14 marzo 2021

ULTRAOTTANTENNI TRADITI

Il miracolo della Moratti


«Sappi che la tua salute è la nostra priorità»: così diceva un sms firmato “Vaccini RL”, inviato agli ultraottantenni per scusarsi dell’«inconveniente» (sic!), cioè dei ritardi nelle vaccinazioni all’inizio garantite, effettuate però in modo gravemente insufficiente (1 su 5) e, nella scelta delle persone, in base a criteri incomprensibili. Ma siamo proprio sicuri che gli anziani premano alla Regione Lombardia? Che questa voglia effettivamente proteggere i più fragili, a rischio per età e patologie da cui sono afflitti a causa degli anni?

In fondo l’altissimo tasso di mortalità per Covid 19 registrato tra loro durante la prima ondata (90 per cento dei decessi) alleggerisce i conti dell’INPS ; se un numero elevato di cronici lascia questo mondo alleggerisce la spesa sanitaria; lo svuotamento delle lunghe degenze restituisce posti letto per interventi remunerativi alle strutture sanitarie; masse di donne e uomini improduttivi passati a miglior vita non gravano più sul Pil.

Pensieri del genere non vengono espressi dai politici: non sta bene parlar chiaro; meglio usare la finta cortesia di un sms di scuse. Ma che tale sia la visione culturale traspare dalle affermazioni dei dirigenti regionali. «Per gli anziani non c’è fretta», ha sentenziato Letizia Moratti, chiamata alla Sanità per rimpiazzare la disastrosa esperienza del predecessore, per ridefinire i rapporti interni al centro destra, per un restyling del Pirellone nella competizione col centro sinistra del Comune.

Non contenta, la Moratti ha pure stabilito il Pil come criterio in base al quale somministrare i vaccini. Ha cercato di correggersi con la scusa dell’esser stata male interpretata: è d’uso in politica. Ma che il Pil per la Giunta venga prima delle persone, dei più fragili e deboli come gli anziani, lo ha confermato la sensibilità per le sollecitazioni delle categorie produttive.

In Regione è stato sbandierato il patto con gli industriali. Come pure una lacerazione inferta alla credibilità delle istituzioni lombarde, nel tentativo di difendere un operato indifendibile, sono state le accuse al sistema informatico. Gli anziani sono avanti con l’età ma hanno l’esperienza della vita. Sanno che gli strumenti tecnici, compresa l’informatica, son fatti e governati da uomini, dalla professionalità e dalla competenza, dalla ricerca del bene comune nello svolgimento d’un servizio pubblico. Se quei mezzi non funzionano è perché sono usati da sprovveduti (che non si sa perché debbano essere pagati con danaro della collettività) o piegati a criteri estranei alle finalità generali, più o meno confessabili.

Un anno fa la pandemia aveva preso il mondo intero alla sprovvista. Sembravano sinceri i turbamenti di governanti, opinione pubblica, media davanti ai tanti che morivano lontani dai loro cari, senza un estremo saluto, né un funerale. Non pareva retorica il turbamento davanti alle file di autocarri militari che portavano le salme di notte in altre regioni in cui trasformare in cenere quei corpi fulminati da un’infezione maledetta, che colpiva alla cieca: in gran prevalenza anziani, i più fragili, indifesi. Una generazione distrutta.

Sulla scia di quelle immagini funeste e delle emozioni suscitate in tutto il mondo la Lombardia avrebbe dovuto elaborare il lutto. Per quello delle vittime, ci avrebbero pensato le famiglie: e l’hanno fatto, anche con richieste di giustizia, perché sembrava impossibile che tutto fosse potuto accadere così, nello smarrimento dei poteri costituiti.

