21 dicembre 2021

MODELLO MILANO: IL PASSATO REMOTO

Parliamo del futuro


Imm Editoriale (1)

Progetto senza titolo (10) (1)

Le chiavi del futuro sono competenza e scienza. Il 18 settembre 2019 il sindaco Sala dichiara al Corriere della Sera “A Zingaretti suggerisco solo una cosa: il Governo riparta dal metodo Milano. Il punto è capire che il metodo Milano è innanzitutto replicabile per il nostro paese più che mutuabile nelle altre città. Consiste nella capacità di guardare a lungo termine, di fare con serietà un piano di governo del territorio, nel lavorare bene tra pubblico e privato rispettando i valori di ogni componente della società, dalle università alle imprese e dai lavoratori italiani agli immigrati che spesso fanno i lavori più umili”.

Si riferiva al Piano del Governo del Territorio approvato il 19 marzo del 2019 che rifletteva la situazione in essere negli anni precedenti e nella sua premessa si diceva: Questo percorso si configura in 5 obbiettivi che son stati al centro degli incontri pubblici di maggio alla Triennale di Milano: Una città connessa, metropolitana e globale – Una città di opportunità attrattiva e inclusiva – Una città green, vivibile e resiliente –  Una città, 88 quartieri da chiamare per nome – Una città che si rigenera.

Pressappoco gli stessi obbiettivi del precedente PGT.

Del raggiungimento di questi obbiettivi avremmo dovuto saperne qualcosa, almeno al momento della ricandidatura di Sala come rendiconto ( “accountability per gli anglomani) della sua sindacatura trascorsa. Nulla si è saputo.

Il 21 febbraio 2020, con la scoperta del primo caso a Codogno, inizia la pandemia in Lombardia, poi in tutta Italia: uno tsunami che travolge tutti, tutto, tutte le strutture del Paese, tutte le istituzioni. La variante Omicron ci suggerisce di ravvolgere la pellicola.

Osservare oggi che dei 5 obbiettivi del 2019 poco o nulla si sia raggiunto sarebbe ingrato, vista la situazione ma così è stato anche se il desiderio di reagire alla pandemia qualcosa ha prodotto: l’urbanistica tattica e piste ciclabili. Acqua fresca e gravi errori progettuali. 

I Piani di Governo del Territorio, sino all’ultimo ancora in vigore, a molti non sono piaciuti e le critiche, anche su ArcipelagoMilano, sono piovute ma il muro, era e forse è, di gomma. Si è solo capito che per gli operatori immobiliari si era avuto il solito occhio di riguardo.

I cinque obbiettivi  del PGT del 2019 vanno cancellati? No, sono ancora validi ma , a mio modo di vedere, se ne deve aggiungere uno: una città flessibile, che è qualcosa di più e di diverso di “una città resiliente”.

Un nuovo PGT è necessario sopratutto nel metodo e nelle premesse di fondo, adottando quella scientificità della quale in passato non vi è mai sta traccia  e avendo chiaro che quelli dichiarati, i cinque obiettivi del PGT 2019, sono strumentali  rispetto al concetto di città, di collettività locale, dei suoi diritti e dei beni comuni della stessa.

Il PGT è lo strumento principe per garantire il benessere della collettività locale, benessere che deve essere distribuito omogeneamente ma con l’intento di ridurre le disuguaglianze, obbiettivo del quale non si trova traccia nei famosi 5 obbiettivi di cui sin qui abbiamo parlato e che dovrebbe avere tra i primi l’obbiettivo 6:” Una città più equa”.

Bisogna prendere atto che la città è un sistema complesso costituito da molti sottosistemi che interagiscono tra di loro in maniera  dinamica. Questo approccio è stato adottato fin dal 1980   da città grandi come Lione o piccole ma amministrativamente evolute come Martigny (CH). Questo approccio ha dato a suo tempo vita ad una disciplina chiamata “urbistica”, la scienza della città.

Ne abbiamo parlato anche su ArcipelagoMilano nel 2016 in un articolo dal titolo: Un modello di gestione sistemica dell’ente città ed io me ne ero interessato sin dal 1980 in occasione di un viaggio di studio a Lione.

Il sistema città ha due facce, una tecnica, l’urbistica,  ed una politica ma entrambe devono basarsi su dati scientifici che vanno ricercati, organizzati – le famose basi dati – e infine elaborati e messi a sistema. Le scelte di natura politica, anche in caso di totale discordanza politica tra di loro, devono essere prese su basi scientifiche perché siano comprensibili e accettabili e discutibili dai cittadini.

