14 settembre 2021
ELEZIONI! IL MINIMO SINDACALE DEL SINDACO
La Milano futura?
Antifascismo. Questa è la parola rimbalzata tra Sala e Bernardo all’apertura della campagna elettorale a metà settembre. Né il primo né il secondo possono appuntarsi al petto questa medaglia. Se i genitori di Bernardo hanno fatto la resistenza, le virtù dei padri non passano automaticamente a i figli. Quanto a Sala il discorso è più complesso.
Nel 1953, alla sua fondazione, ho aderito a Unità Popolare, un piccolo partito rapidamente scomparso che diede vita nello sciogliersi a tante cose tra la quali il Partito Radicale e un giornale come L’Espresso. Da allora ho seguito la politica, in particolare quella milanese. La primavera dell’antifascismo.
Dopo il 25 aprile gli antifascisti pullularono e non tuti i Padri Costituenti lo furono. Tant’è.
Essere antifascisti non è né semplice né banale allora come oggi: esserlo vuol dire ripudiare tutti gli aspetti della dottrina fascista e non solo il razzismo e l’antisemitismo che furono l’aspetto peggiore, una riduzione di comodo.
Essere antifascisti vuol dire interpretare la democrazia innanzitutto come un sistema di governo che consideri uomini e donne tutte uguali, tutti liberi, tutti ugualmente partecipi alle decisioni sul proprio destino e legiferare di conseguenza.
Il fascismo distrusse tutto: cancellò le libertà individuali, la libertà di pensiero, le minoranze, la libertà di istruzione, di culto, cancellò i partiti, cancellò il sindacato, le autonomie locali e l’elenco non finisce certo qui, ma soprattutto instaurò il fűhererprinzip : un uomo solo al comando, la matrice di quello che con termine più garbato oggi chiamiamo leaderismo, a suo modo anch’esso una negazione della vera democrazia, soprattutto all’interno dei partiti.
Non vorrei si pensasse che sono uno dei tanti lodatori del tempo passato. Non è così. Il presente è quello che conta e va guardato senza pregiudizi per pensare al futuro. Niente rimpianti dunque, qualche rimorso, anche grave.
Da osservatore di lunga lena posso dire, senza tema di smentita, che questa campagna elettorale è la peggiore alla quale abbia mai assistito da 68 anni a questa parte.
Avevo in mente di scrivere un post su FB dal titolo MINIMO SINDACALE, DEL SINDACO. Ora lo trasformo in un articolo con maggior convinzione dopo quello che ho letto sui giornali negli ultimi giorni di campagna elettorale ma di questo dirò alla fine. Il minimo sindacale ebbe come origine la richiesta di un salario minimo garantito. Poi, e non ho capito perché, per estensione si è usato questo modo di dire riferito al minimo di lavoro che si deve fare a fronte di un salario o di un incarico. Io per analogia voglio parlare del “minimo” che dovrebbe fare un sindaco per la sua città. L’elenco delle cose sarebbe lunghissimo da quelle minime, tenerla pulita, a quelle massime, come dice la legge sugli enti pubblici: essere realmente il responsabile della salute dei cittadini in tutti i sensi, da quello sanitario a quello economico, a quello sociale e occuparsi dello sviluppo della città: per tutti.
Ci sono due considerazioni da premettere.
L’urbanistica (quelle urbana in particolare va seguendo lo stesso percorso del clima: stiamo distruggendo le città anche in questo caso per l’avidità e l’arricchimento di pochi. Quando finalmente ce ne renderemo conto e i “Grandi” del mondo e i “Piccini” dei Comuni faranno (forse) un G7 dell’urbanistica, i “costi” per salvare le città saranno enormi e a pagare saranno come sempre le vittime e non i colpevoli. Intanto godiamoci i pentimenti delle archistar: niente borghi e città orizzontali (Ratti su Repubblica).
Gli “spazi sociali”, sono un modo di dire che come il prezzemolo non manca mai tra gli urbanisti “prêt-à-porter”. Quello che sfugge loro è che lo spazio sociale di cui parlano (l’urbanistica tattica tanto per cominciare), equivale al vecchio adagio “panem et circenses”.
