20 marzo 2021

BECCHEGGIO FRENETICO, UNGHERIA E GUERRA DEI BIDONI

Milano, le elezioni comunali del 1956


senza-tregua-il-rock-and-roll-locandina modificatoNell’autunno del 1956 un allarme si diffonde in Milano, Arrigo Levi scrive: “il ballo ciclone ci minaccia”, un flagello sta arrivando dall’Inghilterra si tratta del rock and roll! La Domenica del Corriere rincara la dose sul pericolo raccontando di Oslo dove: “centinaia di giovani e ragazze invasero le vie principali abbandonandosi a incredibili scene di follia. Ruppero vetrine, danneggiarono tram e autobus, cercarono di rovesciare auto. Un passante è rimasto ferito. Gli eccessi, compiuti sotto l’eccitazione dell’indiavolato ballo … sono cessati qualche ora dopo solo per l’intervento di reparti di polizia”, mentre Ruggero Orlando su l’Europeo specificava: “Sembra di stare in una gabbia di scimmie, oppure in una folla di negri “revivalisti” al momento dell’ardore mistico, quando attendono la rivelazione divina. Non si tratta né dell’una né dell’altra: è la nuova follia delle adolescenti americane, il “rock’n’roll” .

L’allarme nasce dall’arrivo di Dave Shepard “sestetto con la conturbante Joe Searle”, in un locale di Milano dove scrive il cronista “ allucinati … da tutta la città sono convenuti i cosiddetti esistenzialisti..” (cosa c’entrassero con il rock and roll mi risulta misterioso), ma sopratutto dalla proiezione del film “Senza Tregua Il Rock And Roll” che il giornalista traduce con “beccheggio frenetico” e che così liricamente spiegava “ eminenti uomini di scienza studiavano il fenomeno…un lavacro che riportava gli uomini legati da preconcetti e superstizioni alle sorgenti pure della vita”.

Il film diretto da Fred F. Sears viene oggi cosi definito: “insulso e stereotipato B-movie, confezionato su misura per un pubblico affamato di rock’n’roll”. La canzone del titolo era cantata da Bill Haley and His Comets, tra gli altri interpreti I Platters, Alan Freed, e Tony Martinez and His Band. La carica eversiva di quella musica non doveva poi essere cosi alta visto che il Quartetto Cetra incide in italiano una sua versione intitolata L’orologio matto con il testo scritto da Tata Giacobetti.

Tuttavia in cronaca milanese si legge: “un nucleo di poliziotti presidiava il locale…era affollatissimo… allo spettacolo serale c’erano tutti gli aficionados del jazz…c’era Bruno Dossena” (campione mondiale di ballo be pop e abituale frequentatore di night, un mito nell’ambiente ma anche uno dei protagonisti di Lascia e raddoppia che morirà un anno dopo in un incidente), ma con delusione del cronista non era successo nulla e “gli agenti sono potuti rientrare in caserma senza usare lo sfollagente…” del resto concludeva “ è stato come quei terremoti che hanno l’epicentro lontano e da noi fanno soltanto saltare dal letto in pantofole. Poi si ritorna sotto le coperta” da li il titolo dell’articolo: “Rock and roll un terremoto che non ha scosso i milanesi”.

Più movimentata la prima a Lissone mesi dopo, quando il cinema fu devastato dai ballerini scatenati mentre a Napoli il questore Marzano proibisce “la rivista (?) con il rock and roll”.

La discussione sulla pericolosità sociale del rock and roll, sulla violenza che genera, sulla turbativa alla morale, sulla licenziosità non si capisce quanto sia stata spontanea (non erano stati pubblicati più di 10 dischi del genere) o un operazione di marketing come sostiene Jacopo Tomatis: Dal momento che il rock and roll viene lanciato in ritardo rispetto agli altri paesi europei, l’insistenza dei media italiani è sullo scandalo generato dal nuovo ballo e dal nuovo genere musicale, che “ha già sconvolto il resto del mondo… il risultato è un’ondata di panico morale sostenuta dai media che anticipa nettamente la diffusione della musica stessa, caricandola dunque di connotazioni trasgressive e pericolose prima che essa sia resa disponibile al pubblico. http://journals.openedition.org/criminocorpus/5814

Non si creda che solo i rockettari meritassero censura anche la canzone Resta cu’mme di Domenico Modugno è censurata dalla RAI per il verso “Nun me ‘mporta d’o passato, nun me ‘mporta ‘e chi t’avuto…“che lasciava intendere, con scandalo dei cattolici benpensanti, che la fanciulla in oggetto non fosse “illibata”.

