24 maggio 2021
LO SCANDALO DEL QUARTIERE SAN SIRO
I risultati di una politica della casa fatta di "repressione"
24 maggio 2021
I risultati di una politica della casa fatta di "repressione"
Siamo nella periferia di San Siro, tornata alla ribalta a causa dei fatti del 10 aprile in Piazzale Selinunte. È stato già raccontato dai media e dalla politica il degrado e il disagio che si vive in questo quartiere. Secondo le dichiarazioni del presidente di Aler Milano, Angelo Sala, rilasciate al Corriere della Sera nei giorni successivi, vi sono “colpe” di questo disagio, che andrebbero imputate a chi il quartiere lo vive e lo subisce, e non tanto a chi governa e amministra i circa 124 caseggiati e 6000 alloggi del Quadrilatero di San Siro.
Proprio perché vi sono queste differenti visioni, è importante raccontare San Siro anche dalla parte di chi quotidianamente vive il quartiere in uno stato di abbandono che perdura da decenni da parte di Aler Milano; case vuote, caseggiati con bisogni di interventi manutentivi importanti, case troppo piccole per famiglie numerose e alloggi antigienici.
San Siro è diventato sinonimo di ghetto, non certo per colpa degli abitanti, ma di chi ha governato le politiche abitative negli ultimi anni in Regione Lombardia.
Passeggiando per il quartiere ci si domanda dove siano finite le decine di milioni di euro che dagli inizi degli anni ‘90 prima dallo IACPM e poi da Aler sono state stanziate da Regione Lombardia per il recupero e la riqualificazione attraverso lo strumento dei contratti di Quartiere promossi da Comune e Regione.
Lo stato degli edifici e dei cortili ha subito un invecchiamento precoce nonostante gli interventi di manutenzione straordinaria avvenuta negli anni, a causa di una pessima esecuzione degli interventi e inoltre permane una grande mancanza di intervento nella manutenzione ordinaria dei vari alloggi, nonostante le continue richieste da parte degli inquilini e delle loro rappresentanze sindacali.
Da parte dell’ufficio tecnico di Aler vi è un completo disinteresse ad intervenire nei caseggiati inseriti nel piano vendita; soventemente questi edifici necessitano di interventi di manutenzione ordinaria all’interno degli alloggi ma Aler è prima di tutto interessata a venderli, e si pone come unico obiettivo la mobilità in altri caseggiati o quartieri dell’inquilinato residente, evitando qualsiasi tipo di intervento manutentivo.
Si tratta di case vuote, in attesa di assegnazione, che la legge 16/2016 tiene in sospeso a causa delle procedure complesse che servono per poter assegnare un alloggio.
Sono spesso edifici con problematiche igieniche o di infiltrazioni, sulle quali Aler non interviene se non per tamponare la situazione, quando invece ciò che servirebbe sono opere di ristrutturazione straordinaria su diversi caseggiati presenti nel quartiere.
La pandemia ha peggiorato la situazione già esistente, costringendo migliaia di famiglie numerose che vivono in queste case minuscole e insalubri a fare i conti con la didattica a distanza per i loro figli, con la perdita del lavoro o gli stipendi non pagati aumentando in modo evidente il malessere generale degli abitanti.
San Siro nell’ultimo anno ha resistito alla pandemia, sanitaria ed economica, grazie alle iniziative di mutuo soccorso presenti nel quartiere e alle parrocchie che hanno costruito una rete informale di aiuto alle famiglie in difficoltà.
San Siro è questo. Un quartiere popolare difficile e precario, che ha nei suoi abitanti una dignità di resistenza quotidiana all’attacco al diritto di abitare la città da parte di chi governa.
San Siro è coinvolto anche in una nuova progettazione promossa dal Comune di Milano, in concerto con Aler, chiamata “Move in San Siro – Muovere gli immobili, integrare i servizi” deliberata dalla Giunta Comunale (delibera n.251) in data 13 marzo 2021.
Se il progetto dovesse essere finanziato, comporterà una concessione al Comune di Milano per 25 anni dello stabile di Via Newton 15, di attuale proprietà di Aler Milano. Il Comune si impegnerà ad una sua ristrutturazione completa, al fine di garantire un numero stimato di 104 posti letto per la residenza temporanea, ripartiti tra camere doppie e mini alloggi. Oltre ai posti letto nel piano di ristrutturazione dello stabile sono previsti anche spazi per i servizi di prossimità per il quartiere.
Aler Milano, grazie ad un finanziamento di Regione Lombardia, sposterà la propria sede presso il vecchio asilo OMNI di via Zamagna 4, permettendo il recupero di uno spazio ormai abbandonato da anni e in forte stato di degrado.
È prevista, inoltre, la concessione al Comune di 20 appartamenti S.A.P. (Servizi Abitativi Pubblici), al momento non assegnati, per la residenzialità temporanea.
Questo progetto avrebbe l’intento di intervenire a dare una risposta all’emergenza abitativa nel futuro, ma non interviene sulle problematiche del quartiere, ponendosi come unico obiettivo quello di dare una risposta temporanea, precaria e non definitiva alle migliaia di famiglie in condizioni di disagio abitativo, affrontando il problema erogando servizi a tempo, che non danno risposta alla richiesta di diritto alla casa in modo permanente.
