7 dicembre 2021

LA CRISI DEL MEAZZA ED IL SAPORE SCONOSCIUTO DEL DISSENSO

Dopo il plebiscito, Beppe Sala assaggia per la prima volta il gusto amaro della distanza dalla città


uccero (2)

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Il tempo passa e la questione del Meazza diventa ogni giorno più delicata ed ingombrante. Beppe Sala ne pare ormai consapevole e le sue mosse goffe sono segno di crescente nervosismo. Si può parlare della prima vera crisi di rapporto con la città?

Il fatto è che, per la prima volta dall’inizio del suo regno, prende forma un dissenso ampio e trasversale, nato in sordina nella società ma, qui sta il nocciolo della questione, in avvicinamento verso la politica. Così Beppe un po’ sbotta e un po’ si riposiziona: passa dall’ “allora compratevelo”(lo stadio)  all’ “io sono nel mezzo” (tra società calcistiche e città). Tocca a Milan ed Inter di convincere i “loro” tifosi della bontà del “loro” progetto. Come se avendo preso la decisione in giunta, non toccasse principalmente a lui l’onere della difesa del “suo” provvedimento. 

Intanto, il dibattito pubblico, pur malamente abortito come “debat publique”, e silenziato finora nell’aula comunale, prende forma e decolla nella città: Berlusconi e Moratti, tanto lontani per stile e simpatie politiche, hanno preso posizione bipartisan contro la demolizione del “vecchio” stadio. Forse Beppe pensava, come per gli scali ferroviari, di aver a che fare solo con le resistenze di qualche illuminato urbanista, ed ha tirato diritto, dimenticando che qui si tratta di calcio, una passione così forte da chiamare tutti in campo a dire la loro. Se poi i Presidenti delle maggiori glorie calcistiche cittadine si muovono di conserva, questo pesa, eccome se pesa, nella forza simbolica e negli assetti di potere. 

Nella grande pancia della città, nei bar del centro e delle periferie, luoghi elettivi della formazione del consenso o della sua crisi, cresce la sgradevole percezione che l’operazione, presentata come grande occasione di rigenerazione urbana e di ritrovata potenza calcistica, sia in realtà principalmente utile ad arricchire le poco amate proprietà cinesi ed americane dei club e, con loro, gli attori della speculazione immobiliare (pardon transizione urbana) in servizio permanente effettivo. 

Ci si chiede, in breve, per quale motivo si debba abbattere uno stadio recentemente ristrutturato e funzionante, e se non sia preferibile semmai migliorarlo con minor spesa, piuttosto che distruggere un simbolo caro ai milanesi negli ultimi 70 anni. Ci si domanda se l’abbattimento del Meazza non sia distruzione non solo della memoria ma anche di un rilevante valore patrimoniale del Comune. Quel che è peggio, per gli amici del progetto, la bolla comincia ad attrarre e contaminare molti esponenti della vita pubblica, passata e presente, fino ad assumere una inevitabile fisionomia politica, pur non ancora partitica: attorno al Meazza, accanto a chi ha a cuore la tutela di un bene pubblico di grande valore o della qualità urbanistica cittadina, si aggiungono figure che Beppe, nel suo non sempre delicato incedere, ha messo da parte o addirittura triturato. 

I nomi, per chi sa qualcosa della vita degli ultimi 10 o 20 anni della cronaca cittadina, non hanno bisogno di presentazioni particolari. La slavina si muove e scendendo a valle si ingrossa, inglobando quanto incontra, riempiendosi di umori negativi che vanno aldilà della questione specifica, accrescendo forza e virulenza. Ed il segno politico è, aldilà delle intenzioni dei singoli, contrario al Sindaco.

Né lo aiutano i poco eleganti commenti: risuona ancora quel “fuori dalle grotte” urlato ai dipendenti comunali ancora attardati, per lui, nel comodo smart working di casa, ed il ricordo non fa piacere. Ecco, per molti questo stile di comunicazione poco si conforma alla misura che dovrebbe ispirare un primo cittadino e segnala un’arroganza decisionista non appropriata, limite pesante nella sua azione politica. 

Non sembrano accettabili ad un pur moderato sentimento democratico la sottrazione sistematica della questione al dibattito pubblico e la tentata delegittimazione del referendum cittadino, incautamente motivata con l’inedita e sorprendente teoria dell’oggetto ammissibile solo in materia “etico-morale” (???). Una fesseria assoluta non solo sotto il profilo giuridico (*) ma anche del senso comune, per di più clamorosamente smentita dalla precedente prassi referendaria (i quesiti del 2011 per intenderci), focalizzata su problematiche ambientali e specifiche iniziative progettuali.