Il 1956, un anno cruciale anche per Milano era iniziato con una bomba, un chilo di tritolo in arcivescovado scoppiata alle’1,37 di notte del 5 gennaio, nel primo anniversario dell’insediamento di Montini, i colpevoli furono presto scoperti: un gruppo i sbandati neofascisti tra cui Ampelio Spadoni, che era stato Vice Comandante della Muti e Carlo Alberto Volpi figlio dello squadrista Albino Volpi, che partecipò al delitto Matteotti .

A febbraio il mondo politico è sconvolto dalle rivelazioni di Kruscev sui crimini di Stalin e il patto frontista tra socialisti e comunisti italiani entra in crisi.

Nenni infatti affermò che il rapporto Kruscev metteva in questione il sistema comunista come tale. Togliatti ridusse invece lo stalinismo al “culto della personalità”, un errore di percorso che non metteva in discussione la superiorità del sistema sovietico rispetto al marcescente capitalismo.

La frattura che andrà allargandosi nei mesi successivi ha quasi immediatamente i suoi effetti sulla politica locale perché il 27 maggio si svolgono le elezioni amministrative; certo come scrive Enrico Landoni “non comporterà una rottura vera e propria nei rapporti tra comunisti e socialisti milanesi ma mise questi ultimi nella condizione di sperimentare una condotta più autonoma nell’aula di palazzo Marino” in pratica il PSI comincia a riscoprire la sua anima riformista e turatiana che i fatti d’Ungheria di li a pochi mesi renderanno definitiva.

Durante la campagna elettorale esce il primo numero de Il Giorno edito da Cino del Duca (ma la proprietà era dell’ENI di Mattei) direttore Gaetano Baldacci che arrivava dal Corriere ; viene inaugurato con la partita Italia-Brasile (vinta 3 a 0 dall’Italia doppietta di Virgili) il nuovo ampliato stadio di San Siro; la biblioteca comunale viene trasferita a Palazzo Sormani e il 19 maggio il Presidente della Repubblica Giovanni Gronchi posava in quel di San Donato la prima pietra dell’ autostrada Milano-Napoli.

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Era l’Italia in cui un televisore costava quanto il reddito annuo di una famiglia di ceto medio, gli abbonati RAI erano solo 360000 (dicembre 1956) e Lascia e Raddoppia era vista nelle sale tv dei bar.

La DC si ferma al 30 % con 25 seggi, socialisti diventano il secondo partito della città con il 20% e 16 seggi, terzo il PCI 18% 15 seggi. Seguono lo Psdi 12% 10, i liberali 6% 4, l’MSI 5,87% 4; il Partito Nazionale Monarchico di Covelli 4 % 3 seggi ; il Partito Monarchico Popolare di Lauro 10000 voti 1 eletto; Rinnovamento democratico (un raggruppamento tra Repubblicani Radicali e Unità popolare) 1 eletto, mentre la lista l’Uomo Qualunque capeggiata da Nicola Romeo superò di poco i 2000 voti senza eleggere nessuno, (praticamente ci furono più spettatori al comizio di Giannini al teatro Nuovo che elettori), lo stesso dicasi per il partito nazionale corporativo di Domenico Leccisi

Leccisi parlamentare già fondatore del Partito fascista democratico (curioso ossimoro) era stato il trafugatore della salma di Mussolini, uscito dallo MSI due anni prima (ma vi rientrerà) rappresentava quel fascismo di sinistra che in città ebbe sempre una solida base di affezionati cultori.

