22 marzo 2022

LA QUESTIONE ENERGETICA ITALIANA

Alla ricerca di una difficile autonomia


gennai (3)

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 “La segmentazione ad anelli di zampe e coda, la picchiettatura di minute piastre granulose sul capo e sul ventre dànno al geco un’apparenza di congegno meccanico una macchina elaboratissima, studiata in ogni microscopico dettaglio, tanto che viene da chiedersi se una tale perfezione non sia sprecata, viste le operazioni limitate che compie. O forse è quello il suo segreto: soddisfatto d’essere, riduce il fare al minimo? Sarà questa la sua lezione, l’opposto della morale che in gioventù il signor Palomar aveva voluto far sua: cercare sempre di fare qualcosa un po’ al di là dei propri mezzi?”  (Palomar, Italo Calvino).

Parlare della condizione dell’Italia di oggi in campo energetico obbliga a fare uno sforzo per contenere lo scritto, dato che l’argomento rimanda alla storia dal dopoguerra ad oggi.

Iniziamo con il n. 5 del mensile «Maquis» (autorevole mensile d’informazione politica e militare internazionale) a p. 53 sostiene che l’operazione centro-sinistra in Italia «è stata una scelta americana in ogni campo, che ha aperto la strada ad una vera e propria colonizzazione. Essa è una strategia nata ed elaborata nell’epoca di Kennedy. Nel corso di una lezione agli studenti dell’Università di Harvard, Kissinger disse esplicitamente: “…il centro sinistra doveva servire a fare le riforme per sminuire l’efficacia delle critiche antigovernative dei comunisti”.

La storia energetica d’Italia passa dalle vicende politiche del Paese e da due nomi: il prof. Felice Ippolito per le scelte sul nucleare e Enrico Mattei. Da questi due protagonisti e dalle loro intuizioni, si sono succedute le vicende legate all’energia nel nostro Paese.

Nel1945 Mattei fu messo a capo dell’Agip perché la liquidasse. Frugando tra i documenti riservati ne trovò uno che parlava della scoperta di un nel giacimento di metano fatta nel 1944 in un paesino della Val Padana. Questa scoperta era stata tenuta segreta alle autorità tedesche di Milano. I lavori erano stati sospesi in attesa dell’esito della guerra. Il rinvenimento di questo documento fu la base di lavoro di Enrico Mattei. Cominciarono quindi le prime ricerche. Mattei riuscì subito a isolare i privati che chiedevano concessioni. Grazie ai suoi appoggi politici (era membro del consiglio nazionale della DC e consultore nazionale dell’ANPI alla Consulta Nazionale), riuscì ad ottenere l’esclusiva delle ricerche e dello sfruttamento in Val Padana. Mattei seppe sfruttare ogni minimo appiglio per dar forza a sé ed all’Agip. Nel 1949 sfrutta abilmente la scoperta di una piccola quantità di petrolio in un giacimento di metano. Batte grancassa aiutato dal «Corriere della Sera»; in Italia c’è il petrolio! 

Questo espediente durò poco ma bastò il tempo necessario affinché in Parlamento fosse presentata ed approvata la legge che istituiva l’ENI (1953). Inizia la scalata di Mattei. Egli «seppe sfruttare nella maniera migliore la politica italiana. La sua leva di potere principale fu la DC, un partito dell’interesse privato, composto da uomini diversissimi fra loro, uniti soltanto per mantenere il potere. II primo centro per ricerche applicate avanzate su questioni energetiche, e in particolare sul nucleare, fu messo su a Milano alla fine del 1946 su iniziativa di un consorzio di privati. II Centro informazioni studi ed esperienze (CISE) nacque su iniziativa della Montedison (chimica), della Fiat (meccanica), della Edison e della Sade (elettriche). A questa iniziativa si aggiunsero ben presto industrie pubbliche come la Cogne e la Terni (acciai). Le ricerche erano portate avanti da un gruppo di fisici tra cui G. Salvini, C. Salvetti, M. Silvestri, sia dell’università che del Politecnico di Milano sotto la direzione di Giuseppe Bolla. «L’ iniziativa, a dire il vero, fu del gruppo Edison che aveva compreso l’importanza che la nuova fonte energetica, fornita dalla fissione del nucleo atomico, poteva avere per un paese come l’Italia.