Il fastidio mostrato verso la discussione pubblica, nelle sedi istituzionali e non, contraddice anche le recenti simpatie per il colore verde, sensibilità politica che presuppone il coinvolgimento dei cittadini nei processi deliberativi, trattandosi della loro vita. Così anche l’iscrizione ai verdi europei corre il serio rischio di trovarsi derubricata da conversione miracolosa sulla via di Damasco a spregiudicata capriola, utile forse nel breve a ramazzare qualche voto, ma inevitabilmente incapace di esorcizzare il sentimento di distacco che il mondo ambientalista sta maturando sempre più, in Comune ma non solo. Prendono crescente distanza Monguzzi e Fedrighini, un tempo vicini.

Il Sindaco e con lui la maggioranza per la prima volta toccano con mano un forte dissenso cittadino su importanti decisioni e ci si chiede fino a quando le forze che lo sostengono, ma anche quelle di opposizione, manterranno la consegna del silenzio di fronte ad una città che chiede attenzione e risposte. Perché è pur chiaro, è l’abc della politica, che sostegno ed anche mancata critica resistono se il consenso è quasi plebiscitario, ma quando le crepe si aprono cominciano distinguo, suggerimenti interessati, smarcamenti e manovre sottobanco. Ci si chiede, essendosi esposti in prima persona Berlusconi e Larussa, fino a quando il tramortito centrodestra resterà silente e soprattutto fino a quando il centrosinistra e soprattutto il PD terranno piè fermo al fianco del Sindaco. Non sono pochi, del resto, i sassolini nelle scarpe di molti che, le braccia conserte a bordo campo, attendono una buona occasione per entrare in gioco e toglierseli.

E’ un tornante molto delicato nell’avvio della seconda sindacatura, e il rischio non tocca solo Beppe Sala. Nel fortino di Palazzo Marino il sindaco, illuso dal plebiscito elettorale, assaggia per la prima volta il gusto amaro ed inedito della distanza dalla città. Intanto, le iniziative si moltiplicano e le adesioni crescono.

Stay tuned.

Giuseppe Ucciero

(*) “Referendum abrogativo: la consultazione elettorale con cui viene chiesta l’eliminazione totale o parziale, dall’ordinamento comunale, di deliberazioni adottate dal Consiglio o dalla Giunta comunale”. Dal sito www.comunemilano.it

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  1. GuidoSalve, Nato nel '68, primo abbonamento nel'79. Gli unici che dicono che San Siro è scomodo sono quelli che non lo frequentano. Tutti, senza eccezioni di età o nazionalita, quelli che porto periodicamente rimangono i primi minuti ma anche ore a volte, a bocca aperta. E noi, non ricchi, ce lo possiamo permettere. E a noi, non ricchi, di avere ristorante Sky box ecc non frega nulla. Quando scendi o salì sul tram (o metro) sai che stai entrando (o uscendo) da una cattedrale. Solo a infedeli stranieri (sono di famiglia mista) e a un sindaco connivente può venire in mente di rubarcela. ( E chi dice eeeh ma Wembley... Eeeh ma a Monaco... Nulla sa: il Real Madrid ha ristrutturato il suo stadio in pandemia investendo un miliardo, sapendo che è la passione di noi cittadini non ricchi che mantiene in piedi la baracca calcio)
    15 dicembre 2021 • 01:55Rispondi
  2. giuseppe uccieroGrazie per il commento. Purtroppo, siamo travolti da un'onda che cela dietro pseudo motivazioni di maggior godibilità del "prodotto" calcio (che tristezza), l'inesausta sete di sempre maggiori guadagni. Non bastano i miliardi dei diritti televisivi, ora, per mantenere "nani e ballerine" servono i grandi business immobiliari. A noi "poveri", invece, basta guardare la partita e del resto, come si dice in francese" "non ce ne frega niente". Se le società vogliono farsi il loro stadio, se lo facessero pure, a loro spese e dove possibile, nel rispetto delle regole. Vanno via da Milano? Facessero pure, che siamo curiosi. Travolti, ma non vinti, ancora.
    22 dicembre 2021 • 12:24Rispondi
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