In regione andò nettamente meglio per la DC che ottenne 52% a Bergamo, il 46,24 a Brescia (il sindaco DC Boni lo sarà per 27 anni filati) , il 40% a Como, il 43% a Varese mentre i socialisti confermeranno le loro roccaforti a Cremona e Mantova.

Nel resto d’Italia (nei 7696 comuni si presentarono 30000 liste e un milione di candidati) Achille Lauro conquistò a Napoli il 51,8% dei consensi; a Bologna il sindaco comunista uscente Giuseppe Dozza sbaraglia il democristiano Giuseppe Dossetti sollecitato a candidarsi dal cardinal Lercaro per sottrarre il comune di Bologna alla sinistra chè la caduta di questa roccaforte sarebbe per il Soviet italiano un colpo mortale”; a Roma dove la campagna fu condotta dopo l’inchiesta del settimanale L’Espresso, intitolata: “Capitale corrotta-Nazione infetta!”, la DC ottiene il 32%, il PCI 24%, MSI 12 %, PSI 10%, viene eletto sindaco Umberto Tupini DC.

A Palazzo Marino entrano i leader e molte e autorevoli facce nuove: per la DC Piero Bassetti, Filippo Hazon, Luigi Meda, per i socialisti Marco Zanuso, Mario dal Pra, Cesare Musatti; per il PCI Piero Bottoni, Silvio Leonardi, Raffaele de Grada, prima dei trombati Rossana Rossanda segretaria della casa della Cultura che però entrerà a seguito delle dimissioni dopo i fatti d’Ungheria di Mario Giuliano.

Nello PSDI inizia la trionfale cavalcata delle preferenze di Aniasi che doppia il futuro sindaco Cassinis e lascia alle sue spalle figure storiche della socialdemocrazia come Mondolfo e Faravelli.

Rientra in consiglio comunale per l’MSI l’ex podestà Piero Parini, peraltro ampiamente battuto nella guerra delle preferenze da Servello esponente di quella che veniva chiamata la sinistra fascista. Parini uscirà dal partito nel gennaio 1958 quando si costituisce Movimento Nazionale Italiano, sponsorizzato e finanziato da Achille Lauro presidente del Partito Monarchico Popolare che voleva creare una alternativa allo MSI. Ma il movimento non ebbe successo e Parini si ritirò alla politica trasferendosi ad Atene.

In comune Lauro aveva eletto per il Partito Monarchico Popolare una figura importante, Michele Maria Tumminelli, il fondatore degli istituti de Amicis, già deputato all’Assemblea Costituente per l’Uomo Qualunque, il suo voto a favore del bilancio fu uno dei passaggi fondamentali per riportare il centrismo al governo della città. Per Rinnovamento democratico fu eletto il repubblicano Cesare Covi.

s-l1600 3Poche le donne elette in prima battuta: 3 democristiane Ester Angiolini che vi resterà fino al 1985, Anna Marcengo, Rosa Giani, e una socialista Eleonora Giorgi.

Fatto curioso alle elezioni provinciali si presentò la prima lista partito personale della repubblica, tale Antonio Rossi presentò infatti un simbolo con la sua immagine e il suo nome che si presentò nel collegio Milano Monforte.

Lo scrutinio certificò il successo del Partito socialista che cresce di sei punti percentuali rispetto alle amministrative del 1951 e di cinque punti rispetto alle politiche del 1953. La Democrazia cristiana rimase stabile se confrontata con il 1951, mentre arretrano il Partito comunista e la socialdemocrazia lontana dai risultati del 1948 e del 1951.

Tutti i partiti hanno profonde divisioni al loro interno, principalmente lo PSDI e la DC. In particolare la Democrazia cristiana, che al consiglio nazionale del 4 giugno, sancisce una politica di netta chiusura verso i partiti di sinistra e di destra, Milano è probabilmente la meno fanfaniana delle città italiane e se il comitato cittadino è nelle mani dei gruppi moderati il comitato provinciale ha una maggioranza più vicina alla sinistra e alla corrente di Base, che gode della esplicita antipatia della curia.