Lo spazio sociale più importante non è quello fisico ma quello dell’Homo politicus, dove quesrti esprime e dibatte le sue idee, dove si confronta con gli altri e con chi governa da pari a pari: lo spazio democratico. Questo spazio si va restringendo e si governa con il surrogato della falsa partecipazione – una specialità milanese – anche qui “panem et circenses” ma soprattutto “circenses”. Ecco una negazione della democrazia antifascista.
In questa campagna elettorale, non certo uno scontro di titani, il sindaco uscente si è vantato di molte cose, di quasi tutto l’immaginabile e allora mi domando: quante di queste cose erano il “minimo sindacale”? Quante delle cose delle quali si vanta vanno attribuite a chi lo ha preceduto? Del minimo sindacale non può vantarsi nessuno, una volta si chiamava senso del dovere.
Perché il sindaco Sala, ricandidandosi, non ci fa l’elenco delle cose che ha fatto al di là del minimo sindacale? Perché non ci ha mai presentato un bilancio delle cose che ha fatto e non ci lascia giudicare quelle che potremmo ritenere al di là del minimo sindacale e dunque particolarmente meritorie?
Perché affronta un dibattito col suo avversario e non coi cittadini? Possiamo ricordargli l’incredibile vicenda degli scali, la politica del cemento verde, del bilancio delle piste ciclabili, alcune deserte e lunghe chilometri, gli scali ferroviari, la vicenda Stadio Meazza (ci dirà qualcosa prima delle elezioni?), la vicenda recentissima delle aree ex macello.
Quello che è certo è che passerà alla storia (con il suo assessore Maran) come il vandalo dei beni pubblici, soprattutto territoriali, la cui proprietà è passata – senza alcuna seria contropartita – nelle mani dei privati.
Ma veniamo alla MM. È stata affidata a questa società prima l’acqua e l’acquedotto senza alcun beneficio per i cittadini. Poi la gestione del verde con un accordo di 25 anni, poi per finire alla manutenzione delle scuole.
Su quest’ultima vicenda si è giustamente inalberata Regina De Albertis, presidentessa di ANCE Assimpredil (costruttori milanesi) lamentando che così si deprimeva il mercato delle medie e piccole imprese edili milanesi. Sacrosanta considerazione.
Le verità sottostanti sono molte: la pigrizia degli uffici comunali nel gestire tanti appalti piuttosto che uno solo, sfuggire alla responsabilità sull’esito dei lavori, scansare il Codice dei contrati pubblici e le relative procedure pubbliche in materia di trasparenza e libera concorrenza.
La “esternalizzazione” – affidare ad altri parte del proprio compito, tipica prassi degli imprenditori di oggi – è l’esatto equivalente della tanto biasimata “delocalizzazione”. Quando lo fa la pubblica amministrazione è un affronto al mondo del lavoro. Tutto finisce a “taralluci e vino” o per meglio dire a subappalto e cooperative fasulle.
Alla faccia dell’economia locale: complimenti Sindaco.
Quanto al programma elettorale di quest’ultimo, vi invito a rileggere quello della sua precedente campagna elettorale. Cosa c’è di nuovo? Il Covid 19 che viene citato come passe partout.
Una ultima preghiera: la politica di sinistra la si vede e la si legge nei fatti, non nelle parole. Cosa ha fatto questa Giunta di sinistra? Verrebbe da dire come Moretti: “Sala dici una cosa di sinistra!”
Veniamo alle candidature.
I Partiti pur nella loro dissoluzione, sono loro a indicare i candidati delle liste. Visto chegli addetti di partito – per contrastare il discredito della politica – sono costretti a guardar fuori, debbono cercare nella cosiddetta “società civile”. Tutti dunque: semplici cittadini, professionisti, attori e presentatori della TV, cuochi, gente del web con i followers, giornalisti e infine i manager: la scelta peggiore dal punto di vista della democrazia.
Un manager per sua formazione è del tutto estraneo alla democrazia, non fa parte della sua cultura: le organizzazioni imprenditoriali e le società in genere non sono luoghi di democrazia, sono organizzazioni piramidali rette da un principio fondamentale di gerarchia stabilito dall’alto. È nel DNA. Questa è una delle ragioni per le quali considero Beppe Sala un uomo capace ma non un buon sindaco: non è democratico e lo dimostra a cominciare dal suo disinteresse per la Città Metropolitana.