Da qui il salto al nucleare fu breve, nacquero le Centrali italiane grazie alle scelte del Prof. Felice Ippolito allora alla guida del CNEN (Centro Nazionale Energia Nucleare), le tre centrali di Garegnano, Trino Vercellese e Latina furono sostenute grazie alla tenacia e alle coesioni politiche non senza fatica, fino al progetto di una quarta centrale (Caorso). Purtroppo le forti pressioni americane sul governo Saragat, portarono il prof. Felice Ippolito in prigione con accuse classiche di abusi d’ufficio e corruzione. Dirà: «Fra tutte le azioni convergenti contro di me è stata certamente preminente l’azione svolta dalle multinazionali petrolifere. I petrolieri desiderosi di smistare barili e costruire nuovi impianti di raffinazione in Italia, avevano tutto l’interesse che non si sviluppasse una politica nucleare alternativa al petrolio. E il mio tentativo di creare un’industria nucleare italiana urtava appunto gli interessi delle sette sorelle”. Con lui sembra finire la stagione del nucleare, sempre meno incentivata fino al referendum promosso da radicali e verdi di Pecoraro Scanio dell’87. 

Nessuno dei 5 quesiti del referendum abrogativo aveva direttamente come oggetto l’abbandono del nucleare in Italia. Il quesito 3   riguardò l’abrogazione della facoltà del CIPE (Comitato Interministeriale per la Programmazione Economica) di deliberare sulla localizzazione delle centrali qualora gli enti locali interessati non avessero raggiunto un accordo a riguardo. Il sì vinse con l’80,57%. Il quesito 4 chiese l’abrogazione dei contributi agli enti locali che ospitassero sul proprio territorio centrali nucleari o a carbone. Il sì vinse con il 79,71%. Il quesito 5 riguardò l’esclusione dell’Enel, all’epoca ancora ente pubblico, dalla partecipazione alla costruzione di centrali nucleari all’estero. Anche in questo caso il sì vinse con il 71,86%. Votarono complessivamente circa 29,9 milioni di italiani. Il quorum fu raggiunto con un’affluenza alle urne del 65,1% sui circa 45,8 milioni di aventi diritto al voto. I dati sul referendum sono disponibili allo storico elezioni del Dipartimento per gli Affari Interni e il Territorio.

L’ Italia è costretta a importare circa l’85% del fabbisogno di energia primaria, il che ci colloca al quarto posto fra i maggiori importatori di gas a livello mondiale e al settimo posto per il greggio, questo perché non abbiamo una produzione interna di fonti fossili e soprattutto non abbiamo energia alternativa come il nucleare e le rinnovabili. 

Milioni di litri di petrolio ci arrivano, nell’ordine, da Libia, Kuwait, Iran, Algeria, Angola, Congo, Egitto, Gabon e Nigeria. Anche in Italia continua l’attività estrattiva. I pozzi sono 811, con una grande concentrazione in Basilicata. 

L’Italia sta lavorando per ridurre velocemente la propria dipendenza dal gas russo. L’Interlocutore prioritario del Governo è l’emiro del Qatar, Al Thani. Per quanto ci riguarda, il dato certo da cui partire è severo: il Belpaese importa dalla Russia circa 29 miliardi di metri cubi di gas all’anno. Per dirla in termini percentuali, circa il 40% del totale. Il Ministro della transizione ecologica, Roberto Cingolani, dice che già entro la primavera di quest’anno sarà possibile rimpiazzare circa 15-16 miliardi di metri cubi di gas. Sulle centrali a carbone l’unica alternativa attualmente sul tavolo è la messa a pieno regime delle due centrali ancora in funzione: Civitavecchia e Brindisi (alimentate a olio combustibile e carbone). Il traguardo prefissato dal Ministro è la totale indipendenza entro 30 mesi. 

Per contenere l’aumento dei costi di energia, il Governo ha annunciato una serie di misure per incrementare la produzione nazionale di gas. Queste misure, approvate il 18 febbraio 2022 e conosciute col nome “decreto bollette”, mirano a rendere l’Italia meno esposta alle periodiche oscillazioni dei prezzi specialmente in periodi di grandi incertezze, come quello attuale causato dalla crisi ucraina. L’estrazione di gas non è però una pratica che si può avviare da un giorno all’altro, come se ci fosse un interruttore: ci vorranno probabilmente diversi anni per aumentare in modo sensibile la produzione nazionale di metano.

