17 settembre 2021

UN PROMEMORIA SULLA POLITICA DELLA MOBILITÀ A MILANO

Una questione che non ammette rinvii


corda

Circa la conversione del parco veicolare verso l’elettrico. Nonostante le disposizioni UE e il battage mediatico, la transizione verso l’elettrico non sarà breve in relazione a diversi fattori: all’impatto sul sistema industriale dell’automotive, ad un bilancio favorevole ai veicoli elettrici solo attraverso centrali di produzione elettrica alimentate con fonti rinnovabili, all’inquinamento generato dalla demolizione delle batterie, alla scarsezza (e al monopolio) delle terre rare, alla disponibilità estesa di punti di ricarica sul territorio, ma soprattutto rispetto alla equità sociale che questa transizione comporta.

Basti pensare che il peso di una riconversione totale verso l’elettrico comporterebbe, entro i prossimi dieci anni, un investimento privato a carico della comunità della Città metropolitana di Milano pari a 5,1 miliardi di euro, considerando che la sostituzione di circa 20.000 veicoli all’anno per un costo di almeno 25.000 euro per auto riguarderebbe 1,8 milioni di auto circolanti.

Politiche che neghino l’accessibilità, se non con veicoli elettrici, ad aree più o meno ampie della città e a quanti intessono quotidianamente relazioni con Milano, significa modificare, in termini inaccettabili, un equilibrio di scambi fondamentale non solo per lo sviluppo dell’economia.

La conversione, anche totale, verso l’elettrico non risolverebbe, comunque, il problema della congestione da traffico.

Più fattori concorrono alla congestione da traffico. Il primo sembra dato dalla mancata consapevolezza che il disegno della “città dei 15 minuti” non può essere in antitesi con la natura dell’abitare contemporaneo strettamente legato alla sinergia di relazioni di prossimità e di relazioni a distanza, che possono risultare possibili solo attraverso una rete primaria ben strutturata.

Il secondo, reso manifesto dagli interventi improvvisati durante il lockdown, riguarda l’improvvida riduzione della capacità di direttrici stradali classificate come primarie in quanto capaci di garantire le relazioni interquartiere e il collegamento tra la città e l’intorno metropolitano.

Il terzo consegue dal non avere affrontato il complesso problema della distribuzione urbana delle merci, enormemente cresciuto con l’e-commerce nel 2020, così come la sosta dei furgoni in doppia fila. Si impone la necessità e l’urgenza di un sistema articolato di interventi: Centri di distribuzione ad alta accessibilità dentro e fuori la città, Transhipment point per la micro-distribuzione nel centro urbano, da rifornire di notte e pronti a distribuire nei quartieri con e-bike, tricicli e quadricicli elettrici, la diffusione “a sistema” dei Locker collocati nei punti ad alta frequentazione con il mezzo pubblico, spazi multi-operatore (City-hub) per la distribuzione nei quartieri presso edicole, uffici postali, negozi, oltre le piazzole telematiche solo promesse dal PUMS 2015.

Infine, a ridurre la congestione e a favore della collettività e degli operatori del trasporto, merita riconsiderare l’introduzione graduale della consegna notturna delle merci, che hanno, fin qui, ricevuto una opposizione soprattutto da parte dei commercianti.

Una nuova politica a favore dell’intermodalità. L’insufficienza della rete del trasporto pubblico locale, pari ai migliori esempi europei entro l’area dei Bastioni, è via via più carente nel collegare tra loro le zone più esterne della città e i comuni della città metropolitana.

Se, come è stato sostenuto, la risposta alla domanda di mobilità, specie in presenza di restrizioni e limitazioni alla capacità dei mezzi, non può essere garantita da un incremento di offerta generale e tendente all’infinito e il Trasporto Pubblico Locale deve essere concepito come input e vincolo del sistema e non come variabile infinitamente elastica, allora la speranza di un spostamento dal mezzo privato al trasporto collettivo deve essere affidata ad una nuova concezione dei centri di interscambio modale.

Non si tratta solo di raddoppiare i parcheggi di interscambio ai terminali delle metropolitane, ma di promuovere, almeno entro la Città Metropolitana, la trasformazione di tutte le stazioni ferroviarie in centri di interscambio per ogni modalità di trasporto (dall’auto, ai mezzi in sharing, alla micromobilità elettrica) e di qualificarle, attraverso “progetti strategici” di sviluppo, con funzioni terziarie non necessariamente collocate entro Milano come uffici, alberghi, residenze temporanee, spazi di coworking, servizi pubblici.