Il 9 luglio si apre la nuova legislatura del consiglio comunale di Milano e si procede all’elezione del sindaco che vede contrapporre l’uscente PSDI Virgilio Ferrari al democristiano Giovan Battista Migliori.

In terza lettura Ferrari, sostenuto dalle sinistre e dal repubblicano Covi viene eletto con quarantadue preferenze contro le trentasei di Migliori. É una maggioranza anomala fondata sul blocco PSI PCI e il neo eletto, appartenente alla destra socialdemocratica rassegna le dimissioni per l’anomalia dei suoi sostenitori, salvo essere rieletto il 18 luglio con il voto anche della DC.

É una confusione totale in cui vicende locali (la DC si dichiara favorevole ad avere i socialisti in maggioranza ma non in giunta) si intrecciano con quelle nazionali (l’incontro a Pralognan di Nenni con Saragat per discutere della unificazione socialista, la disponibilità di Di Vittorio e Viglianesi per discutere di unità sindacale) che si chiarisce solo a settembre quando viene eletta una giunta composta da sei esponenti socialdemocratici, sei democristiani, un repubblicano e quattro assessori supplenti democristiani.

Nelle dichiarazioni di voto si registra una novità nelle file comuniste: Alberganti afferma la non ostilità alla nuova giunta considerando la partecipazione alla maggioranza del Partito socialista che da l’appoggio esterno. Sembra che si assista alla nascita del centro sinistra.

La pace dura poco. Il PSDI è spaccato tra favorevoli e contrari all’unificazione con il PSI dove i nenniani non sono ancora maggioranza.

Nella DC vi è contrapposizione tra favorevoli e contrari alla apertura a sinistra.

I liberali vivono spaccature e scissioni come i missini ( avendo vinto il congresso la corrente moderata di Michelini Ordine nuovo esce dal partito). Nel PCI vi è una fronda importante contro lo stalinista non pentito Alberganti, popolare segretario della federazione che a ottobre al IX congresso provinciale (presieduto dal funzionario romano e segretario della federazione giovanile Enrico Berlinguer) verrà trionfalmente riconfermato insieme a tutta la vecchia guardia.

Insomma la politica con la P maiuscola la fa da padrone ma le questioni amministrative non sono dimenticate, importante fu la “guerra dei bidoni della spazzatura”.

Il comune era infatti intervenuto modificando la procedura che consisteva nel lasciar accumulare la spazzatura proveniente dagli appartamenti in locali (spesso veri e propri grotte) appositamente adibiti a ruera nelle cantine degli stabili dove il personale comunale procedeva alla raccolta, con un altra che prevedeva la chiusura delle canne di caduta e l’introduzione dell’uso di bidoni. Questi avrebbero dovuto essere portati sui marciapiedi dai proprietari per una raccolta meccanizzata più veloce, meno pericolosa per i dipendenti e meno inquinante.

Contro la decisione erano insorti i proprietari che con una durissima presa di posizione definivano illegale e assurda la delibera, denunciando anche “che l’amministrazione comunale non provvedeva alla igienizzazione e all’intercambio dei bidoni, chiedendo al prefetto di intervenire e proponendo uno sciopero bianco” consistente nel: “ mantenimento delle canne di caduta… ma sopratutto disinteressandosi in ogni caso del trasporto delle immondizie al livello stradale, talvolta addirittura sui marciapiedi”. In pratica una rivolta contro il SID (Servizio immondizie domestiche, l’AMSA del tempo)

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Il consiglio comunale sollecitato anche dalla stampa che definiva di estrema gravità la decisione dei proprietari e chiedeva con vigore che non si facesse una questione di principio sulla spazzatura affrontò più volte la questione con maggioranze diverse. PSDI e PCI erano bidonisti convinti mentre i liberali e in generale i conservatori, antibidonisti.

Allarmi vennero lanciati sul proliferare di scarafaggi e ratti cosi come per la mancanza di decoro delle strade e per il rumore della raccolta. Dotti conteggi vennero esposti per motivare perché la raccolta dei rifiuti costasse a Milano 4 volte più che a Torino, si tennero dibattiti sulla tradizione dei ciaparat, si andò negli stessi giorni delle manifestazioni ungheresi in tribunale.