Si stima che nel sottosuolo italiano siano presenti circa 1,5-1,8 miliardi di barili di petrolio e 350 miliardi di metri cubi di gas naturale – valori che includono sia riserve già confermate che possibili. Per quanto riguarda il gas, se teniamo in considerazione solo le riserve certe parliamo di quantità comprese tra i 70 e i 90 miliardi di metri cubi. Le stime del Mise riferite al 2021 parlano di 3,34 miliardi di metri cubi di gas naturale estratto, a fronte di un consumo complessivo di 76,1 miliardi di metri cubi (2021): per questo motivo la risorsa gas viene largamente importata dall’estero.  La zona d’Italia in cui si estrae più gas metano è la Basilicata con 1.079.274.088 metri cubi standard. A seguire troviamo Sicilia, Emilia Romagna e Molise. Buoni risultati anche per le zone offshore al largo dell’Emilia Romagna e al largo di Marche e Abruzzo.

Nelle migliori delle ipotesi potremmo raggiungere entro qualche anno una produzione annua attorno ai10 miliardi di metri cubi ma serve pompare di più dal Mar Caspio TAP (Trans-Adritic-Pipeline) che già oggi garantisce un importante approvvigionamento di gas. 

Resta il tema di fondo, nonostante la rete di approvvigionamento sia diversificata, dipendiamo sempre e comunque da altri, questo è il vero dilemma e tutto dipende dalla politica. Dobbiamo riprendere il percorso nucleare, in questo ha ragione Cingolani e fare una politica estera più aggressiva a difesa degli interessi nazionali. 

Gianluca Gennai

Fonti: 

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  1. GiuseppeE le rinnovabili, dimenticate? E gli obiettivi della Conferenza di Parigi? Attaccati alla canna del gas forever?
    23 marzo 2022 • 00:24Rispondi
  2. Gianluca GennaiGiuseppe, nel prossimo pezzo parlo anche di questo, certi argomenti non ho potuto inserirli per limiti anche di lettura oltre che di battuta. Comunque grazie per l'interessamento. Gianluca Gennai
    23 marzo 2022 • 17:08Rispondi
  3. DanieleNon credi che per il nucleare sia oramai tardi? Quanti anni occorrono per costruire e mettere in funzione una centrale nucleare? É pensabile di rimettere in funzione le attuali centrali che stiamo dismettendo?
    24 marzo 2022 • 11:11Rispondi
  4. Gianluca GennaiDaniele, dire che sia tardi o presto, rispetto a cosa? Il punto è questo. Se si prendesse a riferimento il momento, cioè l'emergenza di adesso, è chiaro che servono manovre a brevissimo tempo per arginare la crisi che si spera non abbia effetto duraturo, su questo ti d'ho ragione, per costruire anche una mini centrale nucleare, servono 5 anni che aggiunti ai permessi e i vari dibattiti, raggiungono i 7/8 anni (delle mini centrali ne parlo nel prossimo pezzo su Arcipelago). Le centrali di grande potenza di 3° generazione (da 800 MWe in su), necessitano di 10/12 anni per entrare in servizio. Tra le centrali dismesse forse Caorso con il suo reattore Arturo a PWR potrebbe essere pensata. Questo tipo di centrali sono ancora in servizio in America,Russia ecc. I siti italiani son della Sogim alla quale furono affidati per il de-commissioning. Le future nuove centrali di terza generazione a tecnologia EPR sarebbero progetti di Areva e di una co-partecipazione jv Enel-Edf, una collaborazione che non è mai venuta meno, questo a testimonianza del fatto che per l'Italia il nucleare è possibilissimo fin da subito. Sono del parere che si debba dare una prospettiva di autonomia e che anche nel caso di una progressiva transizione energetica integrale, ad oggi prevista nel 2050 ma che nel migliore dei casi potrà avvenire nel 2080 / 2100 (consideriamo cosa voglia dire una transizione energetica integrale), avremmo ancora almeno 50 anni di necessità energetica. Nel mentre potrebbe avere successo il prototipo ITER a FUSIONE NUCLEARE, zero scorie e sicurezza assoluta. Nel progetto ITER ci sono dentro tutti oltre noi compresa la Russia, un motivo ci sarà.
    24 marzo 2022 • 12:12Rispondi
  5. guido luigi tassinaricaro Gennai, sulla ricostruzione storica avrei da dire, ma non importa, almeno qui; sull'attualità d'accordo su tutto, con una aggiunta: l'autonomia energetica andrebbe ricercata armonizzandola a livello europeo (comprese Norvegia e Regno unito)
    28 marzo 2022 • 12:42Rispondi
    • Gianluca GennaiGrazie Tassinari. M'incuriosisci sulla ricostruzione storica. Non sarebbe male se tu mi scrivessi in privato. Sono molto interessato.
      28 marzo 2022 • 18:00
  6. guido luigi tassinariGrazie per il rispondere, da parte mia non saprei dove, privantamente, cioè, gt
    29 marzo 2022 • 12:37Rispondi
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