29 aprile 2021

ALDO ANIASI A CENTO ANNI DALLA NASCITA

Dal dopoguerra al 2005 la politica milanese e nazionale gli deve molto


Cento anni fa nasceva Aldo Aniasi, sindaco di Milano dal dicembre 1967 al giugno 1975 con una giunta di centro sinistra e dal giugno 1975 al maggio 1976 con una giunta di sinistra, situandosi dopo Ferrari , Tognoli e Albertini in una graduatoria di durata nella permanenza a Palazzo Marino.

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La storia politica di Aniasi inizia alla fine del 1943 quando aderisce, con il nome di Iso Danieli e Iso sarà il suo soprannome per tutta la vita, alla lotta partigiana in Valsesia dove in breve tempo diverrà comandante della seconda divisione garibaldina Redi nel contesto della più famosa delle repubbliche partigiane, quella dell’Ossola dove segretario generale del governo provviso­rio era Ezio Vigorelli il politico socialista, già consigliere comunale a Milano nel 1922, che sarà il mentore di Aniasi nel secondo dopoguerra.

Alla lotta partigiana Aniasi, decorato di Medaglia d’Argento al Valor Milita­re,resterà sempre coerentemente legato e ne diventerà strenuo difensore, in particolare a partire dagli anni 80 quando una ondata di revisionismo storico più o meno motivata mise in discussione a suo avviso la matrice antifascista della costituzione. Con Arrigo Boldrini e Paolo Emilio Taviani si fece promoto­re di una dura polemica per la definizione della resistenza come “guerra civi­le”.

Ancor più dura come racconta Landoni (in Il Riformista concreto pag 17) la sua disapprovazione verso i tentativi di “riconciliazione nazionale con i ragaz­zi di Salò” promossi a partire dal maggio 1996 dall’allora presidente della Ca­mera Luciano Violante, ad avviso di Iso:” la lotta di liberazione era stata fatto­re diretto e garante incontestabile della coesione del paese e della riconcilia­zione del suo popolo, come del resto dimostrato… dalla clemenza usata nei confronti di gran parte dei fascisti e dei reduci di salò e dalla piena agibilità ci­vile e politica loro garantita sin dagli esordi della repubblica”.

All’esperienza della resistenza Aniasi dedicherà molte pagine sia come auto­re, basti ricordare il volume Ne valeva la pena scritto con i suoi compagni del tempo Ettore Carinelli e Gino Vermicelli sia come direttore a partire dal 1994 della testata Lettera ai compagni , fondata nel 1969, cui hanno collaborato negli anni i più importanti protagonisti e storici della resistenza da Ferruccio Parri, a Gaetano Arfé, Simone Gatto, Leo Valiani, Tristano Codignola, San­dro Galante Garrone e Piero Caleffi.

La rivista era organo della Federazione Italiana delle associazioni partigiane nata nel 1949 su iniziativa di Parri: “con l’intento di tenere viva la memoria della Resistenza e in particolare l’esperienza di Giustizia e Libertà, delle bri­gate Matteotti, del Partito d’Azione, dei socialisti, dei liberalsocialisti, degli anarchici e di tutti gli indipendenti che nel secondo dopoguerra non si ricono­scevano nella logica degli schieramenti internazionali contrapposti” come re­cita il suo sito.

Della Fiap fu presidente dal 1987 alla morte. (vedasi Né stalinisti né confes­sionali. Per una storia della FIAP a cura di Giovanni Scirocco)

Nel dopoguerra partecipa con altri milanesi come i sindaci Antonio Greppi e Virgilio Ferrari ed Ezio Vigorelli alle complesse vicende della socialdemocra­zia italiana.

In particolare con Vigorelli partecipa all’elaborazione di una proposta di rifor­ma delle politiche di assistenza che potremmo definire un piano Beveridge al­l’italiana, il primo organico progetto di welfare state italiano. Segretario dell’Associazione nazionale degli enti di assistenza (ANEA) sarà dal 1947 al 1976 redattore/direttore della rivista “Solidarietà Umana” vera e propria palestra del riformismo.