Dal punto di vista pubblico avrebbe dovuto pensarci la politica ad elaborare il lutto collettivo. Un modo c’era: prepararsi ad affrontare la seconda ondata del contagio, che l’evidenza dei dati prima ancora dei moniti dei tecnici e dei sanitari incominciava a mostrare. E siccome già in autunno si diceva che la salvezza sarebbe venuta dai vaccini e che l’approntamento di questi stava procedendo in maniera quasi miracolosa, politica, amministratori regionali, uffici avevano un compito: attrezzarsi.

Tenersi pronti voleva dire cose semplici. Ad esempio: d’intesa con i comuni avere un’anagrafe aggiornata per anno di nascita, luogo di residenza (comprensivo di Codice di avviamento postale), eventuali patologie. Predisporre, insomma, le cose in modo che quando fosse scattata la necessità di far partire la campagna vaccinale le priorità fossero definite, chiarite, rese pubbliche con la massima trasparenza e diffusone.

Tradire gli anziani è non mettere la persona umana al centro dell’impegno pubblico. L’appurare se questo difetto di civiltà sia frutto di incompetenza, sciatteria, interessi di bottega non restituisce i morti, né risana le sofferenze, le insicurezze e le angosce procurate agli ultraottantenni, a tutte le persone fragili, alle famiglie.

Un’ombra pesante sull’amministrazione pubblica lombarda resta: non ha saputo predisporre quanto doveva e nel momento in cui s’è trovata a dar conto del suo operato ha fatto come la seppia quando si sente minacciata: ha generato una nuvola nera fatta di annunci, promesse, accuse ai sistemi informatici, polemiche con il governo centrale; nella logica dello scaricabarile.

Ha rivelato una preoccupazione tutta interna, al servizio della propria sopravvivenza e del clima di campagna elettorale cui Salvini ha costretto il Paese e l’incapacità di proposte alternative ha assecondato. La politica s’è prodotta nella cosa che sa fare meglio: rimescolare i vertici. Dal cilindro esce Letizia Moratti, che rilancia Guido Bertolaso di berlusconiana memoria, e insieme nominano Direttore del welfare Giovanni Pavesi fatto arrivare dal Veneto, dove ha avuto a che fare con la Giustizia.

E Milano? Abbozza. Già ha subìto la legge sulla sanità di Maroni nel 2015, la brutta riforma da cui, in combinato disposto con la gestione Formigoni, è derivata la dissipazione del patrimonio di buona sanità dei decenni precedenti quanto a persona umana al centro della cura, prevenzione, rapporto col territorio, medicina di base, tutela dei soggetti fragili. La città ha tollerato che nella ATS di Milano ci sia un solo Dipartimento di prevenzione per 3 milioni e mezzo di abitanti: una struttura identica a quella di 40 anni fa.

Chissà se il sindaco Sala, Ufficiale Sanitario del Comune per legge, s’è iscritto ai Verdi europei per portare un po’ di cultura della prevenzione anche a Milano. Gli anziani ancora non lo sanno, ma magari l’ha fatto per loro, non pensando alla campagna elettorale.

Marco Garzonio



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  1. stefano cozzaglioSala ha cambiato partito perchè sente scricchiolare la sedia sulla quale è seduto
    17 marzo 2021 • 11:05Rispondi
  2. cristina ceredaL'ATS milano città è una barca affondata. Abbiamo a che fare per lavoro da più di 20 anni, tra le competenze c'è l'aspetto igiene dei fabbricati e R.L.I -regolamento d'igiene- e il peggioramento è stato il seguente: siamo passati da personale tecnico distribuito in 5 sedi.(fino all'anno 2000) persolale raccolto nella sede di via Statuto 5 con ricevimento 2 giorni la settimana (dal 2000 al 2013) ricevimemto 1 volta la settimana 2013-2018 ), ricevimento solo telefonico (2019). Prima del Covid il responsabile arch. Barletta si è licenziato e con lui 2 geometri sono andati in pensione. Nessuna integrazione. Ne sono rimasti solo due che non ricevono più neppure al telefono, non è possibile avere nessuna risposta.
    20 marzo 2021 • 08:21Rispondi
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