22 marzo 2022

80 ANNI FA LA NASCITA DELLA DEMOCRAZIA CRISTIANA

Un anniversario dimenticato


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Quest’anno ricorre l’80° anniversario della fondazione del più importante partito politico della storia italiana del secondo dopoguerra: la Democrazia Cristiana, che fu fondata proprio a Milano il 29 settembre 1942 nella casa di Enrico Falck in via Tamburini, dopo una lunga fase di preparazione che si era concretizzata in un primo incontro a Borgo Valsugana nell’estate del 1942.

Vi concorrono, in tempi e modi diversi, diversi gruppi del “partito cattolico”, dagli ex popolari con De Gasperi che era stato l’ultimo segretario del Partito Popolare, a Stefano Jacini, Giuseppe Dossetti, Guido Gonella, Giovanni Gronchi, Scelba, ai professori della Cattolica (Agostino Gemelli, Giuseppe Lazzati, La Pira), ai giovani della FUCI (Andreotti) e dell’Azione Cattolica, ai neoguelfi milanesi organizzatisi attorno a Piero Malvestiti, Achille Grandi Enrico Falck.

Piero_Malvestiti,_cropped_from_IUna commissione fu incaricata di redigere il programma del nuovo partito; ne facevano parte: Brusasca, Carcano, Casò, Clerici, Augusto De Gasperi, Falck, Jacini, Grandi, Gronchi, Malavasi, Malvestiti, Meda, Migliori, Nebuloni, Pullara, Ridolfi, Zanchetta e produsse il primo documento ufficiale della DC Il Programma di Milano, pubblicato il 25 luglio 1943 con l’avveniristica proposta di una «Federazione degli Stati europei retti a sistema di libertà» con il riconoscimento della cittadinanza europea, accanto a quella nazionale.

Tuttavia, forse per il fatto che la DC milanese non espresse mai il sindaco della città, mai il presidente del consiglio e nemmeno leaders nazionali di primissimo livello (con l’eccezione di Marcora), la storia milanese della DC sembra figlia di un dio minore, come figli di un dio minore sono anche i vicesindaci democristiani da Luigi Meda ad Agostino Giambelli, da Ugo Zanchetta ad Andrea Borruso, da Melzi d’Eril a Giuseppe Zola.  

Nei fatti la Democrazia Cristiana fu il primo partito in città per decenni.

1 (1)Dopo le elezioni amministrative del 1946 quando i socialisti presero 225283 voti e la DC 167314 cosicché l’Avanti poté titolare “Milano Socialista” e le sinistre unite (PSIUP+PCI) gridare alla vittoria avendo ottenuto più del 60%, nel 1948 la DC diverrà il primo partito cittadino prendendo 364089 contro i 272814 voti dei socialcomunisti della lista frontista Garibaldi che aveva perso i riformisti Saragattiani che ottennero ben 127000 voti, rimanendolo per circa 30 anni; fino alle elezioni del 1975 quando il PCI ottenne 354633 voti e 25 seggi contro i 313855 e 22 seggi della DC e si realizza la prima giunta di sinistra della città con Aniasi sindaco.

Il primo congresso provinciale democristiano si tenne nel salone Vercesi il 17/18 dicembre 1945, venne eletto segretario Tommaso Zerbi, dopo di lui segretario dal 1946 al 1953 fu Vincenzo Sangalli poi Agostino Giambelli 1953-54 che fu vicesindaco e per 14 anni assessore ai lavori pubblici, ma soprattutto uno dei protagonisti, dell’opposizione all’apertura a sinistra , poi Domenico Dolcini, poi Camillo Ripamonti 1955-58 più volte ministro.

Politicamente l’evento più importante della storia democristiana milanese è la nascita nel 1953 della corrente di sinistra denominatasi La Base. 

