8 marzo 2022

CREARE PACE E MAGNANIMITÀ FRA LE NAZIONI E GLI UOMINI

Dai ricordi di gioventù a oggi


caffa (3) (1)

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Mi succede di ricordare la fine della guerra nel 1945, momenti diversi dell’insurrezione di Genova, la mia città. Aprile 1945, vivo e ricorrente è il ricordo della colonna di tedeschi prigionieri che salivano da Levante diretti a un provvisorio campo di prigionia, lo stadio che oggi ha il nome di Giacomo Carlini, dentro la storia del G8 assassino.  (*) 

A quei tempi lo stadio era “la Nafta”, dal nome di una filiale della Shell, che ne aveva iniziato la costruzione nel 1912 e lo aveva aperto nel 1927, con gli accessi da via Vernazza, in basso per le attività sportive, e i cancelli per il pubblico su in alto, al termine della salita. Tutto questo mondo, a due passi dal caseggiato in cui più tardi ha abitato la mia famiglia. Scendevamo la nostra scalinata di centotrenta scalini e vedevamo i ciclisti del Giro d’Italia in arrivo, vicinissimi all’entrata del velodromo, prossimi alla volata. Mia madre evocava i tempi di Binda e di Girardengo. Dalla parte opposta salivamo una scaletta ed entravamo nella nostra creuza incassata fra due muri, verso il suo sbocco a San Martino. Per un centinaio di metri dal muretto della creuza, come da una fiabesca finestra spalancata, una speciale tribuna per noi, vedevamo lo stadio, disteso lì sotto, il campo, il velodromo, le tribune, tutto. Di fronte, oltre lo stadio, Borgoratti, con i suoi caseggiati in salita verso i monti.  Giorgio Caproni c’è stato da queste parti.  

Quella sera dell’aprile 1945 io ero la sola ragazza nel gruppetto dei vicini di casa adulti: eravamo venuti di corsa per la creuza, di fronte ai cancelli dello stadio, a vederli, i tedeschi. Salivano muti, con il peso degli zaini sulle spalle, il viso stanco, sporco, gli occhi spenti, il passo pesante. Alcune donne erano salite per via Vernazza a fianco della colonna e ora che i cancelli dello stadio erano a pochi passi inveivano contro i vinti, furiose, con il gesto delle mani tese a minacciare, a maledire.  Mi davano un senso di pena e di vergogna, che ogni volta nel ricordo si rinnova. Allora avevo taciuto, non sapevo le parole per dirlo. 

Ebbene, invece non ho alcun ricordo delle bombe di Hiroshima e Nagasaki. Non ricordo come è successo che la guerra del Giappone sia finita, di che pace si trattava: dentro ho un vuoto, con un senso di perdita e di spavento.  Perché non ricordo? 

Hiroshima e Nagasaki in me si installano dopo, nel tempo della guerra fredda.  Sono stata una militante del movimento dei Partigiani della Pace, fondato da Picasso, Einstein, Neruda, da altri, in Italia da Nenni, Vittorini, Guttuso, Quasimodo, Ginsburg, altri, ho partecipato alle campagne per la raccolta delle firme. Marzo 1951, l’appello di Stoccolma per l’interdizione dell’arma atomica. Ricordo come eravamo felici quando Fausto Coppi aveva firmato e la notizia correva, ci animava: il traguardo questa volta lo avevamo raggiunto insieme con il nostro amato campione. 

Da Firenze Giorgio La Pira, con la sua nuova lettura del Vangelo, irradiava nel mondo la sua azione per la pace. Ho il ricordo di una rivelazione, per me: essere cattolici nel suo modo era dunque possibile. Guariva ferite, commuoveva, dava conforto, allegria. 

