo segue per il quotidiano “La Repubblica”, ricevendo regolarmente l’elenco dei suoi impegni, camminandogli accanto, facendogli domande che potevano apparire impertinenti e scomode e raccontando questo padre, intelligente, colto, di multiformi esperienze e per nulla permaloso: autorevole, insomma, in articoli su azioni coraggiose e evangeliche di Martini, che piacevano anche ai laici.

Fra loro nasce da subito un rapporto di reciprocità, libero e autentico, perché riescono a scambiarsi i rispettivi mondi, a mettere insieme le differenze, abbattendo le barriere relazionali: lei lo fa entrare nel suo mondo di intraprendente e arguta comunicatrice, di appassionata lettrice di romanzi, saggi e poesie, di donna impegnata sui temi del lavoro femminile, della contraccezione, dell’aborto, del terrorismo, della questione morale della Chiesa, di cui gli parla senza tabù. 

Si scambiano la prima lettera nel febbraio 1982 e poi lo scambio epistolare continua per trent’anni, una “comunione di cammino”, come la definisce lo stesso Martini già nel 1987.

Il Cardinale accoglie i suggerimenti di lettura, supera la propria diffidenza verso i romanzi, prende coscienza del lavoro di scavo e scalpello che i personaggi fanno nel lettore, e accoglie con curiosità e entusiasmo tutti gli un-birthday presents dell’amica, con una fame inesausta di libri che potevano farlo uscire dal ghetto dei suoi pensieri. La relazione e la stima crescono nel tempo, al punto che Martini, molto sensibile alla rivoluzione mediatica in atto, chiede alla Giacomoni di aiutarlo a riflettere sulla comunicazione e sul rapporto coi media, affidandole per una lettura preliminare e per suggerimenti la lettera pastorale “Il lembo del mantello”.

Il cardinale la invita a entrare nel suo mondo di biblista, sa stimolare il piacere di Silvia nella lettura della Bibbia, che la legge anche ad apertura di libro, come parentesi tra una sparatoria e l’altra, come fanno i vecchi cowboy nei film che Martini non ha mai visto. La Giacomoni avverte così il bisogno di capire a fondo il magistero del cardinale Martini attraverso la Bibbia e si innamora dell’”Antico Testamento” al punto da intraprenderne la riscrittura su invito dell’editore Mario Spagnol, e da dedicarlo a quanti, per paura, se ne tengono lontani

Silvia Giacomoni mi confida di non essere riuscita a fare il suo lutto per il cardinal Martini subito dopo la sua morte, avvenuta pochi mesi dopo essere rimasta “dimezzata” per la perdita del marito, il giornalista e scrittore Giorgio Bocca, il “Bocca”, come era familiarmente chiamato. 

Soltanto nel 2018 si è sentita pronta a raccogliere le lettere di Martini e a rispondere alla call for documents lanciata dalla Fondazione a lui intitolata: è stato l’inizio dell’elaborazione di questo lutto, che si è compiuto proprio con la preparazione del libro “Diavolo d’un cardinale”. Senza neppure rileggerle, ha portato in Fondazione un primo fascio di lettere, selezionate in scatole piene di carte con l’aiuto della giovane assistente Marcela. Alberto Porro le ha subito chiesto di cercare le sue lettere a Martini: quando ha consegnato le minute ritrovate nell’archivio del suo PC, ci si è trovati di fronte a oltre 100 lettere e non sono tutte, perché alcune nel tempo sono andate smarrite; subito ha spreso forma l’idea di pubblicarle.

Durante i mesi di lockdown per la pandemia l’amica e editor Laura Bosio ha letto al telefono a Silvia Giacomoni tutte le lettere: ecco che è riaffiorata alla mente l’avventura vissuta negli anni di amicizia con il cardinale, hanno ripreso colore i ricordi e sono state scritte le note, che costituiscono una parte molto importante del libro. Il titolo di manzoniana memoria era già scritto in una lettera dell’autunno del 1990, dopo la lettura della prima lettera sui mass media, Effatà, di cui apprezza l’analisi minuziosa e approfondita dell’argomento: Mi sono detta: diavolo d’un cardinale, che bisogno ha dei miei consigli?

Ora tocca a noi milanesi fare in modo che la lettura delle pastorali di Martini, della raccolta delle dodici Cattedre dei non credenti e della Bibbia, anche per i più giovani, trovino i giusti spazi e la meritata attenzione.

Padre Antonio Spadaro, direttore de “La Civiltà Cattolica”, afferma che proprio la Bibbia ritradotta dalla Giacomoni è stata il frutto tangibile e duraturo dell’amicizia profonda e schietta di Silvia Giacomoni con il Cardinale Martini, che nella prefazione le riconosce di aver raggiunto l’obiettivo di rimuovere ostacoli e diffidenza e esprime l’auspicio che questo libro del futuro dell’Europa e del mondo intero possa parlare all’oggi, a cominciare dai bambini

Rita Bramante

 



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