Così la racconta sulla pagina del Centro studi Marcora un testimone Carlo Colombo:

 “Il 27 settembre 1953, con alcuni amici inverunesi guidati da Emilio Robbiati, andiamo a Belgirate. È uno stupendo paesino sul Lago Maggiore ed arriviamo a Villa Carlotta dove è fissato un incontro fra i protagonisti di una nuova rivoluzionaria corrente della Democrazia cristiana. Ci sono, fra le persone conosciute, l’immancabile Silvestro Belloli, il Sindaco di Arluno Rampini, Peppino Brazzelli. Organizzatore della riunione, che accoglie circa 50 partecipanti, è Albertino Marcora … Nell’ampio salone di Villa Carlotta, dove mi pare di riconoscere il giornalista la RAI Nuccio Fava, prende per primo la parola Don Federico Mercalli: Siamo qui perché dietro queste montagne c’erano i nostri partigiani; sette medaglie d’oro, venti d’argento. Referenze, valori che non possono venir dispersi… la libertà conquistata con il sangue ed il sacrificio dei nostri partigiani martiri devono servire per costruire il paese nuovo e una democrazia vera, che viene dal popolo, nel rispetto della giustizia e della legalità; occorrerà ancora unità d’intenti, impegno ed altruismo, ma si prospetta un più sereno futuro di pace e di ricostruzione. Poi parla “Albertino” Marcora: “… vaneggia chi pensa di opporre a questa DC un altro partito cattolico e dei cattolici. La gente non capirebbe, è un fiasco in partenza. Il nostro partito va cambiato dall’interno. Bisogna farlo evolvere da posizioni in sostanza conservatrici ad altre più avanzate, perché dobbiamo recuperare al governo del paese le forze popolari più autentiche… Il mondo cambia, va avanti, non si vive di splendide memorie, di credito… Formiamo una corrente nuova nel Partito… Propongo che si chiami La Base perché richiama subito il popolo”. 

La corrente ha l’appoggio del presidente dell’ENI Enrico Mattei e vi aderiscono subito molti giovani dirigenti alcuni dei quali faranno la storia del paese: Piero Bassetti, Gerardo Bianco, Ciriaco De Mita, Giovanni Galloni, Luigi Granelli, Lidia Menapace (poi tra i fondatori del Manifesto e dei Cristiani per il socialismo).

Scrive Maria Chiara Mattesini: “La Base si presenta come un laboratorio di idee, una sorta di palestra, di scuola di coscienza civile, dove non ci sono maestri o leaders (altra anomalia), ma dove prevale la “circolarità” del racconto, nelle riunioni quasi quindicinali di Via Mercato a Milano come nei numerosissimi convegni e iniziative organizzati. Un laboratorio che tenta, riuscendoci, di diventare anche militanza operosa e, soprattutto, filtro delle cose che vengono dal basso, dalla base appunto. L’incontro con i socialisti non è solo una formula di governo. È, soprattutto, la partecipazione delle masse alla costruzione del bene pubblico, la possibilità, per tutti e tutte, di dare il proprio contributo alla felicità pubblica, di sentirsi parte di.”

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Marcora sarà il protagonista della nuova maggioranza politica di centro sinistra al Comune di Milano che lo vedrà sfidare addirittura il cardinale e futuro papa Montini.

 Scrive Eliana Versace nel volume Montini e l’apertura a sinistra. Il falso mito del “vescovo progressista: “Negli anni Cinquanta in Italia si consuma la crisi della politica centrista, di cui De Gasperi era stato il principale artefice, e si inizia a dibattere, anche negli ambienti cattolici, sull’opportunità di un'”apertura a sinistra” verso il Partito socialista. Proprio in quel periodo, alimentata dalla pubblicistica corrente, si diffonde la fama “progressista” di Giovanni Battista Montini, dal 1954 arcivescovo di Milano: si parla di lui come di un “vescovo rosso” che, in contrapposizione alla Curia romana e all’episcopato tradizionalista, appoggia i tentativi democristiani di coinvolgere i socialisti nel governo del Paese mentre invece scavando in profondità nella documentazione di Montini e della diocesi milanese, fino a oggi inedita.

Queste ricostruzioni vengono smentite, facendo emergere una opposizione non episodica, ma motivata da ragioni dottrinali e morali, a ogni tentativo di collaborazione politica con i socialisti. Questa opposizione spiega anche i difficili rapporti dell’arcivescovo Montini con i dirigenti lombardi della Democrazia cristiana, appartenenti in maggioranza alla corrente della Sinistra di Base e tenaci sostenitori dell’apertura ai socialisti; e giustifica il dialettico confronto sul tema dell’autonomia politica dei cattolici anche con i maggiori leader democristiani del tempo, Fanfani e Moro, fautori dell’alleanza di governo con il Partito socialista.” Ancora il 1 gennaio 1961 dal pulpito del Duomo il cardinale attaccherà l’ apertura ai socialisti.