Per una nuova qualità urbana dei quartieri. La necessità di liberare i quartieri dal traffico di scorrimento e interquartiere comporta, senza forzature ideologiche, l’individuazione delle direttrici primarie alle quali garantire scorrevolezza, a velocità costante e moderata, con una fluidità che comporta una diminuita quantità di emissioni.

È questa la condizione per garantire la possibilità di dare una configurazione nuova agli spazi urbani, non solo entro la Milano dei bastioni, ma entro tutti i quartieri, con interventi appropriati conseguenti alla diversa complessità e configurazione morfologica di ciascuno.

Entro i quartieri i quali l’andatura degli autoveicoli sarebbe moderata non solo da prescrizioni sui limiti di velocità, ma soprattutto da interventi di modellazione dello spazio stradale, funzionali ad una nuova qualità ambientale capace di garantire la sicura convivenza di pedoni, ciclisti, monopattini, moto, autovetture, mezzi di servizio e trasporto pubblico, con soluzioni ormai consolidate nella disciplina progettuale del “traffic calming”.

Resta il problema dell’invasività della sosta su strada di lunga durata che deve essere, fin dove possibile, sostituita dalla realizzazione contestuale di parcheggi in struttura multipiano (per residenti, domiciliati, visitatori), limitando la sosta temporanea entro i quartieri ai servizi di manutenzione e di emergenza, alle operazioni di trasloco, ai mezzi per la consegna delle merci a domicilio e presso i negozi di vicinato.

Sia una rete ben strutturata, sia il valorizzare, anche nelle parti più esterne della città, ogni paesaggio urbano in quanto non solo scena di fondo estetica, ma luogo capace di favorire la facilità del vivere e il rafforzamento delle relazioni sociali, costituirebbero una risposta socialmente giusta nel difficile equilibrio tra funzionalità e tutela ambientale.



Condividi

Iscriviti alla newsletter!

Per ricevere in anteprima sulla tua e-mail gli articoli di ArcipelagoMilano





Confermo di aver letto la Privacy Policy e acconsento al trattamento dei miei dati personali


  1. Federico AcutoCaro Corda, un bell'articolo, con lo stile di un tempo. Un piacere leggerlo.
    22 settembre 2021 • 19:52Rispondi
    • Gian Paolo CordaCaro Federico, grazie per le cortesi parole. Mi piacerebbe, come un tempo, confrontare opinioni. Gli spazi per farlo sembrano essersi, nel tempo, sempre più ristretti. Le parole e gli scritti, come ha osservato Vitali, cadono ormai nella voragine del non ascolto. Gian Paolo
      23 settembre 2021 • 17:17
  2. Andrea VitaliTante valutazioni condivisibili. Ma temo che il comune non sia interessato ad ascoltare
    23 settembre 2021 • 08:53Rispondi
  3. Gianluca GennaiQuanto scrive è condivisibile e peraltro rilancia il tema dei parcheggi di prossimità o di quartiere, anche automatici come Parigi insegna. Ad esempio un parcheggio automatico, come Lei sa, prevederebbe cubature molto ridotte rispetto alla capacità di accumulo dei mezzi e alle rampe necessarie nei casi dei parcheggi classici. Aggiungerei che una transizione della mobilità di entità tale fino alla conversione rapporto uno a uno, sottende un processo di potenziamento della rete elettrica tale da richiedere un cablaggio della città adeguato ai nuovi bisogni che ne conseguirebbero, sia pubblici che privati, fino a un'intensificazione dei possibili impianti fotovoltaici con accumulo, cosa che solo dal punto di vista normativo, oltre che economico/strutturale, richiederebbe sforzi da parte dell'Ente pubblico al momento non sostenibili. Non parlerei della città in 15 minuti poiché tecnicamente utopica se non a seguito di un imponente processo urbanistico ma anche sociale. Lo ringrazio per lo spunto che rilancia molte delle mie riflessioni.
    25 settembre 2021 • 16:48Rispondi
Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. Tutti i campi sono obbligatori.

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.


Sullo stesso tema








19 dicembre 2023

CLIMA, COP28 E REALTÀ MILANESE

Giorgio Origlia






16 maggio 2023

UN RICORDO DI LUIGI MAZZA

Gabriele Pasqui



21 marzo 2023

NOTTE FONDA SUI SERVIZI A MILANO

L'Osservatore Attento


Ultimi commenti