13 marzo 2021

CI SONO TANTI SOLDI DALL’EUROPA: ALLORA BUTTIAMOLI

Un elenco di Grandi Opere deserte, che non fanno crescere nulla


Tanti soldi davvero, gratis in parte, a debito per la parte maggiore. Ma forse non tanti come ci vogliono far credere, e ci sono condizioni rilevanti da rispettare. Poi, il nostro debito pubblico rimarrà molto alto (tra il 150 e il 160% del PIL, si stima). Sarà un debito non molto costoso in percentuale (se non ci sarà inflazione), ma il totale da rimborsare sarò comunque elevato. Per cui nessuno dubita che dovremo ricominciare a crescere, siamo stati fermi gli ultimi vent’anni. E anche per distribuire la ricchezza in modo più equo occorre prima produrla anche per far strillare di meno quelli ai quali sarà opportuno toglierne un po’.

E per crescere, puntare sul cemento oggi sembra davvero una follia. Soprattutto se è cemento inutile, e ricordando che il settore, soprattutto al sud, interessa certe organizzazioni poco simpatiche, occupa per 0gni euro speso pochissima gente, è una tecnologia matura: è poco aperto alla concorrenza, e deve essere sempre finanziato al 100% dai contribuenti, altrimenti, se gli utenti dovessero pagarne anche solo una quota come per le altre infrastrutture, sparirebbero del tutto.

Da questo punto di vista, dopo le Grandi Opere berlusconiane, il quadro politico non è migliorato: il cemento crea un sacco di consensi, specie se è venduto oggi come “cemento dipinto di verde”, cioè linee ferroviarie, specie di Alta Velocità, e se rimarranno vuote non importa (la Spagna insegna …).

Hanno incominciato subito, all’annuncio dei soldi europei. Prima Conte che ha dichiarato già un anno fa che vuole l’AV al Sud, casualmente bacino elettorale dei 5S (ex-anti-Grandi Opere, subito convertiti). Gli fa eco Franceschini dal PD, per non essere da meno: si vada sì AV al Sud, ma lungo l’Adriatico, spostando nell’entroterra la linea esistente, “per liberare le aree costiere per il turismo”. Non ci sono commenti tecnici possibili. Poi arriva il supermanager Colao, che occupandosi di telefonia non smentisce Conte, e conferma l’AV al Sud “per portarci i turisti”. E poi ecco il ministero “competente”, quello dei trasporti, che supera tutti: linee AV in tutto il paese, mica solo al Sud, perbacco! La ministra De Micheli si slancia: “Altro che analisi costi-benefici, occorre portare l’AV a tutti gli italiani!”. Ci aspettiamo l’AV in Sardegna, (in Sicilia c’è già il progetto), e poi la tratta Biella-Ravenna.

Ma si è detto: cemento inutile. Ma se una linea ferroviaria è ben utilizzata, per definizione non è affatto inutile. Per valutarlo, basta vedere quanti treni ci passano rispetto alla sua capacità (assumendo che siano treni ragionevolmente pieni di merci o passeggeri).

Una linea a semplice binario, come sono più della metà delle linee europee, porta senza problemi 80 treni al giorno, una a doppio binario 220, una AV 300. Diciamo generosamente che il minimo perché una linea sia ben utilizzata è che lo sia alla metà della capacità.

Vale la pena di presentare due opere-simbolo, premettendo che non sono note per nessuna opera non solo analisi costi-benefici, ma nemmeno le più semplici analisi finanziarie (costi-ricavi), ma nemmeno previsioni di traffico! Tutte utili per decreto divino.

La prima è il raddoppio della linea Fortezza-Verona, che si collega al nuovo tunnel del Brennero. Costerà alle casse pubbliche circa 10 miliardi. La linea attuale, pre-COVID aveva 110 treni al giorno, cioè ben utilizzata ma lontanissima dalla saturazione. Oltre il Brennero la saturazione è vista così remota che per la tratta tedesca praticamente non esiste nemmeno il progetto di raddoppio. Esattamente come dopo la celebre TAV, dove i francesi dalla loro parte non faranno nulla fino al 2038, per gli stessi motivi.

Per il secondo esempio, ci spostiamo a sud: la linea Roma-Pescara. Sono previsti costi di 6,7 miliardi, quindi è praticamente una linea nuova o un raddoppio. Pescara è certo una grande metropoli, che genererà con Roma immensi scambi. E qui, miracolo! Non si fanno vere previsioni di traffico, ma la ex-ministra ha trionfalmente dichiarato i nuovi fantastici servizi offerti: “un treno ogni mezz’ora”. Cioè circa la metà del traffico servibile da una linea a semplice binario. Anche qui si supera la possibilità di fare commenti. E di casi simili è pieno il piano infrastrutturale che dovrebbe farci crescere.

Con traffici molto modesti poi, anche i decantati benefici ambientali dello spostamento di traffico dalla strada alla ferrovia ovviamente spariscono, sia per i valori assoluti, sia perché i costi ambientali di costruzione diventano dominanti sui (pochi) benefici di traffico, sia perché comunque la riduzione delle emissioni del modo stradale continuerà e anzi accelererà, riducendo i benefici relativi del modo ferroviario.

Poi ci sono gli aspetti sociali di un modo di trasporto usato da pochi che hanno fretta (è circa il 2% la quota di chi viaggia che usa l’AV), e pagati con le tasse da tutti, anche da quelli che non la useranno mai. Quel 2% ha fretta? Paghi per questa fretta! I poveri tra l’altro sulle lunghe distanze, viaggiano sui più scomodi ma economici autobus, che noi tassiamo coi pedaggi autostradali e con le accise sui carburanti, mentre sussidiamo l’AV.

Notizia recente: per aggirare ogni necessità di quantificazione dei risultati complessivi dei progetti, sembra che l’ultimo trucco sia di costruire le opere del Piano “per lotti funzionali”, che devono essere pronti entro un numero ridotto di anni. In questo modo si avvieranno opere destinate a rimanere deserte, ma i cui cantieri non potranno essere “politicamente” mai chiusi.

E per concludere val la pena di ricordare che i traffici crescono col PIL e la demografia: il primo anche se accelera, rimarrà purtroppo inferiore a quello pre-COVID per molti anni. La seconda segnala già una accelerazione della discesa, soprattutto al sud.

Ma una linea ferroviaria deserta oggi non si nega a nessuno.

Marco Ponti



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