Un tipico esempio di decisioni delle quali sfugge la scientificità sono le due ultime esternazioni dell’assessora Elena Grandi riguardo alle zone 30 e all’estensione dell’Area B a tutta la Provincia (sic).

Ci si domanda: se c’è a quando risale l’ultima analisi sulla modalità di uso delle automobili da parte dei milanesi? 

Le ricerche esistenti parlano solo dei percorsi casa-lavoro e casa-scuola. Ci sono solo quelli? Vogliamo ignorare gli altri a cominciare dal traffico “delivery”?

Si vuole disincentivare l’uso del’auto privata. Che ne facciamo dei 500.000 pendolari e dei 400.000 milanesi che escono da Milano per ragioni di lavoro?

L’assessora sa che in base a studi scientifici e accurati abbassare la velocità da 50 a 30 km. orari aumenta l’inquinamento?

Ma non è solo l’Amministrazione comunale a parlare a vuoto ma anche qualche archistar quando parla di urbanistica e di ambiente. Verrebbe da dire:”dalle archistar mi salvi Iddio che dai nemici ci penso io”.

Di ambiente e di inquinamento me ne occupo – e non smetto si occuparmene – dal 1975 quando partecipando a Stoccoloma ad un convegno sull’inquinamento indoor sentii un esperto dire: “Solution of pollution is dilution” (la soluzione dell’inquinamento è la diluizione) e mi resi conto allora che la densità della popolazione nelle città sarebbe stato un problema: lo è ancora.

Questo mette in discussione tre questioni: la densità della popolazione, il rapporto tra densità e ottimizzazione della rete dei servizi urbani: acquedotti, fognature, reti elettriche e di comunicazione, trasporti pubblici, trasporti privati, raccolta dei rifiuti e così via. Non solo a Milano città ma per Milano città metropolitana.

La difficoltà è trovare tra queste esigenze un equilibrio che non penalizzi nessuno e che ripartisca equamente gli oneri.

Porre un limite alla densità di popolazione è indispensabile ai fini dell’equilibrio ecologico, anche se farà dispiacere ai promotori del mattone, così come bisognerà normare l’adozione di elementi costruttivi che rispecchino l’economia circolare e la sicurezza degli utenti e questo non farà piacere alle archistar specializzate nello stupirci con le loro architetture “innovative”.

Un onere che riguarda tutta la città è il dovere di contribuire alla soluzione del surriscaldamento del pianeta, il problema del CO2  e la strategia del verde, quest’ultima sembra limitata a piantare alberi, dipingere di bianco i tetti, rivestimenti stradali più chiari. Tutto serve ma se vogliamo essere seri dobbiamo cominciare col ricordarci che ad una bistecca di carne di bovino di 250g è associata l’emissione di quasi 3,4 kg di CO2, l’equivalente di un’automobile di cilindrata medio-grande che percorre 16 km.

Quante piante dobbiamo mettere a dimora ogni anno per permetterci questo tipo di consumi alimentari? Quanto verde dobbiamo far arrampicare sulle nostra facciate?

La politica del verde è un addendum della generale strategia della “Rigenerazione urbana”. Anche di questa strategia di rigenerazione dobbiamo parlare perché dopo il Covid e la variante Omicron anche queste iniziative debbono essere riviste ( Reinventing Cities, C40 Cities Climate Leadership Group, e simili) prendendo atto che il mondo è cambiato e che stiamo pagando il prezzo di una globalizzazione senza regole in mano ad interessi economici che non avvertono il pericolo dell’autocannibalismo, quando in una specie (anche quella umana) i più forti mangiano i più deboli e alla fine anche i più forti si mangeranno tra di loro. Questi ultimi non ne hanno coscienza. Purtroppo.

Per cortesia non vorrei più sentir parlare di “difesa del pianeta” ma solo della nostra difesa da noi stessi umani abitanti del pianeta.

Per il pianeta e la sua vita noi siamo solo un nanosecondo della sua esistenza.