Altro protagonista fu Vittorino Colombo (più volte ministro e per breve tempo anche presidente del Senato) leader della corrente “Forze sociali” poi “RInnovamento democratico” più vicina al mondo sindacale cattolico organizzato e alle ACLI che ruppe poi con la Base considerandola troppo “disponibile” ad accordi con il PCI.

Duramente osteggiato da Montini sarà Luigi Granelli (che in effetti sarà trombato dal gioco delle preferenze alle elezioni del 1958), capogruppo a Palazzo Marino poi per molti anni parlamentare e ministro, forse il più coerente dei successori di Marcora (morto nel 1983) che verrà soprannominato il “Pietro Ingrao” della DC.

download (1)Ovviamente la DC milanese e lombarda non è riducibile alla sola esperienza della Base, tant’è che è sempre a Milano che si affermano altre correnti e leaders di segno diverso se non opposto da Comunione e Liberazione a Massimo De Carolis tutt’ora recordman di preferenze. 

Dopo Marcora segretario sarà Camillo Ferrari anche vicepresidente della Cariplo, a Ferrari succede Gianstefano Frigerio, e poi via via Roberto Mazzotta76-79, di nuovo Frigerio, Nadir Tedeschi che sarà “gambizzato” dalla colonna delle BR Walter Alasia, Dario di Gennaro, quindi Antonio Ballarin 85-89 che porterà a casa il risultato prestigioso di riportare la DC in giunta al comune di Milano omogeneizzando la maggioranza milanese con la regione e la provincia.

La segreteria sarà poi di Carluccio Sangalli, Paolo Lazzati, Riccardo Marchioro commissario nominato da Roma e infine Livio Tamberi cui toccherà “tirà giò la clèr”, anche se in realtà come per quasi tutti i partiti della prima repubblica diverse fazioni o correnti cercheranno di fare proprio sia il nome sia il simbolo e periodicamente qualcuno si proclama erede della DC.

Ricordiamo tra questi Carlo Senaldi che fu segretario della “Rinascita della Democrazia Cristiana”, Angelo Sandri, Giovanni Prandini, Giuseppe Pizza, Pubblio Fiori, AnnaMaria Ciammetti, Franco De Simoni, Nino Luciani tutti leaders, in genere autoproclamatisi di una rinnovata DC. Ciò era possibile perché dopo corsi e ricorsi le Sezioni Unite della Cassazione n.25999/2010 avevano sancito che la DC sorta nel 1942 non aveva continuità giuridica con le diverse sigle esistenti al tempo perché in realtà non si era mai formalmente sciolta (cosa che invece avvenne per il PSI). Oggi l’unico erede della sigla che ha una sia pur minima visibilità è Gianfranco Rotondi presidente della Fondazione Democrazia Cristiana.

Elettoralmente l’ultimo risultato della sigla Democrazia Cristiana in comune risale al 1993 con il 9,4 (aveva candidato sindaco Piero Bassetti); ma è bene ricordare le parole dell’ultimo segretario nazionale della DC nell’Assemblea costituente del futuro Partito Popolare  il 23 luglio 1993 quando proprio di fronte alla scelta di cambiare nome al partito, mantenendo comunque il simbolo dello scudo crociato, diceva: “Io mi sono posto ed ho posto la questione del cambiamento della nostra denominazione. Non l’ho fatto per seguire la futilità di una moda o per tagliare di netto la continuità di una tradizione. Questa immagine del “rinnovare senza rinnegare” dice esplicitamente lo spirito della mia riflessione”. 

images (1)Da allora i democristiani non hanno rinnegato ma hanno costituito e costituiscono l’asse portante, almeno finché lo ha consentito e consente il trascorrere del tempo, di molte delle formazioni politiche della soi disant seconda repubblica, sia nello schieramento di centro destra sia nello schieramento del centro sinistra, smentendo categoricamente il titolo del manifesto del 28 giugno 1983 “non moriremo democristiani”; proprio per questo l’80° meriterebbe maggiore attenzione storica, culturale e politica.

Walter Marossi

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