Il Comune e Aler Milano si pongono semplicemente come erogatori di servizi di emergenza, intendendo la casa pubblica come una soluzione temporanea della vita di una famiglia e non come un bene primario al pari del diritto alla salute o al diritto allo studio.
L’obiettivo è quindi quello di delegare al mercato immobiliare i prezzi e l’offerta abitativa attuale e futura, lasciando l’intervento pubblico ad un ruolo residuale o nella migliore delle ipotesi al mero governo dello stock di ERP esistente in città.
L’aver inserito, ad esempio, attualmente tra gli appartamenti SAT (Servizi Abitativi Transitori) unicamente alloggi piccoli e con barriere architettoniche, fa emergere l’idea del Comune e di Aler di soluzioni unicamente temporanee, in quanto le abitazioni non sono adeguate ad un nucleo familiare con figli poiché si ritroverebbe a vivere in una condizione di sovraffollamento il che determina una precarietà abitativa anche nella soluzione data all’emergenza.
Un approccio caratterizzato da una concezione ideologica di accesso all’abitare, che contrasta con i dati di realtà. A Milano secondo anche l’ultima ricerca Nomisma pubblicata a febbraio di quest’anno, c’è una fascia consistente di popolazione, stimata in 146.500 famiglie, con un reddito di € 1000/1500 mensili, che anziché gli attuali canoni di mercato, potrebbe sostenere un canone di locazione fra i 50,00 e 80,00 euro al mq. annuo, ben al di sotto anche del range medio del canone concordato applicato su Milano secondo l’ultimo Accordo Locale.
Questi dati confermano, se ce ne fosse stato bisogno, quanto già elaborato da una ricerca effettuata nel 2020 dal Sicet di Milano sulle conseguenze della pandemia nei confronti delle famiglie in affitto a Milano.
Dalla ricerca emerge in modo chiaro: “come le ricadute economiche della crisi sanitaria abbiano pesato in modo drammatico sulle famiglie in affitto. Più del 50% degli intervistati ha subito una forte contrazione del reddito: la condizione prevalente è quella della cassa integrazione (29,34%), ma una quota importante (16,4%) ha già perso completamente lavoro e reddito per licenziamenti, contratti a tempo determinato non rinnovati, chiusura definitiva delle attività. In un contesto segnato da affitti già difficilmente sopportabili per la stragrande maggioranza della popolazione in affitto, l’effetto della crisi economica è dirompente. Il 39,70% degli inquilini privati intervistati ha risposto che non ce la fa più a pagare l’affitto, a cui si aggiunge un 48,30% di inquilini che manifesta grossissime difficoltà nei pagamenti, per un totale complessivo in forte crisi di pagamento pari all’88%.”
La città viene quindi pensata e costruita su un principio di autoregolazione del mercato immobiliare, su un approccio del “fai da se”, sulla colpevolizzazione delle classi povere che non riescono ad uscire dalla loro condizione sociale di marginalità e in cui l’intervento pubblico si preoccupa prevalentemente di fornire le agevolazioni fiscali utili alla rendita immobiliare, per indurla a stipulare canoni a canale concordato nonostante questo escluda a priori un numero importante di nuclei familiari che non sono in grado di poter accedere a questo canale.
Nel frattempo, nella periferia reale, e non quella considerata dalla politica, c’è stato uno sgombero. Ancora uno, tra i tanti. Sempre a San Siro.
Hanno sgomberato una famiglia, mamma e due figlie di 21 e 19 anni, senza preavviso, nonostante la richiesta fatta di sospensione per stato di necessità alla Prefettura di Milano.
Sono state sgomberate mentre la figlia più piccola svolgeva la didattica a distanza e alle ore 12 avrebbe dovuto tornare in classe. È così che le istituzioni tutelano il diritto allo studio?
Un grande skoop per Aler e le forze dell’ordine, in piena pandemia, quello di sgomberare una famiglia, che seppur abusiva da diversi anni, non era un problema per il caseggiato e per il quartiere.
È bene ricordare anche che il compito del Sindaco di Milano è quello di tutelare i diritti primari dei suoi cittadini, dal diritto allo studio a quello della salute, senza dimenticare il diritto alla casa.
Questa non è sicurezza, è solo repressione fine a sé stessa, utile alla politica che governa il quartiere San Siro per dare un segnale.
Questo è un atteggiamento oppressivo nei confronti degli abitanti di questo quartiere, vittime dell’inefficienza di Aler nelle ristrutturazioni e nella gestione ordinaria dei caseggiati; vittime di un sistema economico che li costringe a vivere con salari poveri senza possibilità di emancipazione sociale.
Il risultato ottenuto? Che il nucleo familiare sgomberato sarà costretto a trovare ospitalità presso terzi, provocando quasi certamente sovraffollamento nell’abitazione che li accoglierà.
Con la scusa che non ci sono minori, il Comune di Milano, responsabile anche della salute pubblica della nostra città, non interverrà, e al momento comunque non è in grado di dare una soluzione, seppur temporanea, perché al momento non vengono fatti inserimenti in questo tipo di accoglienza.
C’è stato uno sgombero, c’è una famiglia in mezzo alla strada senza alcuna ragione legata a motivazioni di ordine pubblico.
Non è con la repressione che si risolveranno i problemi di San Siro e delle periferie di Milano ma con politiche di prevenzione, fortemente ancorate alle caratteristiche del territorio e restituendo dignità alle persone.
Giacomo Manfredi
Operatore presso Sicet Cisl Milano
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