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Scrive Mattia Granata: “Il pensiero di Vigorelli partiva da un’analisi dell’evolu­zione che i concetti stessi di carità e filantropia avevano avuto nella storia, e dalla constatazione che tali attività non avevano portato alla soluzione del problema della miseria. A ciò contrapponeva il concetto di moderna assisten­za, concepito come un dovere collettivo della solidarietà e che, in un regime intimamente democratico, doveva portare ad attuare un sistema di sicurezza sociale complessivo…Vigorelli osservava, che lo Stato disponeva e stanziava già una inutile ridda di miliardi, per una inefficiente assistenza, un complesso fantastico di denaro che raggiunge[va] e supera[va] la metà di tutte le spese dello Stato. Il Piano che egli proponeva, quindi, si basava sulla esplicitata ne­cessità di non accrescere gli oneri finanziari che la collettività sopporta[va] (…) per l’assistenza.”

(https://www.arcipelagomilano.org/archives/51948)

Nel ‘51 viene eletto consigliere comunale, nella lista socialdemocratica che ottenne 15 seggi (contro gli 8 del PSI e i 13 del PCI) e comprendeva tra gli al­tri l’ex sindaco Antonio Greppi, i futuri sindaci Virgilio Ferrari, Gino Cassinis, Pietro Bucalossi e alcuni degli eredi più importanti del riformismo turatiano (Mondolfo, Brocchi, Faravelli).

Nel gennaio 1954 diventa assessore all’economato dopo le dimissioni di un compagno di partito Mauprivez.

Alle elezioni del 1956 viene rieletto nella lista saragattiana, che perde però voti rispetto alle elezioni precedenti, e viene riconfermato assessore.

Nella primavera del 1959 coerentemente con la proposta della sinistra social­democratica e di Vigorelli di stringere rapporti sempre più stretti con i nennia­ni si dimette da assessore e abbandona la maggioranza centrista che gover­na il comune .

I fuoriusciti (Matteo Matteotti, Faravelli, Vigorelli, Crrado Bonfantini) danno vita al Muis (Movimento unitario di iniziativa socialista) che entrerà nel PSI poco dopo.

Scrive Enrico Landoni: “Aniasi rassegnò le dimissioni dall’incarico di assesso­re all’Economato ricoperto all’interno della Giunta Ferrari, accusando il Sinda­co e la coalizione centrista che sosteneva la sua amministrazione, di aver col­pevolmente anteposto le ragioni di partito alle vere istanze della città. A suo avviso, il Psdi e la Dc avevano commesso un grave errore nell’impedire al Psi, disposto a condividere gli obiettivi programmatici definiti dalla giunta allo­ra in carica, di entrare a far parte della maggioranza organica del consiglio comunale. Iso era convinto del fatto che socialisti e democristiani fossero pronti ad elaborare insieme un’articolata piattaforma programmatica, che avrebbe certamente potuto incontrare il consenso di altre forze democratiche e progressiste, rappresentando un importante modello di riferimento anche su scala nazionale. Per questo è possibile affermare che le svolte politiche con­sumatesi a Milano anche per effetto del significativo contributo di Aniasi ebbe­ro un indubbio valore nazionale.”

L’attività di assessore in particolare la riforma del servizio di refezione scola­stica di cui ha ampiamente migliorato ogni standard lo ha nel frattempo reso uno dei consiglieri comunali più popolari.

Alle elezioni municipali del 6 novembre 1960 viene rieletto in consiglio comu­nale (complessivamente vi passò circa 25 anni) questa volta nella lista del PSI insieme al solito Vigorelli a Eugenio Scalfari, Elio Vittorini, Guido Mazzali. (https://www.arcipelagomilano.org/archives/54892)

Nel gennaio 1961 entra nella prima giunta organica di centro sinistra, sindaco Gino Cassinis, diventando assessore ai lavori pubblici. Qui lanciò un audace programma di costruzione di aule scolastiche, grazie al quale Milano si doterà di ben 110 nuove scuole tra materne, elementari e medie, una scelta ammini­strativa che tutta una generazione ricorda con ammirazione.