Ci volle quasi un anno per giungere alla vittoria dei proprietari e del sistema delle canne di caduta: il comune fece marcia indietro.

Appena insediatasi la giunta dovette affrontare anche il nodo della nomina nelle società ed enti comunali dove i socialisti reclamavano una presenza (che si sostanzierà nell’elezione di Greppi a presidente dell’Ente comunale di assistenza) per sé e per il PCI.

Lo scontro oltre che di potere verteva sul fatto che nominare socialisti negli enti comunali avrebbe avuto un significato politico che una parte consistente della DC e del PSDI non voleva assolutamente ammettere, limitandosi a ritenere l’accordo una questione “amministrativa”, perché come scriveva il Corriere “nonostante le buone intenzioni è difficile credere che il PSI sia maturo per l’inserimento nella democrazia”.

A complicare o a chiarire le vicende della giunta piomba l’invasione dell’Ungheria da parte delle truppe sovietiche.

Cortei di studenti sfilano per la città dietro lo striscione “Libertà e pace sovietica uguale a sangue”, tra gli organizzatori i giovani DC.

Vi sono anche tafferugli e incidenti: il 27 ottobre viene assalita la federazione milanese del Partito comunista protetta da un cordone di polizia (bastioni di Pta Nuova), sassaiole avvengono nei pressi della sede della Camera del lavoro e de L’unità.

Il 30 ottobre il Corriere scrive di cento studenti fermati dalla polizia,

CISL e UIL organizzano un breve sciopero in favore degli insorti ungheresi. L’arcivescovo organizza una processione penitenziale da San Celso al Duomo e con le ACLI invita a partecipare alle celebrazioni religiose a sostegno del popolo ungherese.

I repubblicani lanciano un appello che si conclude: “Come Hitler, peggio di Hitler”.

L’assessore Giambelli d’intesa con l’Avis organizza una raccolta di plasma, mentre la Croce Rossa raccoglie viveri e generi di prima necessità.

La CGIL si divide: la corrente socialista e i comunisti moderati, si schierano a favore della rivolta, i comunisti ortodossi a sostegno dei sovietici.

In città è un profluvio di iniziative di solidarietà con gli insorti, dalle donne socialiste all’Istituto del Nastro Azzurro, dal consiglio di interfacoltà del Politecnico alla Federazione Italiana Volontari della Libertà, dall’Ordine di Malta all’Ente Nazionale Risi, all’Associazione italiana giuristi.

Il sindaco Ferrari decide di esporre le bandiere a mezz’asta, proclama tre giorni di lutto cittadino e in una seduta straordinaria del consiglio comunale paragona l’intervento militare dell’URSS ai nazisti, provocando l’irata risposta di Alberganti per il quale si tratta di una “vergognosa campagna reazionaria”; plateale la rottura del PCI con tutti gli altri partiti quando i consiglieri comunali si alzano in piedi per commemorare i morti d’Ungheria ad eccezione dei consiglieri comunisti che restano ostentatamente seduti..

La posizione del PCI milanese è esemplificata dall’aneddoto che ricorda come la sera del 4 novembre Pietro Secchia e Giuseppe Alberganti entrano nell’ufficio di Lajolo (direttore de l’Unità di Milano) gridando “Viva i carri armati sovietici”.

Certo non mancarono dissidenti che firmano un documento, Rossana Rossanda e Giangiacomo Feltrinelli hanno l’incarico di andare all’Unità e di chiederne la pubblicazione ma vengono cacciati dal direttore che rifiuta la mozione e dichiara che finché rimarrà lui, “una spazzatura simile non comparirà mai sulle colonne del giornale”; è lo stesso giornale diede notizia dell’uccisione del campione di calcio Ferenc Puskas “caduto in combattimento contro gli insorti” che invece proprio a Milano nel dicembre fu raggiunto dalla famiglia per andare in esilio, in città firmò anche un pre contratto con l’Inter che se lo lasciò scappare (il primo di una serie di topiche prese dai neroazzurri) finendo al Real Madrid dove vinse 6 campionati e tre coppe dei campioni.

