5 aprile 2022

IL LABIRINTO DI BEPPE SALA: IL DIBATTITO PUBBLICO SU SAN SIRO

Una brutta partita e noi saremo gli arbitri


imm. editoriale

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Con il dibattito pubblico, obbligatorio per legge nel caso della realizzazione di un nuovo stadio a San Siro, Beppe Sala si è infilato in un labirinto che, se ne uscirà, sarà la sua prova del fuoco perché sul tappeto ci sono troppe questioni di sostanza e procedurali che rendono il percorso di questo “dibattito pubblico” diverso da quelli già sperimentati altrove, in altre occasioni.

Gli attori dei dibattiti pubblici, previsti per legge per le opere pubbliche e di architettura di particolare rilevanza, sono normalmente tre: l’amministrazione proponente, il responsabile del dibattito, i cittadini.

Nel caso milanese ve ne è un quarto dalla posizione ambigua: le squadre di calcio Milan e Inter che non dovrebbero assumere nessuno dei tre ruoli dei quali abbiamo parlato: non sono i proponenti del dibattito pubblico ma sono quelle che avvalendosi di un Decreto Legge convertito in legge il 26 giugno 2017, hanno avanzato una proposta al Comune di Milano per la realizzazione di un nuovo stadio con l’utilizzo di aree comunali che comprendono al loro interno ovviamente il Meazza.

La questione non è solo di carattere legislativo ma ovviamente anche di carattere politico e per qualche verso morale e di opportunità. 

La realizzazione del nuovo stadio comporta la cessione ad un qualunque titolo (concessione del diritto di superficie per un certo numero di anni, comodato gratuito o oneroso o altro) a un soggetto economico privato, siano le società proprietarie delle squadre sia un veicolo societario comune costituito dalle stesse.

Il Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea (TFUE), all’articolo107 recita:” Salvo deroghe contemplate dai trattati, sono incompatibili con il mercato interno, nella misura in cui incidano sugli scambi tra Stati membri, gli aiuti concessi dagli Stati, ovvero mediante risorse statali, sotto qualsiasi forma che, favorendo talune imprese o talune produzioni, falsino o minaccino di falsare la concorrenza”.

Come la mettiamo?

C’è poi l’ulteriore scoglio: quello che concerne la possibilità di identificare il titolare effettivo di cui all’art. 20 del d.lgs. 231/2007. 

In parole semplici una pubblica amministrazione non può trattare con soggetti della cui identità non si sia certi. In sostanza si cerca di evitare i giochetti di scatole cinesi (vedi società di comodo all’isola Cayman) che hanno un grave difetto: quando con loro si sottoscrivono contratti nel momento in cui siano inadempienti non riesci mai a vedere nessuno sul banco degli imputati e quand’anche tu lo vedessi è un amministratore che candidamente ti dice che la società – opportunamente svuotata – non ha alcun bene su cui rivalerti. 

Di chi sono, a questo fine, i proprietari di Milan e Inter?

Una volta che li conoscessimo, hanno bilanci solidi? Può essere esercitato un vincolo sulle loro azioni in modo che non vendano a tua insaputa a soggetti impresentabili?

Tanto per capirci non vorrei che ci accapigliassimo tra cittadini e amministrazione per restare poi con un pugno di mosce in mano.

Superati questi scogli veniamo al dibattito pubblico, anche questo regolato da decreti legge e regolamenti dal citare i quali vi chiedo di assolvermi.

Quando all’inizio ho parlato dei tre attori del dibattito pubblico – quattro nel nostro caso – ne ho dimenticato uno fondamentale: la Commissione nazionale per il dibattito pubblico.

L’ente che pensa di indire un dibattito pubblico deve ottenere l’approvazione di questa Commissione che l’ottimismo del Ministero delle Infrastrutture così descrive:” La Commissione intende essere un modello di democrazia partecipativa, relativamente agli interventi infrastrutturali di maggiore rilevanza nel Paese.

Obiettivi della Commissione sono:

  1. Rendere trasparente il confronto con i territori sulle opere pubbliche, attraverso procedure che garantiscano il coinvolgimento delle comunità interessate
  1. Migliorare la qualità delle progettazioni delle opere pubbliche di grande rilevanza
  1. Semplificare l’esecuzione dell’opera attraverso scelte ponderate, al fine di ridurre l’aggravio dei contenziosi.

Lasciando da parte le buone intenzioni del ministro, a questa commissione va inviata la richiesta di indizione del dibattito pubblico.

Per farlo l’ente richiedente – in questo caso il Comune di Milano – deve fornire alla commissione un documento sintetico sul dibattito, sui suoi contenuti, sulla sua organizzazione e sul calendario, il tutto con l’obbiettivo di poter fornire una prima indicazione ai cittadini. La commissione può suggerire modifiche o integrazioni o, al limite, negare l’autorizzazione.

In genere a questa attività preliminare partecipa il responsabile del dibattito che può essere un semplice esperto o una società di consulenza in grado di svolgere questa funzione: esperto o società devono essere scelto con bando pubblico.

A questo punto il proponente con la collaborazione del responsabile del dibattito, deve redigere un dossier che illustri dettagliatamente il progetto in tutti i suoi aspetti tecnici, economici, di impatto ambientale e sociale e definire quali saranno i soggetti chiamati ad intervenire al dibattito pubblico, in accordo con i principali portatori di interessi sia semplici cittadini che associazioni di scopo o altre organizzazioni che abbiano manifestato interesse alla questione.

Fatto questo non semplice percorso si arriva alla convocazione del dibattito e agli interessati deve essere fornita tutta la documentazione perché esprimano i consigli e le indicazioni per “migliorare il progetto” e promuovere il consenso dei cittadini. Ma nel nostro non si tratta esclusivamente di migliorare il progetto, questione ardua che confligge con la libertà di espressione di un progettista, ma si deve prevedere anche la cosiddetta “opzione zero”, quella di chi dichiara che di quest’opera non se ne faccia nulla.

Questo percorso durerà mesi e costerà caro, malgrado le assicurazioni di Beppe Sala che dice “bisogna fare in fretta” e fa pena che lo dica lui dopo aver tergiversato a lungo senza mai esprimere un’opinione definitiva.

Ci sono altri aspetti importanti da esaminare e lo faremo nei prossimi numeri.

Il “Meazza” per Sala sarà una partitaccia e noi cittadini saremo gli arbitri, peccato che non si abbia la possibilità di sventolare il “cartellino rosso” fino alle prossime elezioni.

Luca Beltrami Gadola

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  1. Pierfrancesco SacerdotiComplimenti, ottimo articolo.
    6 aprile 2022 • 01:51Rispondi
  2. Antonella Nappimeravigliosa intelligenza, grazie della buona politica, Antonella
    6 aprile 2022 • 11:18Rispondi
  3. GrazianoQueste società di calcio offshore vogliono costruire sul terreno comunale, inquinare l'area comunale e fare soldi grazie alla connivenza di un sindaco mattonaro (Expo insegna). Mi auguro che sia finita la cuccagna!! Nel frattempo spendono soldoni per acquistare e pagare gente che sa fare le cose principalmente coi piedi.....
    6 aprile 2022 • 17:16Rispondi
  4. OmarMi sono sempre posto una domanda in merito a questa vicenda. Come mai il Comune di Milano non ha presentato un serio progetto di riqualificazione del Meazza da mettere in concorrenza con il progetto “La Cattedrale”, acquisendo i bisogni delle due società cercando di assolverli?
    10 aprile 2022 • 11:24Rispondi
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