Cassinis, già rettore del Politecnico muore Roma (era anche presidente del­l’Accademia dei Lincei) il 13 gennaio 1964, unico sindaco nella storia della cit­tà a morire in servizio, a sostituirlo viene chiamato un altro socialdemocratico Pietro Bucalossi.

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Il 22 ottobre 1964 alle elezioni comunali Aniasi viene rieletto, risultando il più votato dopo Greppi. Il centro sinistra perde voti ma riesce ciononostante a rie­leggere sindaco Bucalossi. (https://www.arcipelagomilano.org/archives/56947)

Aniasi viene riconfermato assessore ed ha come collega di giunta Craxi che prende il suo vecchio assessorato all’assistenza.

Bucalossi ha un obbiettivo fisso quello dell’austerità, del controllo della spesa che cozza contro gli obbiettivi dei socialisti e dei democristiani, continui sono gli scontri proprio con Aniasi (anni dopo Iso dichiarerà: “Bucalossi fu mio fero­ce nemico. Io ne davo giudizio negativo come sindaco ma anche come uomo”) ma anche con Bassetti che di li a poco lascerà l’assessorato al bilan­cio per trasferirsi nella neonata regione.

Proprio Aniasi agli inizi del 1966 denuncia l’immobilismo della giunta sulle opere pubbliche e il blocco degli appalti.

Bucalossi rischia di non avere più una maggioranza consiliare mentre con l’u­nificazione PSI PSDI si trova ad essere minoranza anche nel suo partito, ma prosegue nella sua politica di lesina e presenta un piano che praticamente azzera tutti gli investimenti, metropolitana compresa, previsti in quello prece­dente.

Il 15 dicembre 1967 Bucalossi annuncia le sue dimissioni,viene sostituito pro­prio da Aniasi il 19 dicembre 1967.

In quel momento Segretario del socialisti unificati milanesi è Craxi e questo è il momento di massima collaborazione tra Craxi e Aniasi; entrambi avevano proposto a Greppi che aveva 74 anni, di tornare a fare il sindaco, entrambi probabilmente sapevano ancor prima di proporlo che la risposta sarebbe sta­ta negativa, entrambi sapevano che una parte dei socialisti remava contro il nuovo sindaco; l’alleanza tra i due fu cementata dalle difficoltà che Aniasi do­vette affrontare fin dall’inizio in consiglio comunale tant’è che sciolse la sua ri­serva a fare il sindaco solo nel febbraio dell’anno successivo.6c99a5f1-4a01-4b3c-a801-8cb1d4af511c

L’alleanza si concluse due anni dopo quando Aniasi contribuì a mettere i nenniani in minoranza nella federazione milanese del partito in quella che vecchi socialisti chiamarono “operazione dei 28” dal numero dei membri del direttivo che sfiduciarono il nenniano Giorgio Gangi divenuto nel frattempo segretario della federazione, da allora i rapporti tra i due furono sempre com­petitivi, al fondo c’era la diversa valutazione sul ruolo che avrebbe dovuto avere il PCI.