Il dibattito interno al PCI fu chiuso il 10 novembre al teatro Lirico quando viene organizza una manifestazione di solidarietà con l’URSS conclusasi con le parole di Scoccimarro: “viva l’esercito sovietico”.

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Una decina di giorni dopo (ma ormai la rivolta è stata repressa) una delegazione di sindacalisti guidata dal segretario provinciale della UIL Giulio Polotti parte da Milano con quattro vagoni ferroviari carichi di giocattoli e vestiario per il ”Natale dei bimbi di Budapest”, la più parte verrà bloccata al confine.

Sono gli stessi giorni in cui l’on. Lucifero chiede la messa fuori legge del PCI, mentre gli onorevoli Li Causi e Ingrao chiedono al ministro degli interni che si prendano iniziative per “mettere fine alla campagna di odio e provocazioni contro i comunisti”.

Nenni annuncia di restituire (pergamino e assegno da 16 milioni ma non la medaglietta ricordo che è stata ritrovata qualche anno fa in cantina ed esposta in una mostra), il premio Stalin ottenuto nel 1952 unico italiano insieme ad Andrea Gaggero.

Scrive Carlo Tognoli in un articolo dal titolo il sangue ungherese che risvegliò i socialisti : “per dare un’idea di come fossero gli orientamenti nel PSI e nel PCI, basta ricordare un sondaggio Doxa, realizzato tra gli iscritti a quei partiti subito dopo l’intervento sovietico. Alla domanda ‘se la rivolta popolare in Ungheria fosse un complotto fascista controrivoluzionario’ rispondeva positivamente il 75% dei militanti comunisti e il 25% dei socialisti, prova di quanto fosse radicato lo stalinismo. Budapest ha inciso sull’Europa e sull’Italia.

santiniSe nel 1956 si fosse innescata una revisione profonda in casa PCI, forse la politica della sinistra italiana avrebbe potuto avere un’altra storia, come hanno riconosciuto, a tempo scaduto, molti dirigenti del PCI.”

Di certo vi è che con i fatti d’Ungheria le strade di PCI e PSI si separarono definitivamente.

L’8 gennaio 1957 la DC tra non pochi contrasti interni ma con la piena solidarietà del segretario nazionale Fanfani e del futuro papa Montini che opererà indefessamente contro l’apertura a sinistra e la corrente basista della DC, comunica che non intende proseguire la collaborazione a Palazzo Marino con il PSI

Dal 25 al 27 gennaio 1957 si svolge al teatro Principe di Milano il XIII° congresso della federazione socialista milanese dove i nenniani sono maggioranza relativa ma una parte consistente dei quadri capeggiata dal vicesegretario Salvatore Corallo veniva definita carrista perché favorevole all’intervento sovietico a Budapest; è in questo dibattito che fa la sua comparsa con un intervento di rottura sulle questioni organizzative il giovane Bettino Craxi che guida una pattuglia di ultrà autonomisti.

La giunta non resta comunque inattiva nel marzo viene sottoscritta una convenzione fra Iacpm e Cep (Comitato edilizia popolare, il nuovo organismo sorto nel 1955 su iniziativa del ministero dei Lavori pubblici per coordinare l’attività edilizia di Iacp, Ina-casa, Incis, Unrra-Casas) che avvia la realizzazione del quartiere Gallaratese.

Il dibattito sul bilancio comunale (peraltro fortemente caratterizzato da una visione progressista e innovativa) si concluderà in primavera con il voto favorevole di liberali e parte dei monarchici e sancirà l’uscita del PSI dalla maggioranza.

La prima brevissima stagione del centro sinistra milanese è già finita e il sindaco Ferrari eletto a giugno da una maggioranza di sinistra governerà la città per altri 4 anni grazie anche ai voti della destra.

Una soluzione assunta in coerenza gli orientamenti e in dipendenza dalle decisioni romane; della tanto spesso enfaticamente citata specificità, diversità e autonomia politica milanese, in quegli anni non v’è traccia, come dell’invasione del rock and roll.

Walter Marossi



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