21 dicembre 2021
IL CORAGGIO E LA PAURA
Non parliamo di musica
Scrive il nostro Direttore: “Le notizie quotidiane sull’andamento del Covid ci fanno capire che questa pandemia è tutt’altro che finita e che anche i più ottimisti, quelli del “tutto tornerà come prima”, devono rassegnarsi: nulla tornerà come prima, sempre ammesso che il “prima” ci piacesse senza se e senza ma. Ognuno di noi ha fatto delle riflessioni generali anche al di là e al di fuori delle proprie competenze specifiche, da cittadini pensanti con la propria testa, con un atteggiamento critico poco o per nulla sensibile alle “sirene” dei media, giornali e televisione”. Così incoraggiato, cercherò di mettere a fuoco quel poco di senso che sono riuscito a dare a questo sconcertante periodo, anche se ha assai poco a che vedere con la musica – tranne che è un “cantare fuori dal coro”! – e pur sapendo che a molti non piacerà affatto.
Quand’ero ragazzino, eravamo ancora in piena guerra, le parole “coraggio” e “paura” avevano un suono molto diverso da quello che percepiamo oggi: durante i bombardamenti chi aveva paura scappava nei rifugi antiaerei, chi aveva coraggio cercava spazi aperti per guardare in faccia il pericolo e non rischiare di finire sotto le macerie! Al fronte, raccontavano i padri e i nonni che ci erano stati, era fin troppo chiaro cosa fossero il coraggio e la paura. Ma anche ora, senza guerre e nella vita quotidiana, distinguiamo molto bene chi affronta con coraggio la vita ed ama il rischio quel tanto che basta a sentirsi vivo, e chi cerca sempre di proteggersi da tutto e di evitare ogni genere di rischio. Chi affronta con animo sereno le malattie, anche le più severe (e così più facilmente ne guarisce) e chi invece si fa prendere dallo sconforto (e proprio per questo più facilmente vi soccombe).
Ho la sensazione che questo accidente di pandemia – che non nomino per non partecipare al bla bla che l’accompagna – abbia un po’ rimescolato le carte. Il coraggio è diventato incoscienza, quando non irresponsabilità, mentre la paura viene chiamata prudenza, o anche senso di responsabilità. La paura è passata da valore negativo a valore positivo, al coraggio è accaduto il contrario.
Vorrei chiarire che prendo molto sul serio tutta la faccenda, faccio coscienziosamente tutto quello che mi dicono di fare, mi comporto da bravo cittadino (vaccini, tamponi, mascherine e via dicendo), non protesto e non irrido alcuno. Ma posso dire che “non ho paura”? Che ne sono – ovviamente – soltanto infastidito ed annoiato? Che mi rattristo molto quando incontro amici che hanno visibilmente paura, lo dicono con candore, vivono chiusi in casa, hanno dimenticato la convivialità, declinano gli inviti e soprattutto non parlano d’altro?
Mi è ben chiaro ciò che dice il Manzoni di don Abbondio, “il coraggio, uno, se non ce l’ha, mica se lo può dare”, ma non posso dimenticare ciò che disse Nelson Mandela in circostanze ben più gravi: “ho imparato che il coraggio non è la mancanza di paura, ma la capacità di vincerla”. Oggi accade che non si faccia nulla per darsi coraggio o per vincere la paura. Accade invece che per paura di morire si muoia di paura, non si viva più, si rinunci a vivere.
Caro Direttore, lasciami dire con tutta franchezza che in questi due anni ho imparato ad apprezzare i coraggiosi e a compiangere i paurosi, perché ho capito che il coraggio è ancora un valore e la paura una tremenda sciagura.
Buon Natale e buon anno!
Paolo Viola
Cara lettrice, gentile lettore, se sei arrivata/o qui, c’è voglia e bisogno di dibattito pubblico su Milano, indispensabile ossigeno per la salute della democrazia. Sostienici subito perché solo grazie a te possiamo realizzare nuovi articoli e promuovere il primato dei beni comuni per Milano. Attivati ora!
2 commenti