Scrive Landoni “Aniasi si presenta in consiglio comunale per le dichiarazioni programmatiche, durante la seduta del 5 febbraio 1968, con la duplice propo­sta di un generale cambiamento nei rapporti tra i gruppi consiliari e di un maggiore e più diretto coinvolgimento delle forze più avanzate della città nella vita dell’amministrazione e nella gestione delle principali società comunali. Stava in questo, da parte del nuovo sindaco, la presa d’atto della definitiva chiusura di una lunga stagione politica e dell’inizio di una difficile transizione per la città, alle prese infatti con nuovi problemi, diversi bisogni economici e sociali e con l’emergere soprattutto del complesso fenomeno della violenza politica. Pur senza disconoscere esplicitamente l’utilità di un confine chiaro tra maggioranza, ancora formalmente di centro-sinistra, e opposizioni, Aniasi, con chiarezza e puntualità, arrivò allora a porre dunque l’accento sulla necessità di un nuovo modello di governo della città che, proprio in virtù della particolarità e della delicatezza dei cambiamenti in atto, si sarebbe dovuto qualificare per un rinnovato profilo partecipativo e inclusivo. In questo quadro giunse così a riconsiderare in particolare la funzione del Partito comunista che, andando oltre la rigida dialettica maggioranza-opposizione, la nuova giunta comunale avrebbe dovuto coinvolgere nei processi decisionali, attribuendogli un ruolo di responsabilità e cogestione sul fronte delle più delicate emergenze cittadine, con particolare riferimento a quelle della lotta alla violenza politica e alla salvaguardia della democrazia e della piena agibilità di tutti gli spazi pubblici”

Troppo lungo sarebbe ricordare tutta l’attività amministrativa della prima sin­dacatura di Aniasi riassumendo con le parole della fondazione a lui intitolata: “La giunta Aniasi inaugura una nuova politica urbanistica ed ambientale: vie­ne approvato il piano quadriennale del verde che porta alla realizzazione di nuovi parchi cittadini, di giardini nelle zone periferiche, e di una rete di campi-gioco per bambini – da 8 nel 1961 passano a 84 nel 1970; in difesa della sa­lute pubblica, con un’ordinanza del sindaco viene ordinata la chiusura tempo­ranea della Montedison di Taliedo e della Fonderia Vitale di Bovisa, trasferita poi in un un’altra zona di Milano; per ridurre l’inquinamento atmosferico ven­gono rinnovati gli impianti termici – il gasolio sostituisce il carbone – negli sta­bili di proprietà comunale. Altrettanto incisiva l’azione della giunta nella ge­stione del trasporto pubblico, dall’introduzione del biglietto unico a tariffa ora­ria e dell’obliteratrice automatica su tram e bus, alla realizzazione delle Linee Celeri dell’Adda e all’apertura della seconda linea della metropolitana, inau­gurata il 4 ottobre 1969. Nel 1974, a conferma della necessità di decentrare lo sviluppo dei servizi sociali, vengono istituiti i Comitati sanitari di zona. Nel 1968 viene istituita la SOVECO (società vendite controllate) per la tutela dei consumatori. A seguito dell’autunno caldo del 1969, viene istituito il Fondo per i Lavoratori e l’acquisto di generi di prima necessità per gli scioperanti. (http://www.fondazionealdoaniasi.it). Aniasi fu un sindaco tutto politico che si ispirava si alla tradizione riformista turatiana ma con una forte venatura di sinistra, diciamo che fu erede più di Fi­lippetti che di Caldara, con la precisa volontà politica di vedere il Comune al centro della vita democratica cittadina come programmatore, realizzatore e distributore di servizi. “Ma fu anche il Sindaco che dovette far fronte alla emergenza criminale, la cosiddetta “strategia della tensione” che iniziò con Piazza Fontana e sfociò nelle uccisioni di agenti, compagni ed anche esponenti dell’estrema destra. Tenne bene la barra del percorso democratico della città …”ricorda Aldo Ferrara.

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Fu definito il sindaco degli anni di piombo.