Mi interrompo. I compagni di Rifondazione Comunista si sono passati la voce della mia prenotazione di un posto sul pullman per Roma, domattina presto, partenza da San Donato, sanno che abito dall’altra parte della città e passano a prendermi alle 5,15. Vado a Roma alla manifestazione per la pace: Case, scuole, teatri, ospedali, non armi. La Città per l’uomo, per vivere bene.  Giustizia sociale. L’uomo sia uno scopo, non uno strumento di profitto. Cambiamo le relazioni, tutte. Parliamo a fin di bene. Nella voce di Claudio Libani che mi telefona sento l’affetto suo e di tanti. Compagno, cum panis. 

Riprendo a scrivere dal punto in cui mi sono interrotta. L’impero USA ha vinto la guerra fredda,  e quante guerre di morte e devastazione ha scatenato dopo averla vinta, e che genere di dominio ha imposto nel mondo sui sudditi addomesticati: è un impero militare sconfinato, con le sue 800 basi in circa 50 paesi,  senza contare le portaerei della marina,  impone le sue guerre, mentre  dalla mattina alla mattina armate di cantori in servizio nella carta stampata, nelle radio-tv e in tutti gli apparati che conducono e vincono la sua guerra ideologica, lo rappresentano quale modello di  democrazia e libertà.  v. Marco d’Eramo, Dominio. La guerra invisibile dei potenti contro i sudditi, Feltrinelli, ottobre 2020. 

Veniamo al punto. A me è successo qualcosa, con il passare dei decenni, dopo Hiroshima e Nagasaki, dopo tante ricorrenti marce e manifestazioni e raccolte di firme per la pace. Mi è successo che ho perduto fiducia e speranza, che ho smesso di illudermi, mi è successo che sono diventata pessimista. Io da tanto tempo non penso che l’umanità, con le sue risorse di bombe nucleari, a uno stadio tanto primitivo nella storia del suo cammino di umanizzazione, ce la possa fare. Io da tanto tempo penso che le bombe scoppieranno e la mia sola speranza è che sopravviva un angolo del pianeta.  La mia speranza è questa: un angolo il più vasto possibile, con tanta vita in salvo che sia possibile ricominciare. 

Concludo queste Note pensando all’ONU, alla sua risoluzione di condanna tanto unilaterale dell’invasione dell’Ucraina. Penso, ad esempio, all’occupazione di cui è responsabile Israele, penso a ECO, Ebrei Contro l’Occupazione, vicini ai fratelli palestinesi con tutte le loro risorse di intelligenza, di cuore, di capacità, così pochi, così soli in questa vicinanza.  Da quanto tempo? Per quale causa, li lasciamo così soli?  Se Liliana Segre avesse fatto la scelta di questa vicinanza non sarebbe senatrice e se la facesse ora non sarebbe così onorata. 

Levo il mio pensiero a Dag Hammarskjöld, con gratitudine, con il mio ottimismo e con il mio pessimismo. Ho sotto gli occhi due libri: 

-Dag Hammarskjöld, Tracce di cammino, ed. Qiqajon, Comunità di Bose, Torino, ottobre 2011, Dalla quarta di copertina: “Dag Hammarskjöld (Jönköping 1905 – Ndola 1961). Diplomatico svedese, è stato per due mandati segretario generale dell’ONU, dall’aprile 1953 alla sua morte in un oscuro incidente aereo nel pieno della crisi congolese. Premio Nobel per la pace alla memoria nel 1961. ‘In segno di gratitudine per tutto quello che ha fatto, per tutto quello che ha ottenuto, per l’ideale per il quale ha combattuto: creare pace e magnanimità tra le nazioni e gli uomini’”.

-Franco Giampiccoli, Hammarskjöld – Un credente alla guida dell’ONU, 1905-1961, Torino, Claudiana, 2005.

Franco Giampiccoli, pastore valdese. Dalla quarta di copertina: “Segretario generale dell’ONU dal 1953 al 1961 – anno della morte, su cui grava tuttora il sospetto di un attentato – Dag Hammarskjöld fu un politico dal pensiero lucidissimo e dall’azione infaticabile. Solo con la pubblicazione del suo diario personale, tuttavia, venne alla luce la profonda fede evangelica che lo animava, facendone un saldo esempio di dirittura morale, dedizione e coerenza. […]

Oscuro incidente aereo, attentato: Il giornale Süddeutsche Zeitung del 20 agosto 1998 riferisce di indizi di un complotto dei Servizi Segreti sudafricani, statunitensi e inglesi. L’ONU ha dimostrato di non essere in grado di esigere che sia fatta luce sulla morte del suo segretario generale.

