20 maggio 2021

ELOGIO DEL GOGGI

Un auspicabile ritorno al passato


Quella della candidatura di Giorgio Goggi a Sindaco di Milano mi sembra una buona notizia, in quanto viene a conciliare una tradizione importante con la necessità dei tempi: di questi tempi, quando la politica, e tanto più l’amministrazione della cosa pubblica, hanno bisogno di una nuova consapevolezza.

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Su queste colonne, Giuseppe Longhi ha opportunamente riportato per intero l’intervento di Ursula von del Layer nell’incontro con i premi Nobel per la scienza, coloro i quali hanno elaborato l’idea dei confini planetari, i limiti che l’umanità non dovrebbe superare se non vogliamo subire conseguenze irreversibili e devastanti. Questo l’orizzonte più vasto e più lontano, che di fatto ci riguarda tutti: e tanto più, come sottolinea Longhi, riguarda le città metropolitane.

Nel suo intervento Ursula riporta un concetto che ha fatto proprio: “la politica non è nient’altro che medicina su larga scala”.

Ora, se questo concetto può farsi strada non dobbiamo più pensare ai soli obiettivi di ogni schieramento politico, ma a quanto tra le diverse esperienze siano le più efficaci per una nuova cura, per una nuova condotta. Tra queste, indubbiamente a Milano, la tradizione di un riformismo riformatore e plurale: quello che è stata, nel solco di una radicata visione, l’esperienza di Carlo Tognoli. E ciò vale al di là delle provenienze, di cui dico per esemplificare la mia, che non è esattamente quella dei Socialisti Milanesi che hanno indicato il Goggi, essendo io stato, negli anni di Berlinguer iscritto al Partito comunista. Ma ciò vale per ogni cittadino interessato a questa proposta che non vuole essere divisiva.

Dobbiamo quindi cercare le ragioni nella più vasta cultura e prassi di un candidato.

Dell’adeguatezza al ruolo Giorgio Goggi possiede qualità organizzative, di ordine e di sistematicità. Ho potuto stimare queste doti nel lontano 1967, e poi seguirle nella loro evoluzione, quando la Facoltà di architettura del Politecnico di Milano, che insieme si frequentava, iniziò una stagione di “sperimentazione”, capace di rompere gli schemi accademici per una conoscenza basata sulla realtà del territorio e sulle reali tendenze culturali. Stagione che vide per la prima volta il protagonismo degli studenti e che introdusse, accanto alla libertà di insegnamento, la libertà di apprendimento.

Si sceglievano, e non si subivano, i propri maestri, in una dialettica di comune avanzamento conoscitivo: appunto sperimentale e non dogmatico. Tra questi maestri, oltre ad Aldo Rossi e Guido Canella, che hanno lascito impronte decisive, vi era Lucio Stellario d’Angiolini, l’urbanista che fondò con chiarezza l’orizzonte della macro urbanistica, cioè dei fatti di struttura che inducono le scelte nella politica degli interventi, e dell’urbanistica della prassi: cioè dell’architetto e dell’urbanista condotto.

Fu soprattutto quest’ultima la scuola di Giorgio Goggi, che essendo una scuola permanente nel suo proprio rinnovamento, in quanto scuola dell’imparare ad imparare nella prassi, e che oggi potrà applicarsi, nel mutare dei tempi, al nuovo apprendimento di Giorgio, se sarà eletto. Un’altra esperienza, che potrà essere rimeditata con cognizione di causa, è quella sua di amministratore nella città di Milano, in quanto Assessore al traffico e alla viabilità nella giunta del Sindaco Albertini: uomo, al di là ancora una volta degli schieramenti, di grande onestà intellettuale e consapevole di quanto quel settore affidato al nostro, fosse di carattere strutturale.

E di carattere strutturale proprio per quel patto storico di reciproco scambio tra Milano città centrale e il suo territorio, che fu la divisa di Carlo Cattaneo. Milano da storica “Città stato”, la città che scelse di decentrare la sua università a Pavia, alla futura “Città Lombardia”, la città moderna policentrica.

Questo orizzonte conoscitivo che ho cercato di tracciare e che posso attribuire all’esperienza del Goggi, è, a mio modo di vedere, il più adatto ai nuovi compiti che saranno affidati al politico: quelli della cura della città, che essa stessa una scuola permanente. Compiti che sono diversi e credo più efficaci rispetto a quelli della tradizione manageriale che caratterizza l’operato di Bebbe Sala. Una tradizione che indubbiamente ha avuto i suoi esiti nel campo dell’Expo, ma che non è in grado di comprendere a pieno i valori urbani, come insieme di beni comuni allargati ed espansi.

Ho sempre qualche remora nel pensare alla vicenda dell’Expo, quando Milano “ingannò il mondo” promettendo di ritrovare la trama delle vie d’acqua, cioè l’essenza della sua costruzione urbana, e si trovò a gestire l’importante occasione in un’area qualsiasi, e dico provocatoriamente, interposta tra il Cimitero di Musocco e il Carcere di Bollate. Vinse, in quel momento, la Milano introversa sulla Milano aperta: e credo che questa remora sia fatalmente rimasta fino a noi, fino ad oggi, con progetti occasionali e non decisivi e sistemici, come ad esempio quello per Piazzale Loreto: luogo scambiatore tra città e territorio decisivo, quindi possibile oggetto di una comprensione più ampia.

Ciò che ho cercato di dire, credo possa indicare Giorgio Goggi come un potenziale amministratore di forti principi, di adeguata cultura; e come valido artigiano della prassi.

Cristoforo Bono
16 maggio 2021



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  1. Elisabetta VendraminMoscsCondivido il giudizio positivo ampiamente articolato su Goggi, e mi auguro che per una volta lo spessore etico/culturale di Goggi candidato sindaco di Milano possa fare la differenza e avere il sopravvento.
    28 maggio 2021 • 05:43Rispondi
  2. Nedo W. NenciSi rammenti ai milanesi la favorevole storia di molte tra le giunte socialiste...e’ il caso di riprovarci!
    31 maggio 2021 • 17:51Rispondi
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