11 gennaio 2022

LA POLITICA DEI PICCOLI PASSI E IL DISEGNO DELLA CITTA’

Transazione ambientale e periferie, in attesa di un piano complessivo ed uniforme


santagostino (2)

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Don Abbondio riflettendo su di sè produce uno dei più famosi anacoluti della letteratura italiana (“Il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”) e indica come il timore in autotutela di chi è pauroso divenga norma di governo se questi è dotato di un qualche potere: Lucia e Renzo non si sposano pur sapendo il Nostro che Dio, ovvero il suo datore di lavoro, era ampiamente favorevole, come scopriremo nel finale.

Io mi ritrovo spesso a tacciare di donabbondismo chi opera in questa città perchè, a differenza dei molti che vedono del losco dietro ad ogni manufatto che si affaccia a Milano, io al contrario vedo sempre troppo poco coraggio costruttivo in chi governa e amministra questa città che, ricordo, fu quella dei Borromeo (S.Carlo e Federico) e del loro ironico motto (Humilitas) al cospetto delle infinite opere realizzate, solo per restare in tema manzoniano.

La notizia da cui parto è ampiamente positiva: arrivano 20 mln di euro dal PNRR per riqualificare quattro condomini di proprietà del Comune siti in via Rizzoli e un ansa del Fiume Lambro in un punto soggetto ad esondazione in casi eccezionali: per quanto di interesse locale si tratta comunque di una cifra importante e destinata a produrre un effetto quantomeno visibile in quel pezzetto di città, la cui storia è tutta scritta nel dopoguerra (si vada a questo bel ricordo delle tappe nell’edificazione tratto da un sito dell’Opera Don Calabria e alla meritoria pubblicazione di MM sull’edilizia popolare milanese.

Se si analizzano però le cifre e gli intenti dichiarati da Maran (riqualificazione energetica e manutenzione straordinaria dei 550 appartamenti dei quattro civici indicati) troviamo che gli 11,5 mln vanno a ristrutturare un edificato di circa 45000 mq realizzati nella prima metà degli anni ’80, quando la cura del risparmio energetico era di là da venire e gli appalti puntavano piuttosto al risparmio economico: dunque un intervento oggi assolutamente necessario.

Il problema è innanzitutto nell’importo: 250 €/mq per la manutenzione straordinaria e la riconversione energetica a me paiono troppo pochi anche perchè volendo limitare tali opere di efficientamento al minimo perchè si possa dare un congruo risparmio nei costi di esercizio di queste utenze popolari, occorre sicuramente provvedere al rifacimento delle coperture, all’installazione di tetti fotovoltaici, alla sostituzione di tutti i serramenti con la cura mai prestata allora ai ponti termici e infine nel passaggio alla pompa di calore geotermica (siamo a ridosso del Lambro) ovvero l’unica soluzione strutturale che consenta di più che dimezzare i costi per gli inquilini: se a questa aggiungiamo anche alle opere di manutenzione straordinaria alle parti comuni e agli appartamenti ci accorgiamo subito che siamo nei dintorni del 50% di quanto necessario per fare qualcosa di significativo.

Ovviamente tutto si può fare e il bene certo è meglio dell’ottimo presunto però mi pongo due domande:

  1. Perchè puntare su opere singole e non su di un’operazione di sistema, posto che tutto il patrimonio edilizio comunale (sono 27000 abitazioni) versa in identica condizione di degrado energetico e abitativo? (peggio sta ALER, ovviamente)
  2. Perchè la parte di efficientamento energetico non è stata incardinata da MM nel 110% che sarebbe andato a coprire la parte principale delle opere progettate e avrebbe lasciato più risorse disponibili alla riqualificazione?

E qui mi riallaccio al donabbondismo milanese da me lamentato all’inizio: qui oggi paiono difettare sia il coraggio che la capacità di capire il senso dei nostri giorni, in cui efficienza energetica e controllo delle emissioni sono un mantra che non ha bisogno di un brahmano per ricordarcelo essendo questi i tempi di  Greta, il cui scopo non è quello di generare una tribù adorante e replicante visioni scatologiche catastrofiste ma indurre in chi decide un pensiero positivo e operativo sul risparmio e la diversificazione delle fonti energetiche.

Proprio dalle pagine di Arcipelago ho raccontato alcune tappe mancate di questo percorso virtuoso, costantemente dolentemente declinato  dall’estabilishment milanese, nonostante i tempi, le leggi nazionali e la convenienza economica lo richiedessero e la insistita prevalenza per l’ordinarietà amministrativa con qualche inelegante spruzzata di illegittimità come nel caso dell’appalto energia che rischiava di costarci una decina di milioni di euro se non fossi entrato io a gamba tesa e il TAR e il Consiglio di Stato non avessero ridotto a più miti consigli la baldanza dissipatoria degli autoreferenziati dirigenti comunali.