Esemplare in questo senso il suo rapporto con il movimento studentesco che fu, nei limite dei ruoli diversi, sempre molto buono e che lo portò ad essere il bersaglio preferito della maggioranza silenziosa e delle destre in generale. Storici i suoi scontri con gli esponenti della maggioranza silenziosa, ricorda Luciano Bonocore: “i socialisti di Milano, capeggiati dal sindaco massimalista Aldo Aniasi erano la bestia nera dell’opinione pubblica moderata. Uno degli slogan più gridati era “Aniasi Vattene”, del resto Aniasi diede sempre un giudizio negativo sul rapporto Mazza. (https://www.arcipelagomilano.org/archives/57324)

Molti anni dopo, grazie ad Aldo Giannuli, si scoprì che settori dell’estremismo fascista avevano progettato addirittura il rapimento di Aniasi

Il suo capolavoro politico fu, dopo le elezioni del 1975, l’abbandono del centro sinistra e la creazione di una maggioranza di sinistra che allora venne letta anche come una sconfessione della politica berlingueriana del compromesso storico e della politica delle larghe intese, proprio per questa ragione ottenne ancora il pieno appoggio di Craxi e dell’allora segretario cittadino Claudio Martelli.

Anche questa volta come nel 1968 fu una maggioranza costruita con l’ade­sione di singole personalità che prendevano le distanze dai propri partiti Fran­cesco Ogliari e Piergiorgio Sirtori dalla DC, Paolo Pillitteri, Vito Fiorellini e Walter Armanini dal PSDI.

La nuova sindacatura durò fino al 1976 quando Aniasi si presenta alle elezio­ni politiche ottenendo un clamoroso successo in termini di preferenze.

Sfiorò anche l’en plein personale quando dopo la sconfitta elettorale del PSI il segretario Francesco de Martino si dimise, scrive Luigi Covatta: “al Midas dopo la difficoltà di far emergere Giolitti come segretario, Lombardi addirittura aveva proposto la candidatura di Aniasi, appena eletto deputato a Milano come primo della lista, e che aveva il vantaggio di essere manciniano. Finché non si arrivò a una riunione di corrente, nel corso della quale … l’intervento decisivo, di fronte alle perplessità che si manifestavano sulla candidatura di Craxi, fu quello di Elio Veltri; con l’irruenza calabrese che lo contraddistingue­va disse: “Chiunque è meglio di De Martino”, e lì finì la riunione.”

Aniasi fu parlamentare dal 1976 al 1994, dal 1980 al 1982 fu Ministro della Sanità nei governi Cossiga e Forlani e Ministro per gli Affari Regionali nei governi Spadolini. Da ministro della sanità dovette gestire la complessa fase di implementazione del Servizio Sanitario Nazionale; anche nel ruolo istituzio­nale non rinunciò a scelte politiche nette tant’è che si schierò a favore della legge 194, messa in discussione dai conservatori.

Da ministro degli affari regionali tra l’altro elaborò la proposta per dare vita alla conferenza stato regioni.

Dal 1983 per quasi 10 anni fu Vice Presidente della Camera dei Deputati.

A Milano attraverso il circolo di via de Amicis, che divenne secondo il Corriere e con qualche esagerazione (30 gennaio 1980) il “bunker” della sinistra socia­lista, ebbe sempre una presenza costante.

Non furono anni di notabilato, anzi fu protagonista di passaggi importanti del­la vita politica del paese in particolare in tema di autonomie locali e presentò progetti di legge fondamentali quali quello sulla “Riforma della finanza locale”, sullo “Stato giuridico ed economico degli amministratori locali”, sul “Nuovo ordinamento dei poteri locali”, sul “Nuovo assetto della polizia locale”, sulle misure fiscali per lo sviluppo dell’edilizia abitativa”.

Si occupò di informazione e fu anche relatore della legge Mammi in materia radiotelevisiva.

Fece sue anche posizioni diverse rispetto a quelle dalla maggioranza di go­verno cui apparteneva ad esempio già 40 anni fa si esprimeva a favore di una depenalizzazione delle droghe leggere: “depenalizzare la canapa per il picco­lo consumo vuol dire insieme accentuare i rigori della legge, le energie della polizia, verso i grandi spacciatori, verso quelli che tirano le fila del mercato”. Notizie Radicali n.248

Non fu mai ai margini nel PSI, anche negli ultimissimi anni, Giuseppe La Gan­ga ricorda: “proposi di aprire con un candidato socialista battistrada alla presi­denza della repubblica, e nel gruppo parlamentare feci il nome di Aniasi, per­ché vicepresidente della Camera e uomo della Liberazione, popolare ex sin­daco di Milano”.