Due parole sul meccanismo elettorale comunale, il peggior sistema inventato dall’infausto Bassanini con l’elezione diretta del Sindaco e la Giunta di sua nomina (e dunque revoca): lo svuotamento del Consiglio Comunale. Ci risiamo col fűhererprinzip.
Una delle cose di cui fu accusato Sala all’inizio della pandemia fu la celebre battuta “Tutto tornerà come prima!”. Non è andata così. Nulla come prima salvo la cosa che dipende da lui: la politica della futura Giunta, come prima. Una Giunta di centro sinistra? C’è un parola di troppo: “sinistra”.
Sala è un vero liberista che per l’occasione della sua prima elezione si è messo la mantellina rossa di Cappuccetto rosso. Con la Sinistra niente a che fare. Una mantellina rossa però logora e piena di buchi a cominciare da quelli che hanno fatto e faranno le liste a sinistra di Sala ad eccezione della lista Milano in Comune con Gabriele Mariani candidato sindaco. Le altre, il solito dramma delle ambizioni personali.
Quello che fa scandalo nella campagna elettorale di Sala e delle liste di appoggio è quello che possiamo tranquillamente definire “voto di scambio” palese. Che cosa è la promessa fatta agli inquilini morosi del Comune di azzerare i loro debiti? (posizione dominante si potrebbe dire).
Cosa sono il diluvio di annunci del Sindaco e del suo assessore Maran (campagna elettorale personale) per aver raggiunto accordi con cittadini su tutto (cose ferme da anni)? Posizione dominante da fűhererprinzip.
Avevo suggerito in un passato editoriale che in un Paese civile e democratico negli ultimi 6 mesi (semestre bianco locale) il Comune non dovesse assumere delibere se non quelle urgentissime, non delibere che riguardassero accordi o investimenti del Comune per evitare il “voto di scambio”. Ovviamente una proposta mai raccolta da nessuno della classe politica che vive di clientele e di voto scambio.
Anche sulle liste di appoggio c’è qualcosa da dire. Le liste per regolamento devono essere autorizzate dal sindaco che dovrebbe valutare i loro candidati prima di accettare l’apparentamento. Lo ha fatto? Tutto bene? Ne parleremo quando saranno ufficiali. Tra i candidati delle liste collegate – se mai mi venisse in mente di votare per Sala ma ad oggi lo escludo – ho qualche vecchio amico cui darò la mia preferenza, ma quanti vecchi attrezzi della politica milanese! Quanti re del salto della quaglia! Quanti opportunisti!
Di Milano “locomotiva d’Italia” non diciamo nulla? Tutti ne parlano, anche il romano Conte.
È una locomotiva nella cui carbonaia pronti al fuoco ci sono milanesi dinamici vecchi e giovani, volontari di ogni tipo, ragazzi, questi ultimi attratti dalla “Milano attrattiva” che in cambio della movida accettano salari da fame. Il “carbone “milanese. Il carbone milanese oggetto della improvvisa “empatia” di Sala, una sindrome elettorale che svanirà finite le elezioni.
Ma la locomotiva traina una vettura pulman nella quale siedono comodamente gli attuali padroni della città: immobiliaristi, presidenti e consiglieri di amministrazione, grandi burocrati di Stato, Collegi Sindacali di grandi e piccole società, banchieri, presidenti e consiglieri di partecipate, consulenti di vario tipo, imprenditori che delocalizzano: tutto un mondo sconosciuto ai più.
Per vedere gli altri vagoni consiglio il film Snowpiercer: una metafora illuminante.
Però i passeggeri della vettura pulman si conoscono tutti tra di loro, non sempre si amano, qualche volta hanno il coltello sotto il tavolo, qualche volta si cooptano ma una cosa li accomuna tutti: l’assoluto disinteresse per i beni comuni, sempre posposti alle carriere personali. I veri apolidi del mondo globalizzato.
Questa è Milano. Mi piace? Ci piace? Siamo senza speranza? Non è detto. Forse i milanesi saranno capaci di un colpo di reni come ai tempi della ricostruzione postbellica, giovani e vecchi.
Questa volta senza il preambolo del sangue che scorre.
Quando? Questo non lo so ma lo spero: la curiosità di vedere quel momento è la mia ragione per cercare di non invecchiare, resistere almeno di testa.
Curiosità, una molla potente.
Luca Beltrami Gadola
P.S. Dei Partiti, della loro dissoluzione e sperabile ricostruzione parleremo la prossima volta.
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