17 maggio 2022
MILANO FRENA
Un futuro al rallentatore
Lo scorso weekend ci ha mostrato una Milano che non vedevamo dai primi giorni del lockdown: molta gente per le strade, nei parchi pubblici, nei luoghi simbolo della città, a cominciare da Piazza del Duomo. I giornali ne hanno parlato. Dopo questa bella notizia nei giorni successivi sono comparsi articoli che mettevano in rilievo altri aspetti preoccupanti per la città: il costo medio della vita a Milano, lo stabilizzarsi del lavoro a distanza e, per finire, il calo demografico.
Negli ultimi mesi alcuni articoli parlavano anche dell’aumento della povertà a Milano che colpisce strati della popolazione che si collocano nella fascia bassa del ceto medio e che non riescono ad arrivare alla fine del mese.
Dal punto di vista urbanistico c’è, non sono da ieri, il fenomeno della gentrification, l’espulsione dai residenti più poveri a favore di chi dispone di un reddito che gli consenta di non allontanarsi troppo verso le periferie ma, come ho già detto, vi è anche il mancato rientro in ufficio di parte del personale che ha sperimentato il lavoro a distanza e che continuerà a praticalo con la formula qualche giorno da casa, qualche giorno in ufficio.
Si aggiunge, buona ultima, la crisi economica dovuta alla guerra in Ucraina che peserà enormemente sia nel mondo della produzione, per carenza di materie prime e semilavorati che arrivavano dall’estero, sia per l’aumento dell’inflazione che taglia il potere di acquisto delle famiglie.
Nel luglio del 2020 interpellato da Oriana Liso sulla crisi indotta dal Covid il sindaco Sala disse: “Milano pagherà un prezzo a questa pandemia. Credo che dovremo fronteggiare un paio di anni di difficoltà che si diffonderanno su tutte le variabili. Ad esempio: quanto saremo attrattivi per gli studenti? Torneremo come prima se riusciremo a fare le politiche giuste. Ma io ci conto, perché se non ci riuscirà Milano non ci riuscirà nessuno in Italia “.
Nella stessa occasione la Liso raccolse l’opinione dell’architetto Stefano Boeri: “Il vero grande tema di Milano, oggi, non sono più le sue periferie, che sono vive, ma il suo centro, che senza turisti e uffici rischia di diventare un deserto “. Ecco la proposta: “Una grande campagna per riportare, con accordi con le grosse proprietà ed affitti calmierati, le residenze anche universitarie nelle aree più centrali “.
Queste due opinioni che valevano in quella data sono valide anche oggi con qualche commento: le “difficoltà” cui accenna il Sindaco non saranno di un paio di anni ma per molti anni a venire, e le periferie di Boeri restano un problema che bisogna risolvere prima di quello della gentrification del centro storico.
È arrivato il momento di metter mano ad un piano per il cambiamento che prenda atto della decrescita inevitabile ma che consenta una transizione equilibrata tenendo conto che resta sul tavolo la grande sfida della transizione ecologica: sembrava un obbiettivo possibile ma legato a forti investimenti e che oggi è ancora più difficile sia per la mancanza di risorse economiche sia perché molti Paesi che impiegavano il gas russo sono tornati a produrre energia elettrica partendo dal carbone.
Il piano per il cambiamento va messo al centro dell’attenzione di chi governa. A Milano ci siamo già esercitati sui piani della crescita con orizzonte 2030 e 2050. Oggi quei piani vanno accantonati e dobbiamo scrivere piani di decrescita, magari con gli stessi orizzonti temporali. Sarebbe già un passo avanti porci nella logica dello sviluppo senza crescita: un traguardo meno ambizioso.
Qualunque piano avrà successo solo con un largo concorso della popolazione che sarà comunque costretta a modificare il suo modello di vita e lo farà se il nuovo modello proposto distribuirà i sacrifici inevitabili senza privilegiare nessuno ma di questo ci sono forti dubbi: le vicende della politica fiscale è l’esempio migliore di incapacità per rimettere a posto il rapporto tra i cittadini e il fisco.
Luca Beltrami Gadola
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