Dopo le elezioni del 1993 e la vittoria di Formentini ruppe definitivamente con Craxi, in una intervista sul Corriere dichiarò “la sua colpa fu cercare il potere per il potere. Ma colpe ne ha tutto il gruppo dirigente craxiano…invece di farsi da parte ha fatto di tutto per restare…ora si deve rifondare…Rinunciare a nome e simbolo ormai è il minimo che si può fare…Ciò che conta è che resti una cultura…Questo partito è sopravvissuto al fascismo alla clandestinità le sue idee possono sopravvivere agli errori dei dirigenti”.

La sua ricandidatura nelle liste dei progressisti nel 1994 fu bocciata per la dura opposizione del gruppo politico “La Rete” (Corsera 29 gennaio), orgo­gliosamente rivendicò: “Non accetto lezioni”.

A metà degli anni ’90 partecipò attivamente alla fondazione di quella che venne chiamata Cosa 2 e poi aderisce ai Democratici di Sinistra (DS), negli ultimi anni si dedicò sopratutto alla difesa della resistenza ben evidenziata da una mostra che volle allestire dedicata a Sandro Pertini (2004) cui lo aveva legato una comune visione della politica.

Muore il 27 agosto 2005. Ai suoi funerali venne commemorato da Piero Fas­sino segretario dei DS e da Enrico Boselli segretario dello SDI (i socialisti di allora), emblematicamente riuniti per celebrare con il defunto quella mai realizzata unità delle sinistre che fu la stella polare della politica di Aniasi dagli anni 80.

Il feretro fu accompagnato dal canto di Bella ciao

Nel 2005 la sezione del PCI Palmiro Togliatti divenne, tra polemiche e voti contrastati, la sezione DS Aldo Aniasi.

Walter Marossi



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  1. Giancarlo100 anni dalla nascita, non dalla morte avvenuta nel 2005
    12 maggio 2021 • 00:53Rispondi
  2. Pietro VismaraGrazie dell'intervento, come sempre preciso e interessante. Faccio però una piccola proposta: non usiamo più la dizione "anni di piombo" per indicare il periodo che va dal '68 alla fine degli anni '70. Per due buoni motivi: innanzitutto è una citazione impropria del titolo di un libro dedicato dalla sorella alla vita di Gudrun Ensslin della RAF, dove con "anni di piombo" si intendevano invece gli anni '50 della loro giovinezza; e in secondo luogo, perché è un epiteto reazionario che tende a ricondurre al piombo delle pallottole (che pure ci sono state) tutto il movimento di emancipazione che caratterizzò quel periodo. Che fu anche un periodo di violenza, non dimentichiamolo; ma anche e soprattutto un periodo di libertà e di coraggiose riforme.
    12 maggio 2021 • 16:43Rispondi
  3. beppe merloISO NADALI anagramma di Aldo Aniasi . Innocente refuso.
    12 maggio 2021 • 18:23Rispondi
  4. beppe merloUna concisione storica di grande pregio, più che mai apprezzabile per chi ha vissuto e convissuto quegli anni. Milano merita di avere un museo dedicato alla sua storia, soprattutto a quella civile e sociale che la rendono unica e particolare non solo nel nostro Paese. Per ricordare come si e’ arrivati sin qui, chi sono stati i protagonisti e l’eredità lasciata, il vero angolo di visione per giudicare. Il pragmatismo di Milano, il suo rito ambrosiano con le due eccellenze e le sue contraddizioni e’ il patrimonio distintivo politico, civile e sociale da contrapporre alla ciarlataneria demagogico moralista che a Milano ha prodotto dolo guasti. Bravo Walter
    12 maggio 2021 • 18:58Rispondi
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