Infine, Milano e il suo sindaco – Immobiliare, Watson! – nella sua veste di guerriero sulla scena della Scala. All’Università di Milano Bicocca, la mossa della proibizione di Dostoevskij. Il sonno della ragione genera mostri? Genera anche fenomeni di quel ridicolo che diciamo grottesco? Sdegnati, ridiamo?

Dog Hammarskjöld ha aperto nella sede dell’ONU a New York una Stanza per la meditazione.  Nel suo libro, in appendice, troviamo esposte le ragioni di questa costruzione: v. “Una stanza di quiete”, pag. 251.  […] “Questo palazzo, dedicato al lavoro e alla discussione al servizio della pace, doveva avere una stanza dedicata al silenzio, in senso esteriore, e alla quiete in senso interiore”. […] 

All’indomani della morte del cardinale Martini, avvenuta il 31 agosto 2012, ho promosso in suo nome la richiesta di aprire a Palazzo Marino una Stanza del Silenzio (**). L’abbiamo presentata al Sindaco Pisapia in data 7 settembre 2012, nel tempo della preparazione dell’EXPO. A Palazzo Marino o in altra sede appropriata: la richiesta a tutt’oggi è senza risposta.

Franca Caffa 

(*) Giacomo Carlini, atleta prestigioso per la partecipazione a giochi olimpici, campionati mondiali, vincitore di record nazionali.  Genova2 agosto 1904 – 2 marzo 1963

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  1. bianca botteroPenso che sia importantissimo, in questo periodo così affannato e accelerato, così per tanti versi povero e forse cinico , ma soprattutto disorientato, fare un lavoro sulla memoria come F.C ha fatto così poeticamente nel suo intervento. Perché i ricordi, che pur sappiamo essere selettivi, suscitano una eco profonda, fanno emergere emozioni e sentimenti che spesso ridanno senso e ridisegnano vicende collettive che l'ideologia del tempo ha fissato e impoverito. E oggi, che ci sentiamo un po' come formichine affannate a trasportare le nostri briciole, inconsapevoli o incuranti dello scarpone che minaccia di schiacciarci, tanto più acquista valore questa memoria, una memoria che metta insieme quanto tra tutti noi è comune, che ci ha tutti emozionati, che ci ha fatto tutti sperare. (Mi viene in mente la il partigiano condannato a morte della poesia di Eluard che intuisce improvvisamente di non essere solo, ma di essere parte di milioni e milioni ("et l"aurore se leva pour lui"). Grazie Franca.
    11 marzo 2022 • 13:46Rispondi
  2. Paola Canarutto, di Rete ECO (Ebrei contro l'Occupazione)Grazie di cuore, Franca. Di fronte all’orrore della guerra e dell’occupazione russa, il mondo occidentale reagisce armando l’Ucraina. Dimentichiamo che chi chiede boicottaggio, disinvestimento e sanzioni contro i ripetuti crimini di guerra di Israele - potenza occupante da oltre cinquant’anni – è ridotto al silenzio, con l’accusa di antisemitismo? Così ha scritto, pochi giorni fa, l’ottimo Ilan Pappe (1). Questa guerra russo-ucraina priva letteralmente il mondo di pane (2). Ma non basta, perché incombe il rischio di una terza guerra mondiale, con l’uso di armi atomiche - dopo la quale, avremmo tutti perduto. (1) Ilan Pappe - Four lessons from Ukraine - The Palestine Chronicle, March 4, 2022 (2) Julia Horowitz – War has brought the world to the brink of a food crisis – CNN Business, March 12, 2022
    12 marzo 2022 • 19:23Rispondi
  3. bianca botteroerrata corrige : et le jour se leva pour lui
    14 marzo 2022 • 14:04Rispondi
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