7 febbraio 2021

“LA CITTÀ CHE SALE”

Un libo di Marco Garzonio


savoiaQuante volte nell’ultimo secolo Milano ha dovuto cambiarsi d’abito? Quanti modelli ha inseguito e quanti ne ha scartati? La città che più di ogni altra ha rappresentato il dinamismo della modernità italiana, la città che non sta mai con le mani in mano secondo la vox populi messa in musica da Giovanni D’Anzi, se guardiamo bene le vicende del ventesimo secolo – e quelle di questo primo scorcio di ventunesimo – ha sempre affrontato i cambiamenti come se avesse già in mente che cosa avrebbe dovuto fare per ripartire, su quali asset puntare.

Ne ha davvero cambiati tanti di vestiti, Milano. Nel giro di qualche decennio è passata dalle tute operaie della città delle fabbriche che richiamavano lavoratori da tutto il Paese, ai colletti bianchi in grisaglia della capitale finanziaria; dagli eskimi dei Seventies ai piumini dei paninari, per approdare alle griffe del made in Italy. È passata dalla rivoluzione no gender dell’abbigliamento anni ‘90 al salto nel terzo millennio delle nuove generazioni, nuove in tutto, compreso il modo di vestirsi.

E come in uno slalom parallelo, a ogni cambio d’abito corrispondevano nuove stagioni, non sempre belle. La città che ha visto scorrere nelle sue vie la paura del terrorismo, gli anni più bui dai tempi della guerra, è stata anche la prima a cavalcare il riflusso di quell’effimero edonismo rappresentato dalla “Milano da bere”.

Ed è la stessa città che neppure un decennio dopo si ripiegò su sé stessa per la vergogna di aver fatto da incubatore ai malaffari che hanno portato a Tangentopoli. A quel punto, e solo a quel punto, si è fermata, interrogandosi e chiamando a raccolta le sue menti migliori, quei maestri riconosciuti di cui oggi ci sarebbe gran bisogno.

Nel suo ultimo libro, “La città che sale” (384 pagine, 22 euro, Edizioni San Paolo, con prefazione di Giuliano Pisapia), Marco Garzonio, firma nota ai lettori di ArcipelagoMilano, giornalista, scrittore e psicologo analista, ma soprattutto presidente della Fondazione Ambrosianeum, prova ripercorrere le tappe di tutte queste trasformazioni di Milano anche andando a rileggere i dati, le previsioni e le considerazioni contenute nei “Rapporti sulla città” che l’autore ha coordinato negli ultimi decenni.

Quella che ne esce è una fotografia dell’ex capitale morale “da Tangentopoli al post-Expo, passando per il Covid, in attesa dell’Olimpiade invernale 2026, nel ricordo di Carlo Maria Martini”. Sono fermi immagine, affreschi, istantanee che accompagnano il pensiero critico dell’autore.

Sono medaglioni “per rivivere i cambiamenti di Milano anno dopo anno… Il primo tentativo di ricostruzione di un periodo storico decisivo, con una serie di stimoli a proseguire, senza ripetere penalizzanti errori avendo l’umiltà e l’onestà intellettuale di riconoscerli, rimediare e rischiare la speranza”.

Anche in questo complicato 2021, Milano come in passato dovrà trovare la capacità di rimettersi in gioco, di ripartire con tutte le incertezze che l’anno I d. C. (dopo Covid) si porta appresso. Ma, forse per la prima volta nella sua storia, non sa in quale direzione muoversi, quale abito indossare: il modello di sviluppo degli ultimi vent’anni farà molta fatica a ritornare sulla scena da protagonista. La città dei mille ristoranti e bar, del design, della moda, la città che sale come il titolo di quel quadro di Boccioni che dà il titolo al libro, la città del mordi e fuggi, della vita di corsa ma degli spritz sorseggiati con calma, ora si ritrova sospesa in un’attesa preoccupata anche dall’esplosione delle disuguaglianze fatte emergere dalla pandemia, dubbiosa sulle cose da fare nel futuro anche immediato in cui bisognerà decidere come far convivere salute pubblica ed economia, voglia di ricominciare e ambiente, bisogni reali e voglia di volare alto.

Mai come oggi le città sembra specchiarsi nelle sue acque incanalate per domandarsi che ne sarà del suo ruolo, della sua capacità di stare sempre un passo avanti, di essere laboratorio. E mai come oggi rimpiange i suoi grandi maestri, ora che è di nuovo il tempo di fare delle scelte, di ripensarsi per ripartire e ritrovare quell’entusiasmo che aveva fatto da carburante anche nei momenti più difficili. Con la sola differenza che, come ricorda Garzonio in alcuni dei passaggi più significativi del libro, una volta a fare da booster agli slanci di quella città c’erano persone di elevata statura morale e culturale, politica e amministrativa. Una statura che ancora non si vede nei nuovi protagonisti della vita pubblica. Ma non disperiamo, perché la storia ci dice che Milano è sempre riuscita a trovare le strade delle sue rinascite.

Ugo Savoia



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