Per stigmatizzare questa prevalenza del rappezzo rimando alle vicende degli ultimi due anni qua raccontate con l’occhio disilluso del cittadino informato dei fatti e che spaziano su tre temi principali 

  1. Appalto energia dei 700 immobili comunali adibiti a scuole e servizi (https://www.arcipelagomilano.org/archives/54281; https://www.arcipelagomilano.org/archives/54877; https://www.arcipelagomilano.org/archives/56530
  2. Mancato o ridotto utilizzo da parte di ALER e MM dell’Ecobonus e poi del 110% https://www.arcipelagomilano.org/archives/56966;
  3. https://www.arcipelagomilano.org/archives/57841
  4. Transizione ecologica che punta ad una elettrificazione affidata ai fossili non rinnovabili (550 mln di fondi PNRR destinati al teleriscaldamento a gas di Cassano) quindi con orizzonte che finisce al 2050 invece che proiettarsi oltre la data fatidica per il funerale della CO2 https://www.arcipelagomilano.org/archives/58840;

https://www.arcipelagomilano.org/archives/58840;

ma ancor più rimando al tema che più mi sta a cuore, ovvero quello della transizione energetica unita ad una necessaria rivoluzione ecologica conseguente all’unificazione da me caldeggiata al Sindaco Sala dei due gestori del Servizio Idrico Integrato (MM e CAP) che porterà 500 mln di rivalutazione patrimoniale ai comuni metropolitani e aprirà la strada alle due grandi infrastrutture mancanti previste dalla legge 152/2006, ovvero lo sdoppiamento delle linee fognarie e la conseguente riduzione dei depuratori (oggi quasi una cinquantina) a due o tre e la creazione di una rete di acqua tecnica basata sull’acqua di falda che porterà quest’ultima ad essere il combustibile verde principale nel riscaldamento metropolitano attraverso la sostituzione delle caldaie a gas (dichiarate defunte nell’orizzonte 2030-2040) con le pompe di calore.

Quanto di tutto questo sarebbe potuto passare dagli Enti e dalle loro amministrazioni e quanto è passato effettivamente, dimostrando quella volontà riformatrice che ha sempre distinto Milano, sia nell’indipendenza che sotto il governo altrui (si pensi al mirabile Catasto Teresiano che ha fatto ricca la campagna milanese)?

Al momento il convento milanese passa solo i rappezzi da cui siamo partiti, mentre resta orfana quella visione di insieme che io, una sorta di pensionato dietro alle transenne dei lavori pubblici metropolitani, continuo a predicare assieme alle sue centinaia di milioni di opere pubbliche in attesa di regista.

Chi, anche da queste pagine, critica l’operato pubblico viene spesso accumunato al generico popolo del NO a prescindere, mentre a mio avviso  pare che a Milano  si evidenzi al contrario una carenza di SI  proprio da parte di chi ha la responsabilità dell’azione politica e amministrativa e che potrebbe attivare da qui alla prossima tornata elettorale almeno una decina di miliardi di investimenti dotati di ritorno economico già finanziati o facilmente finanziabili su case popolari, acqua ed energia e invece procede a 20 mln per volta finanziati a fondo perduto dal buon cuore di questa o quella autorità superiore, svelando indirettamente così l’assenza di un piano complessivo ed uniforme che dia il senso ai nodi universalmente riconosciuti della Transizione Ambientale e delle Periferie.

Anche il palo della Banda dell’Ortica di Jannacci lamentava già a suo tempo che se il bottino lo portiamo su a cento lire per volta non finiamo più.

Giuseppe Santagostino

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  1. Annalisa ferrarioLa miopia nel gestire gli aspetti finanziari è purtroppo una caratteristica ben poco milanese e ben poco riformista di questa amministrazione. Adesso sono appesi ai fondi ministeriali del PNRR come un comunello meridionale qualsiasi. Milano invece ha sempre puntato su risorse proprie, tassando adeguatamente le attività immobiliari e procedendo a progettare per tempo gli interventi. Oggi arrivano i soldi, e il cassetto dei progetti è vuoto. Sì va quindi a tentoni, sperando nel buon cuore e nelle buone entrature nei palazzi romani. Poi magari i soldi si buttano anche via, tanto non sono nostri. Ma aumentare gli oneri mai, hanno paura dei costruttori edili...
    12 gennaio 2022 • 09:33Rispondi
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