23 novembre 2021

CITTA’ METROPOLITANA

Un ente (quasi) superfluo


ballabio

L’attuazione del PNRR richiede giustamente misure di collaborazione con i livelli di governo locale. Il Consiglio metropolitano ha pertanto approvato uno “schema di accordo-quadro tra la Città Metropolitana ed il Comune di Milano” che tuttavia mostra l’assurdo paradosso in cui cade la pseudo-istituzione scaturita dalla legge Del Rio. 

Intanto la relativa delibera viene approvata il 29 settembre, in seduta presieduta dalla vice-sindaca Censi e assente il sindaco titolare, nell’arco di 1’32” (sic!), ovviamente senza illustrazione di merito e senza discussione nel minuto che rimane al netto della lettura degli estremi. Pur trattandosi di materia non certo irrilevante l’Assemblea metropolitana funge all’unanimità da semplice passacarte!

Inoltre, trattandosi di accordo tra Enti distinti è richiesta la sottoscrizione da parte dei rispettivi rappresentanti legali, che tuttavia nel caso coincidono. La cerimonia della firma dunque vedrebbe il classico e comico scambio di casacca e di sedia ai due lati del tavolo. Il buon Beppe Sala, con un’agile volteggio, sancirebbe l’accordo-quadro con se stesso!

Per altro quando la politica fatica a sbrogliare la matassa ricorre alle ali protettive della burocrazia. Infatti la Segreteria Generale della Città metropolitana, interpellata al riguardo, risponde tal quale: “l’accordo viene firmato dal Sindaco per Comune di Milano e dalla Vice Sindaca metropolitana per la Città Metropolitana”. 

O bella! E perché non dal Sindaco Metropolitano e dalla Vice Sindaca del Comune di Milano? L’espediente formale dimostra la sostanziale subalternità di un Ente quasi superfluo. Per altro il “quasi” può del tutto cadere con la ventilata cessione alla Regione centralista e invasiva della residua competenza sul Parco agricolo sud.

Per inciso corre l’obbligo di formulare i migliori auguri di buon lavoro alla volonterosa, ed al limite velleitaria, Arianna Censi che evidentemente fa un salto di carriera assumendo la carica assessorile nella Giunta milanese: meglio essere terze o anche quarte a Roma che seconda in Gallia!

E tuttavia il 19 dicembre tutti i sindaci e consiglieri dei 133 comuni facenti parte saranno convocati per rinnovare lo stesso Consiglio metropolitano, con voto pesato e peso politico pressoché nullo. Sarà la ripetizione di uno stanco rituale oppure l’occasione per una riflessione sulle prospettive esistenziali di un ente in sofferenza, stretto tra il martello del capoluogo e l’incudine della regione?

Purtroppo di questi tempi è difficile che riflessioni e ragioni conquistino di per sé la dovuta attenzione. Forse meglio farle precedere da un atto clamoroso, ad esempio un’astensione massiccia e motivata dall’elezione in secondo grado di un organo privo di rilevanza politica e pure amministrativa, senza esecutivo e senza capo altrove affaccendato. 

Si decida: o si recupera la legittimazione da parte del corpo elettorale metropolitano, come condizione per un riassetto dell’ordinamento sub-regionale equilibrato e razionale, oppure si abbia il coraggio di abolire una finta “città” dimostratasi elusiva ed impotente.

Siamo infatti nella fase terminale di un processo che ha portato il progressivo svuotamento del livello provinciale che nella “prima repubblica” dominava su quello comunale, tanto sul piano del coordinamento politico svolto dai partiti, quanto con l’ente stesso che godeva di prestigio e riconosciute competenze amministrative.

Oggi invece, ribaltatosi il rapporto, il ruolo dominante è assunto di fatto dal Capoluogo al cui traino lo stuolo polverizzato dei comuni si affida passivamente, rinunciando ad un ruolo politico proprio e rendendo pertanto superflua la rappresentanza in un’entità tutt’al più riducibile a mera struttura tecnico-consultiva. 

L’operazione-verità necessita nel caso di adeguare le parole. Posto che l’ampio intorno della città murata e turrita ritorna “contado” l’aggettivo specificativo delle metropoli risulta inadeguato e fuorviante, da ritirare e riservare a tempi migliori. 

Più appropriata la qualificazione, ben sperimentata nei secoli, di “ducato”.

Valentino Ballabio

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