Luca Beltrami Gadola

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  1. Cesare MocchiAiuto! Se il "metodo Milano" si basa sulla serietà con cui è stato fatto il PGT, siamo fritti. Il PGT fa acqua da tutte le parti, i dati sono inesistenti, si tratta di chiacchiere basate sul nulla, mancano perfino gli elementi base richiesti dalla legge. E questo sarebbe un lavoro "serio"? Ma Sala sa di cosa sta parlando? O si fida di quello che gli racconta il suo stretto giro di conoscenze? Per capire le cose bisogna ascoltare, guardare in giro, sentire le altre campane... cosa che evidentemente non fa. Cambiare il PGT è la prima cosa che dovrebbe fare un'amministrazione seria che guarda al futuro.
    22 dicembre 2021 • 08:41Rispondi
  2. danilo pasquiniMi piace l'icona - quadro- che ci hai mandato in copetina. Credo siano Galileo e Keplero in disputa, comunque in un passato che torna senpre nella storia degli uomini, nella storia delle loro città. Penso che anche i "modelli" hanno sempre breve durata comunque. Ci sarà sempre un personaggio che avendoli sbandierati ai quattro venti a petto in fuori può sbagliare mossa ad un certo punto della propria vita pensando ad un NUOVO ma che è ANTICO e riproone MODELLI che lA STORIA E LA GENTE HANNO GIà CONDANNATO. Perseverare allora se "humanum est" , non può essere razionale quando riguarda non solo il personaggio ma milioni di persone dentro e fuori la sua cerchia e che in un momento di eccessivo consenso hanno creduto tutto possibile. Questo per restare nell'ambito di SAN SIRO o peggio ancora nelle PERIFERIE URBANE ... in questi giorni scoppia una polemica e forse condanna per la RIMOZIONE FORZATA dei senza tetto dai sottopassaggi o dai portici di alcuni edifici cittadini nei quali si riparano dalle notti invernali. Ma la questione del recupero delle periferie con abitazioni o solo da rimettere in sesto (e già abitate dal altrri più o meno regolarmente ) è quasi mezzo secolo chje a Milano - ma anche nelle altre grandi città - viene messa all'ordine del giorno ma non si vdono risultati. Sono certo che in quegli alloggi cosiddetti popolari sia possibile ricoverare gli "homeless" anche da subito - pensate che in interi quartieri ex IACPM ora ALER sono accesi I ruscaldamneti centrlizzati che solo in parte sono fruiti da famiglie o personne,ma ALQUANTI ALLOGGI RIMANGANO VUOTI. C'è spreco di combustibile fossili e duole sapre che molri ne potrebbero fruire e non solo quando è freddo. Questa non è la politica dello struzzo! questa è la politica della speculazione edilizia : NON RIATTARE alloggi ed edifieci vuoti solo da MANUTENERE ed intanto far crescere loro intorno infrastrutture urbanmetropolitane come la linea 4 blu della Metropolitana Milanese al LOranbteggio ed al Giambellino ... questo si chiama rivalutare quelle aree - liberate da stirici quartieri - da OFFRIRE DOMANI A QUALCHE MIGLIOR OFFERENTE perchè la ristrutturazione costa più della nuova edificazione!? Anche il quariere Harar tra via Novara e via Harar - ne ho già paròlato - con l''inciucio dello stadio nuovo può o sarà da "sostiruire " come altre periferie ? Considerazione e doamnda.
    25 dicembre 2021 • 18:41Rispondi
  3. danilo pasquiniUna raccomanazione alle Scuole di Architettura ed ingegneria: non penso che il loro esistere sia solo per preparare professionisti bravi a COSTRUIRE LE NOVITA' ed a partecipare alla divisione degli incariche piccoli, medi, grandi e di altssimo pregio ed interesse estetico (!?) Penso e mi posso sbagliare perdonsatemi che non ci sia ancora - se mai dovesse esserci - una SCUOLA DELLA MAUTENZIONE, DEL RIPRISTINO e DEL RECUPERO (quest'ultimooggi solo per edifici storici e di pregio) ma sarà anche utopistico e ne sono convinto che questa strada di cui avverto la mancanza avrebbe poruto essere attiva dai tempi di Noè ... ma non è stata questa la prassi prima etica e poi professionale che le grandi scuole perseguano e che hanno determinato la sturia della città e dell'urbanistica (forma urbis) scienza forse troppo recente e, nei fatti, non nelle premesse e nelle forti diatribe tra scuole ed immaginazioni del futuro, lontana da una prassi sopratutto SOCIALE. E questo non solo nei MODELLI CAPITALISTI, e forse anche in quelli cosiddetti poplar-socialisti. Questa è una amara considerazione che mi viene da una non troppo lunga espeoienza di vita trascorsa tra professione - molto recente solo 35 anni - ed attuività socio culturali passate nelle periferie di Milano praticamente a tempo quiasi pieno anche dimentico a volte di lavoro salariato che mi permetteva comunque di essere attivo in quel settore che avevopreso come fondamentale della mia vita. Invito pertsnto lr dcuole politecniche delle coarruzioni e gli Amministratori Pubblic alla partita delle periferie a pensare anche in direzione della SALVAGUARDIA della MANUTENZIONE PERMANENTE del RIPRISITINO E DEL RECUPERO dell 'esistente per evitare "rimozioni forzate" di "homeless" dai sottoòportici a protezione dall'inverno crudele. t
    26 dicembre 2021 • 17:49Rispondi
  4. Giuseppe Di GiampietroSig. Luca Beltrami G., ArcipelagoMilano 1. (Milano 05-01-2022) Ho letto il suo pezzo su modello Milano, passato remoto. A prescindere dalle specifiche critiche alle proposte dell'assessora Elena Grandi su Zone B estese e Zone 30, che non conosco poichè ora lavoro in un'altra città, non ho ben capito il contenuto della proposta da lei criticata, se sulle zone 30 in generale, l'associazione con le zone B (urbanistiche di completamento, suppongo) o l'estensione a tutta la provincia di tali zone ? 2. A ogni modo sono stupito della sicurezza con cui lei cita una pagina di Sos-Milano che definisce "scientifica" per affermare che ridurre la velocità (in area urbana) a 30 km orari comporterebbe un aumento dei consumi e degli inquinamenti rispetto ai canonici 50 kmh. A me pare che la pagina citata di Sos-Milano, sia solo un estratto di manuale ingegneristico sul funzionamento ed il rendimento dei motori a combustione. Tanto vecchio quanto la decisione internazionale di fissare il limite di velocità in area urbana a 50 kmh (in Italia con DPR 393-1959). Niente a che vedere nè con l'urbanistica, nè con la sicurezza stradale, e nemmeno con le condizioni reali del traffico in area urbana. 3. Da quando si è cominciato a parlare di Zone 30, in Germania negli anni 80, si è fatto riferimento a studi sistematici su città pilota e su strategie di riqualificazione stradale e gestione del traffico che andavano sotto il nome di moderazione del traffico o traffic calming, e non certo solo limitati al fissare un limite di velocità. All'interno di quegli studi, condotti in maniera sistematica in Germania, su 5 città pilota, con interventi estesi di moderazione del traffico e controllo dei principali effetti indotti (su sicurezza, incidentalità, rumore, inquinamenti, consumi, durata degli spostamenti e persino qualità urbana) si sono misurati dei dati del tutto diversi da quelli ipotizzati in termini teorici dai manuali ingegneristici di efficienza dei motori a combustione. 4. Certamente quei dati tedeschi sono datati, ma attendibili, verificati e soprattutto "sistemici", o se vuole un termine colto, con un approccio "olistico", in cui si considera la gestione del traffico in un contesto urbano determinato, con interventi sistematici di moderazione del traffico. Tutt'altra cosa dal funzionamento teorico di un motore a comustione alle diverse velocità. Mi stupisco come lei, che dovrebbe essere attento alla cultura europea che ha prodotto decenni di esperienze, in molti contesti sul tema della moderazione del traffico e Zone 30, non sappia nulla di queste esperienze e si affidi ad una paginetta, saccente e non pertinente, per liquidare la ricchissima esperienza internazionale delle Zone 30, con una nuova, straordinaria, ma non pertinente verità. Non conosco la proposta dell'assessora milanese sulle Zone 30 estese, ma sicuramente le Zone 30 non sono solo un limite di velocità, su cui ragionare sul consumo dei motori. 5. Le allego il link a materiali di documentazione sul tema degli effetti delle Zone 30, da me raccolti per corsi di formazione ed esperienze progettuali di oltre u ventennio. La autorizzo a pubblicarli e diffonderli, e sono pronto a più specifiche disscussioni sul tema e sulla proposta milanese. Cordialmente, www.webstrade.it/corsi/strade2002/documenti/Effetti-Zone30.pdf Giuseppe Di Giampietro, arch, phd, Webstrade.it, Milano e Pescara. digiampietro@webstrade.it - 338-5343-969
    5 gennaio 2022 • 11:41Rispondi
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